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Meno inchieste e più  prudenza. A Roma la procura è impotente

GIULIA MERLO

04 novembre 2023 • 21:22

Lo scandalo Palamara e il ridimensionamento di “Mafia Capitale” hanno tramortito l’ufficio dei pm. I reati ci sono, anche di mafia, ma il procuratore capo Lo Voi ha l’organico ridotto del 25 per cento 

Dagli anni Settanta la procura di Roma si porta addosso il soprannome di porto delle nebbie. Certo l’edificio è un labirinto cupo di scale interne e corridoi bui, pavimentati di sampietrini che – nell’opera del progettista – dovevano rappresentare che la giustizia è vicina alle strade dove passeggiano i cittadini.

Il soprannome, però, è rimasto incollato al palazzone di piazzale Clodio per come le inchieste ai poteri economici e politici della Capitale finivano persi come dietro una coltre di nebbia per non uscirne più. Insabbiati o contesi con altri tribunali con allungamento dei tempi per poi non arrivare a nulla: dai due scandali dei petroli ai fondi neri dell’Iri, fino a scampoli delle indagini che poi produssero il terremoto di Tangentopoli ma che a Roma non diedero grandi frutti. «A Milano certe cose non succedono», era il ritornello dei magistrati all’epoca, che però si sente pronunciare spesso anche oggi nell’anonimato delle conversazioni con le toghe milanesi.

Poi, però, anche a Milano – la capitale morale secondo i mostri sacri dell’inchiesta di Mani pulite – si è incollato addosso il nome di “palazzo dei veleni”, dopo gli scontri interni alla procura intorno al caso Eni Nigeria e alla presunta Loggia Ungheria.

IL MANUALE CENCELLI

Oggi a Roma si è insediato ormai da quasi due anni il nuovo procuratore capo, Francesco Lo Voi. Ex vertice della procura di Palermo e un passaggio anche da consigliere al Csm, il suo nome è stato sostenuto dalle correnti conservatrici dopo un lungo e pasticciato iter di nomina. La procura di Roma, infatti, è stata l’oggetto della contesa all’Hotel Champagne tra consiglieri togati e politici e ha prodotto l’emersione di quello che è finito sotto l’etichetta di scandalo Palamara: l’accordo e la spartizione correntizia degli incarichi ai vertici degli uffici più importanti. E, secondo il manuale Cencelli che mischia le toghe alla politica, la procura di Roma vale come due ministeri.

Non solo scandali para-politici, però. Prima dell’anno di interregno di Michele Prestipino. – prima reggente, poi guida formale con nomina del Csm infine annullata dai giudici amministrativi – infatti, la procura di Roma era guidata da Giuseppe Pignatone e il suo addio per raggiunta età pensionabile non è stato indolore. Pignatone, infatti, ha lasciato dietro di sè quella che è stata la più deflagrante indagine per mafia che la Capitale avesse mai visto: “Mondo di mezzo” o “Mafia Capitale” sono stati i nomi mediatici che ha assunto. Il disegno sottostante le ipotesi di accusa, se confermate, sarebbe stato eclatante: non più solo le mafie storiche di Sicilia, Calabria e Campania, anche il Lazio aveva la sua mafia autoctona, impastata con la politica e in contatto con le cosche del sud italia.

IL TERREMOTO MAFIA CAPITALE

Il processo, iniziato nel 2015 e finito nel 2020 con la sentenza di Cassazione, però, ha smontato quello che è poi è stato definito un teorema: quelle di Roma, guidate da Massimo Carminati e Salvatore Buzzi, erano due associazioni per delinquere sì, ma “semplici” e il gip archivia subito le posizioni di 113 indagati. L’aggravante mafiosa, infatti, cade nella sentenza di primo grado, viene invece ripristinata in appello e infine definitivamente cancellata con la sentenza di Cassazione.

Così si è concluso forse il più grande processo a cui la Capitale abbia assistito negli ultimi vent’anni e che ha prodotto un terremoto politico a livello comunale, lambendo politici di tutti gli schieramenti. L’impatto della cancellazione dell’aggravante mafiosa – che era il cuore dell’inchiesta – è stato pesante, sia all’esterno che all’interno della procura. All’esterno, infatti, chi non aveva mai creduto che l’impianto potesse reggere ha accusato i pm di aver esercitato pressioni anche attraverso i media. All’interno, invece, si è conclusa un’epoca.

COSA SUCCEDE OGGI

La caduta parziale dell’impianto accusatorio di Mafia Capitale, il successivo pensionamento di Pignatone e il terremoto di credibilità provocato dallo scandalo Palamara con conseguenti tentennamenti nella nomina del nuovo vertice, hanno lasciato annichilita la procura di Roma. Con il risultato che il mantra dell’ufficio è diventato «prudenza». Complicato, in questo clima, indagare sulla politica e sulla corruzione – la piaga principale della città eterna – senza rischiare di incorrere in attacchi mediatici oppure al costo di scontare il deficit di fiducia oggi diffuso in magistratura.

In questa situazione ha assunto il mandato Lo Voi e da quando si è insediato non si è avuta notizia di grandi indagini avviate o in corso. Gli uffici dei nove aggiunti funzionano come possono, in particolare spinta ha avuto quello che segue i crimini dii genere grazie alla corsia preferenziale istituita con il Codice rosso. Tuttavia, la sensazione interna è quella di una battaglia impari. «Il traffico di stupefacenti se non è fuori controllo poco ci manca» e associazioni per delinquere «con uso del metodo mafioso» sono presenti, ma si muovono e si scontrano «in parità di posizione» e non con il consenso delle mafie storiche come in Sicilia, ha detto Lo Voi in audizione in commissione Antimafia, producendo i numeri: un totale di quasi 2.000 indagati noti nel periodo 1 luglio 2022 – 30 giugno 2023, con una attuale pendenza di 8.036 indagati nell’ambito di 461 procedimenti penali.

La ragione della quasi impossibilità di contrastarla è duplice: «L’offerta enorme risponde a una altrettanto enorme domanda» e le forze sono impari, perchè «dall’organico della procura mancano 22 dei 90 magistrati previsti. Ho dovuto coinvolgere in alcune attività anche i componenti della direzione distrettuale antimafia, altrimenti non riuscivamo a coprire le udienze». Forse, la prudenza rischia di essere un eufemismo per coprire l’impotenza. 

Fonte:https://www.editorialedomani.it/giustizia/meno-inchieste-e-piu-prudenza-a-roma-la-procura-e-impotente-x4qwva90