Messina Denaro sette soprannomi per un mistero
Lo chiamavano “u siccu”, oppure Luciano, poi è diventato Alessio Adesso è “la testa dell’acqua”, Iddu, il premier o anche “il noto”
di Salvo Palazzolo
14 Novembre 2019
All’inizio, fra Castelvetrano e Marinella di Selinunte, era solo “ u siccu”, niente più che un soprannome. Oppure, Luciano, chissà perché. Ventisei anni dopo, l’imprendibile Matteo Messina Denaro è il “premier”, questo diceva di lui Antonello Nicosia, l’assistente della deputata Occhionero arrestato nei giorni scorsi con l’accusa di essere stato l’ambasciatore della primula rossa nelle carceri.
Nei nomi con cui lo chiamano c’è la sua storia misteriosa. Per Totò Riina sepolto al 41 bis era semplicemente “l’unico ragazzo che avrebbe potuto fare qualcosa”. E lo diceva in senso dispregiativo: “Questo ragazzo suo padre l’aveva affidato a me, perché era dritto, gli ho fatto scuola io… a me dispiace dirlo”. E, d’un tratto, l’enfant prodige di inizio anni Novanta diventò il “signor Messina”: “Questo fa il latitante con i pali eolici per prendere soldi – sbottava il capo dei capi di Cosa nostra all’ora d’aria – ma non si interessa… “.
“La testa dell’acqua” come lo chiamano i suoi fedelissimi nelle intercettazioni ha rinnegato la strategia stragista del più sanguinario dei suoi padri – Totò Riina – ed è diventato “Iddu”, come chiamavano l’altro padrino di Corleone, Bernardo Provenzano, che dopo la stagione delle bombe sembrava essere diventato un santone. “Iddu” il vecchio e anche il giovane (che nei pizzini con Binnu si firmava Alessio) conoscono il segreto della trattativa con pezzi dello Stato, sanno perché all’improvviso le bombe terminarono di scuotere l’Italia nel 1993. E Riina non riusciva a darsi pace. Nelle intercettazioni fatte nel 2013 nel carcere di Opera criticava la scelta di fare solo affari e nessun attentato, arrivando persino a dare del “ carabiniere” al suo “ ragazzo” di un tempo. La stessa espressione che il capo dei capi aveva utilizzato per Provenzano: “Allora qualcuno ti dice cosa fare…”.
A Riina è rimasto il sospetto che dietro la fine delle bombe ci sia stato un patto, con chissà quale lasciapassare. E a proposito del “ragazzo” diventato ormai il “signor Messina” diceva pure: “Io penso che se n’è andato all’estero”. Chissà se era solo uno sfogo con il compagno dell’ora d’aria o sperava di essere intercettato. Magari per vendicarsi, a modo suo, di un’altra soffiata.
Di sicuro, ormai da tempo, non ci sono più tracce della “testa dell’acqua”, il premier di una mafia liquida che ha scelto gli affari importanti e ha abbandonato il controllo del territorio mafioso. “U siccu” è diventato un fantasma. Un giorno qualcuno l’ha chiamato “Padre Pio”, uno strano fantasma in aria di santità, un mafioso diventato modello criminale. Ma sempre ben radicato da qualche parte, perché qualcuno di importante continua a pensare a lui. Così in un’intercettazione è rimasta impigliata un’altra espressione molto curiosa: lo chiamavano anche “ il noto”, con un termine sbirresco che racconta molto del mistero Messina Denaro.
“Ascolta bene – diceva al telefono l’agente dei servizi segreti Marco Lazzari all’avvocato romano Giandomenico D’Ambra – ciò che prevedevamo è stato confermato da Cristiano… ti devi allontanare da zio per un periodo, io già ci ho parlato”. Lo “zio” era il boss gelese Salvatore Rinzivillo. L’avvocato chiedeva: “Allontanarmi radicalmente?”. Lo 007 dell’Aisi spiegava: “Eh sporadicamente, io già ci ho parlato, già gliel’ho detto che ti avvertivo… non è nulla di particolare, è solo un’attenzione… capito per il noto che stanno cercando giù, si so n’cafoniti, perché… poi ti spiego a voce, tanto ci vediamo… dagli anni 80 fino ad adesso vogliono controllare tutti capito”. Il “noto che stanno cercando giù” era proprio il superlatitante Matteo Messina Denaro. E questa intercettazione del Gico della Guardia di finanza di Roma, risalente al 10 marzo 2016, ha provocato un terremoto. Come aveva fatto un agente dei servizi segreti, operativo a Roma, a sapere delle indagini siciliane sul “noto”? E chissà per quanti altri infedeli il capomafia delle stragi di Roma, Milano e Firenze è ancora il “noto”.
Nei nomi con cui lo chiamano c’è davvero la sua storia. E qui in Sicilia qualcuno ha cominciarlo a maledirlo, per tutti gli arresti della procura di Palermo che stanno falcidiando la provincia di Trapani. Così Messina Denaro è diventato “questo”, o anche il “purpu”. “Ma questo che minchia fa? Un cazzo, si fa solo la minchia sua, e scrusciu non ci deve essere”. C’è una frangia di fedelissimi che la pensa come Totò Riina: “Arrestano i tuoi fratelli, le tue sorelle, i tuoi cognati e tu non ti muovi? Ma fai bordello… purpo, svita tutti… se avete i coglioni uscite tutti fuori, sennò vi faccio saltare”.
Ma Matteo, u Siccu, il premier, Padre Pio e tutto il resto sembra davvero essere andato via. L’ultimo che l’ha visto è il suo amico fidato Vincenzo Sinacori, killer pure lui. Era il 1994.
Tratto da: La Repubblica Palermo
fonte:http://www.antimafiaduemila.com/