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“Molteplici torture, lesioni e depistaggio”: misure cautelari per 52 agenti penitenziari accusati di violenze sui detenuti dopo una protesta in carcere

Il Fatto Quotidiano

Molteplici torture, lesioni e depistaggio”: misure cautelari per 52 agenti penitenziari accusati di violenze sui detenuti dopo una protesta in carcere

Il gip parla di “orribile mattanza”. Otto persone in carcere e 18 ai domiciliari, tra cui il comandante del Nucleo operativo traduzioni e piantonamenti del Centro penitenziario di Napoli Secondigliano e il comandante dirigente della Polizia penitenziaria di Santa Maria Capua Vetere. Una misura interdittiva è stata notificata anche al provveditore delle carceri della Campania: per la procura sarebbero stati manomessi 5 spezzoni dei filmati delle telecamere di sorveglianza. I maltrattamenti risalgono al 6 aprile 2020, dopo la rivolta nell’istituto penitenziario del Comune campano. Per il Sappe “provvedimenti abnormi”

di F. Q. | 28 GIUGNO 2021

Molteplici torture e lesioni personali pluriaggravate, maltrattamenti pluriaggravati, falso in atto pubblico aggravato, calunnia, favoreggiamento personale, frode processuale e depistaggio. Sono i reati dei quali a vario titolo dovranno rispondere i 52 tra agenti di polizia penitenziaria e funzionari raggiunti lunedì mattina dalle misure cautelari emesse dal gip di Santa Maria Capua Vetere nell’ambito dell’inchiesta sulle presunte violenze avvenute nel carcere del Comune campano il 6 aprile 2020, durante le proteste dei detenuti seguite alla notizia di un caso di positività al Covid-19 tra le mura dell’istituto. Il gip nell’ordinanza definisce quanto avvenuto una “orribile mattanza” ai danni dei carcerati: alcuni sono stati denudati e 15 anche portati in isolamento con modalità del tutto irregolari e senza alcuna legittimazione. Dall’indagine emerge che i detenuti sono stati costretti a passare in mezzo a un “corridoio” di agenti, con caschi e manganelli, fatti inginocchiare e colpiti di spalle perché non potessero vedere i picchiatori.

La custodia cautelare in carcere è stata disposta per un ispettore coordinatore del Reparto Nilo e sette agenti della polizia penitenziaria, tutti in servizio nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, mentre sono agli arresti domiciliari 18 persone tra cui il comandante del Nucleo operativo traduzioni e piantonamenti del Centro penitenziario di Napoli Secondigliano, il comandante dirigente della Polizia penitenziaria di Santa Maria Capua Vetere, la commissaria capo responsabile del Reparto Nilo, un sostituto commissario, tre ispettori coordinatori di sorveglianza generale e 11 agenti. Ci sono poi tre obblighi di dimora, nei riguardi di tre ispettori di polizia penitenziaria, e 23 misure di sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio nei confronti della comandante del Nucleo investigativo centrale della polizia penitenziaria del nucleo regionale di Napoli, del provveditore regionale delle carceri della Campania Antonio Fullone e 21 agenti della polizia penitenziaria, quasi tutti in servizio nel carcere. Per la procura, inoltre, sarebbero stati manomessi 5 spezzoni dei filmati dell’impianto di videosorveglianza per giustificare le presunte violenze.

Lo scorso aprile, durante le proteste, nel carcere furono inviati da Napoli contingenti dei reparti speciali della Penitenziaria. La successiva inchiesta è stata avviata a seguito delle denunce, da parte di alcuni detenuti, di violenze avvenute nei loro confronti come “punizione” per la rivolta. Stando alle testimonianze dei familiari, alcuni sono stati denudati e poi picchiati, insultati, colpiti con i manganelli. Costretti a radersi barba e capelli e poi minacciati e sbattuti in isolamento. A giugno 2020 oltre 40 agenti della polizia penitenziaria erano stati raggiunti da avvisi di garanzia in quanto indagati per reati di tortura, violenza privata e abuso di autorità ai danni dei detenuti. La notifica degli avvisi da parte dei carabinieri aveva provocato polemiche per la modalità d’esecuzione: alcuni poliziotti erano saliti sui tetti dell’istituto penitenziario per protestare.

Il ministero della Giustizia ha fatto sapere di seguire con “preoccupazione” gli sviluppi dell’inchiesta. “La ministra Marta Cartabia, e i vertici del Dap – sottolinea una nota di via Arenula – rinnovano la fiducia nel corpo della Polizia Penitenziaria, restando in attesa di un pronto accertamento dei gravi fatti contestati”.

Il Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe) sostiene che le misure cautelari sono “provvedimenti abnormi considerato che dopo un anno di indagini mancano i presupposti per tali provvedimenti, ossia l’inquinamento delle prove, la reiterazione del reato ed il pericolo di fuga. Confidiamo nella magistratura perché la polizia penitenziaria, a S. Maria Capua Vetere come in ogni altro carcere italiano, non ha nulla da nascondere”. Il segretario generale del S.PP. (Sindacato Polizia Penitenziaria) Aldo Di Giacomo dal canto suo parla di “un provvedimento sproporzionato rispetto ai fatti specie se si pensa che è praticamente impossibile che ci possa essere stata una regia occulta dell’operato di 52 persone tutte insieme. I fatti vanno contestualizzati alla fase storica coincisa con l’emergenza pandemica tra le più buie della storia degli istituti penitenziari italiani che ha registrato l’esplosione a catena di rivolte sino ad ipotizzare, in questo caso con una serie di indizi chiari oggetto di inchieste giudiziarie, una regia criminale”. Anche il segretario della Lega, Matteo Salvini, si schiera con gli agenti: “Mi sto informando sugli arresti degli agenti della Polizia penitenziaria a Santa Maria Capua Vetere che repressero una delle troppe rivolte nelle carceri italiane. Che a essere arrestati siano i poliziotti che hanno difeso se stessi e il proprio lavoro è bizzarro. Poi si è innocenti fino a prova contraria, però a me piacerebbe che ci fosse più rispetto per il lavoro delle forze dell’ordine”. Segue l’annuncio di una visita a Santa Maria Capua Vetere giovedì “per portare la solidarietà, mia, della Lega e di milioni di italiani, a donne e uomini della Polizia Penitenziaria”.