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Messaggio del Procuratore Franco Roberti in memoria dell’indimenticabile e caro Amato Lamberti.

L’efficace comprensione del fenomeno della criminalità organizzata di tipo mafioso non può essere ricondotta esclusivamente nell’ambito penale, ma postula un ampliamento cognitivo che possa acquisire i contributi offerti dalle scienze sociali. Muovendo da questo consapevolezza, la Scuola Superiore della Magistratura ha organizzato, nello scorso mese di maggio, un Corso di studi dedicato alla analisi storica, economica e sociologica del fenomeno, condotta da esperti di settore, che ha consentito un approccio tematico innovativo con un approfondimento multidisciplinare, per offrire al magistrato penale preziosi elementi di conoscenza e supporto alla attività di contrasto giudiziario.
Amato Lamberti sarebbe stato un naturale protagonista del Corso, avendo la sua opera magistrale accompagnato – e spesso illuminato – per trent’anni l’azione giudiziaria.
Dalle sue opere cominciammo a capire che, per contrastare efficacemente il fenomeno criminale, per volere veramente sconfiggere la camorra, la “cura” non poteva essere demandata esclusivamente alla prevenzione e alla repressione giudiziaria. Certo, una giustizia efficiente è – oggi più che mai – condizione essenziale per un corretto sviluppo socio-economico, che consentirebbe di superare la terribile crisi in cui versa il nostro Paese.
Ma il recupero di efficienza del contrasto giudiziario, pur indispensabile, non è sufficiente. Servono anche le politiche dirette a occupare gli spazi in cui il “vuoto” di Stato e di legalità ha finora favorito il “governo” del territorio e della sua economia da parte della camorra, in particolare, il controllo dei flussi della spesa pubblica, realizzato attraverso il condizionamento e la corruzione delle istituzioni locali, il controllo del consenso elettorale, le infiltrazioni nelle attività imprenditoriali lecite, facilitate dalla crisi economica e dalla difficoltà per le imprese di accedere al credito legale.
Purtroppo, il giudizio sui mali di Napoli ancora oscilla tra il fatalismo autoassolutorio della ineluttabilità della deriva camorristica e l’ottimismo consolatorio di chi preferisce attaccarsi all’idea di una Napoli virtuosa ed europea, destinata prima o poi a prevalere su quella plebea e camorrista, come se quest’ultima fosse qualcosa di diverso e di alieno rispetto al contesto sociale.
Amato Lamberti ci insegna che Napoli è una sola e la camorra ne è, da due secoli, parte integrante. Se non riconosciamo e ci misuriamo con questa realtà, non saremo mai in grado di progettare e governare le trasformazioni, sottraendole al condizionamento del “sistema” camorristico e promuovendo – come prescrive l’art.3 della Costituzione – il superamento delle disuguaglianze sociali, delle quali la camorra si alimenta: facendo affari con i forti senza scrupoli e reclutando i disperati, che si illudono di poter raggiungere attraverso la manovalanza criminale quel riscatto economico e sociale che sembra altrimenti negato.