Massoni cosentini, fratelli e muratori dal sindaco al medico giornalista
Il ruolo dell’associazione segreta che nella città dei bruzi ha resistito persino al fascismo. Il potere degli incappucciati in riva al Crati ha consentito al sindaco Clausi Schettini di diventare primo cittadino per ben tre volte
Saverio Paletta
29 Dicembre 2021
C’è una personalità particolare, che rivela tantissimo sul modo in cui si sono costruite le classi dirigenti di Cosenza: Arnaldo Clausi Schettini, che fu sindaco in quota Dc del capoluogo bruzio per dieci anni, dal ’52 al ’64.
Fu eletto tre volte (nel’52, nel’56 e nel ’60) e si appoggiò a una maggioranza che oggi si definirebbe di centrodestra, costituita, alternativamente, dal Pli e dal Msi.
Ma, secondo alcune ricostruzioni storiche credibili, alla base di tanta longevità politica, ci sarebbe stato un fattore ben preciso, di quelli che non si misurano nelle urne: la massoneria.
La massoneria cosentina è come le Duracell
Per quel che riguarda il sindaco Clausi Schettini, non risulta dalle carte alcuna militanza massonica, ma solo l’iscrizione al Rotary. In compenso, era massone suo fratello Oscar, che faceva l’avvocato nella natia Rogliano ed era referente della loggia “Telesio” per il Grande Oriente d’Italia. Invece Vittorio, il papà di Arnaldo e Oscar, era stato podestà a Rogliano.
Ma, prima ancora, Vittorio aveva fatto parte della vecchia classe dirigente liberale, frequentazioni massoniche incluse: nel 1904, ad esempio, aveva appoggiato, assieme al massone (addirittura un 33) Giovanni Domanico, l’ascesa politica di Luigi Fera, un altro grembiule di rango.
La massoneria cosentina era come le batterie Duracell: continuava, a dispetto delle leggi “fascistissime” del ’25, che non avevano scalfito di una virgola Michele Bianchi (proveniente da piazza del Gesù) né il podestà cosentino Tommaso Arnoni (il quale, invece, aveva militato nel Goi).
E l’effetto Duracell sarebbe continuato nel dopoguerra, a dispetto degli anatemi della Chiesa.
I notabili alla carica
Un’interessante ricerca di Luca Irwin Fragale, autore del poderoso volume “La massoneria in Parlamento” (Perugia, Morlacchi Editore 2021), chiarisce il legame tra le classi dirigenti calabresi, cosentine in particolare, e la “grembiulanza”.
Un rapporto che aveva, e forse ha tuttora, due direzioni: tutti i notabili dovevano avere il benestare delle logge e, viceversa, tutte le logge dovevano essere vissute dai notabili.
Non fu un caso, quindi, che la massoneria si sia ricostituita a Cosenza non appena gli Alleati arrivarono in Calabria.
Al riguardo, le fonti concordano su una data: 11 dicembre 1943, quando la storica loggia del Goi “Bruzia-De Roberto” riprende la propria attività dopo diciotto anni di stop imposti dal regime fascista.
Misasi, Loizzo e la città che contava
Basta scorrere la lista degli iscritti per rendersi conto che la “Bruzia” conteneva una buona fetta della città che contava, consolidata tra l’altro anche da rapporti di parentela. C’era il medico Mario Misasi, nipote del grande scrittore Nicola, fondatore dell’omonima clinica e creatore del reparto di Pediatria all’Annunziata e ideatore del Rotary cosentino.
C’era Sole Marte Cavalcanti, detto Soluzzo, comandante dei Vigili Urbani di Cosenza.
C’erano, in particolare i fratelli Emilio e Giovanni Loizzo, un cognome che pesa tuttora nella storia della massoneria: Giovanni, infatti, era il papà di Ettore Loizzo, che avrebbe fatto una grande carriera nel Goi, di cui sarebbe diventato gran maestro aggiunto. Ma questa è un’altra storia.
