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“Motivazioni illogiche e lacunose sulla Trattativa”, la Procura generale ricorre in Cassazione

“Motivazioni illogiche e lacunose sulla Trattativa”, la Procura generale ricorre in Cassazione

In 67 pagine viene impugnata la decisione dei giudici di secondo grado, che aveva portato all’assoluzione degli ex vertici del Ros dei carabinieri, ma anche dell’ex senatore Marcello Dell’Utri. “Ogni genere di accordo o intesa ibrida tra polizia giudiziaria e frange di organizzazioni criminali deve essere dichiarato penalmente rilevante”

Sandra Figliuolo

Giornalista Palermo

11 ottobre 2022 15:34

Sessantasette pagine per impugnare la sentenza emessa in appello nell’ambito del processo sulla così detta Trattativa tra pezzi deviati dello Stato e Cosa nostra. Il procuratore generale Lia Sava, assieme ai sostituti Sergio Barbiera e Giuseppe Fici, ritengono il verdetto di secondo grado (che aveva in gran parte rivisto quello della Corte d’Assise) “illogico”, “contraddittorio” e pure “lacunoso”.

La sentenza era stata emessa il 23 settembre dell’anno scorso e le motivazioni erano state depositate il 5 agosto successivo ed avevano sancito l’assoluzione degli ex vertici del Ros dei carabinieri, cioè Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno (che in primo grado erano stati invece condannati i primi due a 12 anni e l’altro a 8), ma anche dell’ex senatore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri (in primo grado era stato invece condannato a 12 anni). Era stata inoltre ridotta la pena al boss Leoluca Bagarella da 28 a 27 anni di reclusione. Ed è soltanto per queste posizioni che la Procura generale ha presentato il ricorso. Nulla da obiettare invece per la condanna a 12 anni del medico ed uomo di fiducia di Totò Riina, Antonino Cinà, mentre le posizioni di Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo, Vito, inizialmente supertestimone nell’inchiesta, e quella del pentito Giovanni Brusca, tornato nel frattempo libero, erano già cadute in precrizione.

Il verdetto d’appello, anche se aveva rivisto al ribasso quello di primo grado, era comunque durissimo. Solo che i giudici hanno ritenuto, nel caso dei carabinieri, che fu sì “un’improvvida iniziativa”, quella di avvicinare Vito Ciancimino per cercare un contatto coi boss, ma dettata da “fini solidaristici”, ovvero far cessare le stragi. Ed è una lettura assolutamente non condivisa dall’accusa, che chiede alla Suprema Corte di “cassare il principio che si ricava dalla impugnata decisione, attraverso una chiara affermazione in sede nomofilattica della rilevanza penale di ogni genere di intesa, accordo, alleanza ibrida fra ufficiali della polizia giudiziaria ed esponenti di frange di organizzazioni criminali, stretta al fine di contrastare una frangia avversa ritenuta in ipotesi meno pericolosa e poi proteggere per anni la frangia risultata vincitrice”.

Sul conto di Dell’Utri – sempre in estrema sintesi – le motivazioni d’appello, per la Procura generale, risultano pure “lacunose”. Per esempio, sostiene l’accusa “non è dato comprendere perché Dell’Utri, navigato ed esperto uomo di confine fra l’associazione criminale Cosa nostra e le alte sfere dell’imprenditoria nazionale per anni e, poi, amico ‘scomodo’ del presidente del Consiglio (Silvio Berlusconi, ndr), uomo comunque di straordinaria intelligenza e straordinaria capacità, si sia tenuto per sé il messaggio ricattattorio dei vertici mafiosi non riportandolo al destinatario finale, che era colui per il quale si era interessato per la tessitura di un accordo elettorale, poi andato a buon fine. In altri termini, è inimmaginabile che Dell’Utri abbia bluffato con mafiosi di quel calibro, non rappresentando mai al ‘destinatario finale’ quali potevano essere gli intendimenti dei suoi interlocutori”.

Fonte:https://www.palermotoday.it/cronaca/mafia/trattativa-stato-mafia-ricorso-cassazione.html