Messina Denaro: scorta raddoppiata a pm Paolo Guido dopo la cattura del boss
AMDuemila 25 Gennaio 2023
Continua l’indagine sulla rete di fiancheggiatori della “primula rossa” di Cosa nostra
Sono passati quasi dieci giorni da quando i reparti speciali dei Carabinieri – coordinati dalla Procura di Palermo – hanno catturato Matteo Messina Denaro presso la clinica “La Maddalena” di Palermo. Proseguono le perquisizioni tra le abitazioni e i covi rinvenuti a Campobello di Mazara a disposizione del boss stragista di Cosa nostra. Così come proseguono le indagini della procura che, di recente, hanno subito una improvvisa accelerazione. E i protagonisti di questa indagine – il procuratore aggiunto Paolo Guido e il procuratore capo di Palermo Maurizio De Lucia – hanno avuto un vertice blindato nell’hangar dell’aeroporto di Boccadifalco, dove ha sede la squadra che da anni indaga su Matteo Messina Denaro. Un luogo remoto e lontano dalle telecamere. Un incontro che, come scrive Salvo Palazzolo su la Repubblica, “ne ricorda un altro, molto particolare: nel novembre 2007, una settimana dopo l’arresto del superlatitante Salvatore Lo Piccolo e di suoi figlio Sandro, i magistrati del pool andarono alla squadra mobile per esaminare i tantissimi pizzini ritrovati ai boss. Fu la vigilia di uno tsunami giudiziario, con decine di arresti“.
A questo vertice, il procuratore aggiunto Paolo Guido è arrivato al palazzo di giustizia con una scorta rafforzata: due auto blindate. Oltre ai veicoli sono aumentati anche i poliziotti che scortano il magistrato. “Una decisione del comitato provinciale ordine pubblico presieduto dal prefetto Maria Teresa Cucinotta“, si legge su La Repubblica. Anche se non è più sulle prime pagine dei quotidiani nazionali – come nei primi giorni dalla cattura – sull’inchiesta Messina Denaro (e sui magistrati che la conducono) l’attenzione è ancora alta e sembrerebbe aver avuto un’accelerazione. Probabilmente, i documenti e i reperti rinvenuti nelle abitazioni (o covi) a disposizione di Messina Denaro – come lo smartphone, gli appunti o gli scontrini – stanno conducendo l’indagine al disvelamento di quella rete riservata di complici che ha curato la latitanza del boss Messina Denaro per trent’anni, o, di certo, nell’ultimo anno e mezzo. Una rete che va dalla provincia di Trapani a quella di Palermo; e che, al di là di uomini in odor di mafia, vede il coinvolgimento del mondo delle professioni e della massoneria.
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