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Modello Arata: “Tangenti per sbloccare l’impianto”

Il Fatto Quotidiano, Domenica 21 Aprile 2019

Modello Arata: “Tangenti per sbloccare l’impianto”

Un inceneritore cammuffato da centro per biometano. Il piano al dipartimento sbagliato dove c’è Tinnirello, indagato per i dati forniti sulla pratica

SAUL CAIA

U n inceneritore, camuffato sotto le vesti di un impianto per la produzione di biometano. In Sicilia, a Calatafimi, c’è il progetto “Biometano G al l it el l o” della Solgesta Srl, azienda amministrata da Alessandra Rollino, moglie dell’ex parlamentare forzista e imprenditore Franco Paolo Arata, vicino alla Lega e al sottosegretario Armano Siri. Arata è coinvolto nell’in – chiesta di Palermo sul settore dell’energia rinnovabile, accusato di corruzione e attribuzione fittizia di beni aggravate dal metodo mafioso, perché collegate a Vito Nicastri, altro imprenditore del settore eolico già condannato in via definitiva per i reati di corruzione e truffa aggravata, e considerato vicino al boss latitante Matteo Messina Denaro. Un impianto osteggiato dal M5S, sospettato di essere qualcosa di diverso da quanto dichiarato, e spinto con una serie di conoscenze che sono finite nelle carte dell’inchiesta.

LA SOLGESTAnel maggio 2017 deposita alla Regione e al Comune di Calatafimi Segestra, in provincia di Trapani, uno “studio preliminare ambientale” di 74 pagine e una “rela – zione tecnica illustrativa” di 105 pagine. In entrambi i casi si parla di un “impianto di produzione integrata di Biometano da 600 Sm3//h” ed “ener – gia in assetto cog enerat ivo Car da Biomasse”. Ma qualcosa non torna. “Avevamo visto un avviso in Regione che ci ha fatto drizzare un po’ le orecchie –racconta da deputata pentastellata Valentina Palmeri –, ho fatto richiesta di accesso agli atti, per visionare progetto e atti, che però la Regione non ci ha mai fornito”. A quel punto la deputata decide di rivolgersi a ll ’assessorato competente. “Ho potuto vedere fisicamente una serie di relazioni progettuali –spiega la Palmeri – e abbiamo capito che non si trattava di un impianto a biometano, ma di un inceneritore di rifiuti organici”. Secondo una relazione tecnica presentata da Legambiente al comune di Calatafimi sul progetto di Solgesta, si evidenzia che “l’impianto ha una potenzialità quattro volte maggiore del limite inferiore per cui scatta l’obbligo della Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), e che i rifiuti trattati non riguardano solo la categoria R3 (Recupero di Materia) ma anche la R1 (Recupero Energetico), ulteriore motivo per il ricorso obbligatorio alla VIA”. L’azienda avrebbe quindi provato un escamotage, presentando un progetto di biomassa che necessita dell’A uto riz za zio ne Integrale Ambientale (AIA), così da non dover seguire le procedure più complesse. Ma le anomalie non sarebbero finite qui. “Nella relazione progettuale si evince che non c’è una corrispondenza tra la denominazione dell’i mpianto, e quello che effettivamente avrebbe fatto – aggiun – ge la Palmeri –, soprattutto abbiamo notato che i funzionari e i dirigenti degli uffici competenti non ci mettevano in condizione di avere le carte e i prog e tt i ”. Forse non è un caso: “L’incartamento era in mano a Tinnirello, che poi è stato coinvolto nell’indagine”. Secondo le indagini della Procura di Palermo, infatti, all’interno dell’Asse ssorato all’Energia regionale, gli imprenditori Arata e Nicastri avrebbero fatto “affidamento su almeno due pubblici ufficiali, Alberto Tinnirello e Giacomo Causarano”. Tinnirello è indagato per corruzione per l’esercizio della funzione in concorso con Arata padre e figlio: secondo i pm, avrebbe mostrato “asservimento agli interessi della Sogesta”e“del – le altre società del gruppo Arata-Nicastri”, e avrebbe ricevuto “somme di denaro non quantificate” per seguire con attenzione le procedure, e garantire in cambio “i n f o r m azioni sullo stato delle pratiche amministrative inerenti la richiesta di autorizzazione integrata ambientale per la costruzione e l’esercizio degli impianti di biometano di Calatafimi”. È proprio al suo dipartimento, quello su l’En e rg ia , che viene presentata l’istanza, nonostante fosse quello sbagliato, visto che la competenza era dell’ufficio Acque e rifiuti. “È un’altra anomalia e irregolarità procedurale di questa storia”, prosegue la Palmeri.

PER BLOCCARE il progetto, sono intervenute anche le associazioni ambientaliste locali, che hanno lanciato una petizione online che ha raccolto la sottoscrizione di 4 mila utenti. Lo scorso gennaio, il sindaco Vito Sciortino, che inizialmente si era mostrato a sostegno dell’opera, ha deciso di revocare in autotutela il precedente parere favorevole. Secondo l’amministrazione non sarebbero state rispettate “le condizioni di rispetto dell’am – biente e del paesaggio rurale circostante”: “il progetto non garantisce il rispetto delle normative”. “C’è stata una mancanza di trasparenza e pubblicizzazione”, conclude la Palmeri. È così che Arata voleva costruire il suo impianto.