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Milano – C’è un “buco” nella certificazione antimafia.SENZA PAROLE.CI SIAMO STANCATI DI PARLARE DI CERTIFICAZIONI ANTIMAFIA,DI INTERDITTIVE E DI PREVENZIONE ANTIMAFIA CHE NON SI FA E NON SI VUOLE FARE

Il Fatto Quotidiano, GIOVEDÌ 1 AGOSTO 2019

Milano

C’è un “buco” nella certificazione antimafia

DA. MI.

N iente più interdittive antimafia e mano libera ai boss per riciclare i narcoeuro nei locali della movida. Succede a Milano. Alla base, uno di quei paradossi rari. Perché tutto nasce da un protocollo sottoscritto tra il Comune e la Prefettura. Firme in calce del Prefetto e dell’assessore alle Attività produttive della giunta del sindaco Beppe Sala. Il protocollo, entrato in vigore da poche settimane, passa sotto il nome di “Patto per il rafforzamento delle prevenzione ai fini antimafia”. In realtà, a causa di una banalissima modifica nella modulistica, già da metà luglio è entrata in vigore una sorta di moratoria a favore dei fiduciari dei clan che nel capoluogo lombardo vogliono aprire attività commerciali. Il caso, clamoroso e unico in Italia, è stato denunciato con un post su Facebook da David Gentili, presidente della commissione antimafia del comune di Milano. Scrive Gentili: “La firma del Patto potrebbe avere il paradossale effetto di azzerare le richieste di informativa antimafia per gli esercizi pubblici a Milano”. Al centro ci sono le Scia, ovvero le segnalazioni certificate di inizio attività. La nuova modulistica prevede la compilazione di una griglia in cui il futuro ristoratore “può” (e non “deve”) indicare i conviventi. La questione non è per nulla scontata. È infatti solo grazie a questo modulino che il Comune potrà fare la segnalazione alla Direzione investigativa antimafia perché dia il via al percorso che porterà all’emissione di una interdittiva della Prefettura.

E ORA VIENE il bello, o meglio il brutto, perché senza il fatidico modulino il Comune non può avviare la procedura di interdittiva. Un ostacolo semplice da superare se quel modulo fosse obbligatorio. In realtà l’elenco dei familiari è facoltativo, così come prevede la Camera di Commercio e la legge regionale, ma questo non viene esplicitato dal protocollo. Quindi, niente familiari niente interdittiva. La questione viene spiegata da un funzionario del Comune che però chiede l’anonimato: “La presentazione del modulo è facoltativa. Nel caso in cui la dichiarazione non venga allegata alla Scia non è possibile richiedere l’informativa alla Prefettura, in quanto la richiesta dell’informativa consiste nell’inserimento dei dati dei familiari conviventi nell’a pposita sezione del portale Siceant. Per le Scia precedenti all’integrazione della modulistica, non disponendo delle informazioni necessarie (dati dei familiari conviventi) non ci è possibile chiedere l’infor – mativa alla Prefettura”. Liberi tutti, insomma. Milano ai mafiosi. Scrive Gentili: “Nonostante noi si possa sapere chi siano i conviventi di chiunque, attraverso l’a nagrafe, se il mafioso decide di non indicarli sul modulo, non solo evita il penale per falsa dichiarazione, ma la Scia prosegue uguale il suo iter”. E pensare che nell’ultimo anno sono state 14 le interdittive siglate dalla Prefettura. Molti locali controllati da cosche potentissime sono stati chiusi. E questo grazie alla revoca della Scia, strumento amministrativo sdoganato dalla riforma del Codice antimafia del 2014, da recenti sentenze del Consiglio di Stato e che permette di costruire informative attorno al cosiddetto “fumus”mafioso. Non a caso, fino a pochi mesi fa sul tavolo della Dia giacevano 50 informative antimafia su altrettanti esercizi pubblici. Ora però il nuovo protocollo, firmato da Prefettura e Comune, rischia di favorire gli interessi delle mafie. Conclude Gentili: “N e ssuna modulistica può bloccare la richiesta di informativa. La Regione dovrà modificare la legge, mentre per i conviventi li troviamo noi”.