Per quel che riguarda la famiglia Loizzo, gli addentellati massonici non finiscono qui: fuori dalla loggia “Bruzia-De Roberto” si contano altri due Loizzo: Eugenio e Antonio, morto durante il bombardamento alleato dell’agosto 1943.
Il radiologo giornalista
La personalità più forte resta, tuttavia, il radiologo Oscar Fragale, ufficiale medico all’Ospedale militare di Bari col pallino della filantropia e del giornalismo: già presidente del Circolo della stampa di Cosenza, Fragale rileva assieme a Giuseppe Santoro, altro pezzo grosso della “Bruzia”, la testata “Italia Nuova” che sarebbe diventata il celebre “Corriere del Sud”. Antifascista rigoroso e militante nel Partito d’Azione, aveva proposto nel ’44 l’istituzione di un’università a Cosenza.
Anche nel caso di Oscar Fragale contano la tradizione di famiglia e i legami politici: suo padre Luigi era un orafo di Malvito legato al parlamentare Nicola Serra. Serve altro?
La conquista del Comune
Personalità piuttosto spigolosa, Fragale era un massone vecchio stampo, liberale e anticlericale. Proprio la sua polemica giornalistica nei confronti dei “fratelli” che si apprestavano a colonizzare la Dc permette di cogliere i retroscena delle Amministrative del ’52.
Ma andiamo con ordine. Subito dopo la ripartenza di fine ’43, la massoneria cosentina cresce a dismisura. Il Goi, in particolare, apre nuove logge (“Salfi” e “Telesio”) e ne ingloba altre provenienti dai rivali di Piazza del Gesù: tra tutte, la storica “Fratelli Bandiera”. Poi arriva lo stop con le elezioni politiche del ’48, in cui la Dc batte il fronte popolare e inaugura la sua egemonia sulla politica italiana.
Inizia l’era De Gasperi, caratterizzata da un legame forte con la Chiesa che si declina in due direzioni: contro il comunismo e, appunto, contro la massoneria.
Quest’ultima, per sfuggire alla morsa cattolica, escogita un piano a livello nazionale che, ovviamente, trova a Cosenza un’applicazione sin troppo zelante.
Il piano Pirro
La strategia “entrista” nella Dc è elaborata da un big del Goi romano, conosciuto come “Pirro” (probabilmente il gran maestro del Goi, Ugo Lenzi).
Il motivo di questa strategia è piuttosto banale: l’anticomunismo, che in Calabria tuttavia, pesa di meno, visto che anche il Pci vantava massoni di rango come l’ex ministro Fausto Gullo, tra l’altro consuocero di Mario Misasi.
Il caso di Gullo non era isolato, visto che è più che nota la vicenda di Ettore Loizzo, che visse la doppia identità di massone e comunista finché i vertici del Pci gli imposero di scegliere tra militanza politica e militanza massonica…
Pure il vescovo
Torniamo alla Cosenza del ’52. Il piano massonico di “colonizzare” le liste della Dc è rivelato dal Corriere del Sud (di proprietà di Oscar Fragale, che avversa il piano e non ama la Dc) attraverso un articolo pubblicato in prima pagina il 24 maggio ’52.
La strategia cosentina è piuttosto semplice: spingere il Pli, partito tradizionale della massoneria, ad allearsi con la Balena Bianca e piazzare sette candidati nella lista di quest’ultima.
Il vescovo Aniello Calcara
Cosa curiosa, di questo piano è al corrente anche la Chiesa, tant’è che l’articolo del “Corriere del Sud” pubblica anche una nota con cui Aniello Calcara, l’arcivescovo di Cosenza-Bisignano, invita i fedeli a scegliere la lista della Dc e, all’interno di questa, i candidati che danno più garanzie dal punto di vista religioso.
Massoni inclusi
Il piano Pirro diventa il classico segreto di Pulcinella. Tuttavia, funziona: Arnaldo Clausi Schettini, vicino ai notabili massoni grazie alla militanza rotariana e ai rapporti della propria famiglia, diventa sindaco e resta in sella per più di dieci anni. Il suo posto sarà rilevato da Mario Stancati nel ’63, che inaugura il centrosinistra in città. Massoni inclusi.