“La sua idea era di entrare in affari con i calabresi in modo da mitigare le loro richieste di denaro. Il viaggio a Gioia Tauro serviva per parlare con le famiglie calabresi”. Così, interrogato nel dicembre 2019, Marino Carugati, ex sindaco di Lomazzo (Como) e indagato nel filone lombardo della maxinchiesta contro il clan Molè della ‘Ndrangheta, ha spiegato, facendo riferimento al suo amico ed ex assessore indagato Cesare Pravisano, quella riunione del 2010 in Calabria con affiliati alle cosche.
“Questa soluzione – ha messo a verbale Carugati – era stata concordata da Pravisano con Ficarra Massimiliano (commercialista e presunta ‘mente economica’ della cosca di Fino Mornasco, provincia di Como, ndr) che, fino a quel momento, era l’unico calabrese che avevo conosciuto in quanto mi era stato presentato da Cesare (…) L’incontro di Gioia Tauro fu organizzato da Cesare e Ficarra il quale si attivò e ci introdusse con le famiglie calabresi a cui io e Cesare pagavamo l’estorsione per trovare una soluzione. In sintesi, avremmo iniziato a collaborare in attività economiche con loro – ha aggiunto – garantendogli dei guadagni che avrebbero sostituito i nostri pagamenti estorsivi”.
L’attività economica, si legge ancora nel verbale, “era la gestione di cooperative di servizi, pulizia e facchinaggio che avrebbero ottenuto lavori e commesse tramite i contatti miei e di Cesare che eravamo soggetti presentabili”.
Agli atti anche un’intercettazione nella quale Carugati diceva: “Hanno trasferito, non dico il cento per cento, ma grandissima parte delle loro attività in modo legale al Nord dove loro non compaiono più. Hanno i contatti, hanno le cose. Le società sono nel Nord, punto… O sono sparse nell’Europa. O sono sparse ne mondo. Perché dipende poi dalla quantità dei contanti che riescono a mettere insieme”.
Martedì, 16 Novembre 2021 16:57