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Mani sporche

L’occupazione dei media, il dilagare sulle televisioni di valori funzionali al suo successo, l’imbonimento del Paese, la conquista di una maggioranza creata a sua immagine e somiglianza. Tutto già scritto nel Piano di rinascita democratica di Licio Gelli, di cui il “Cavaliere” è solo un esecutore

“David Mills è stato condannato da un Giudice comunista, che mi è nemico”. Questa la solita difesa del “Cavaliere” ogni qual volta vengano giudicate le tante malefatte contestategli nell’ultimo decennio. Un attacco che mostra, ancora una volta, di essere poco cavalleresco: insulta un Giudice donna per l’ennesima condanna riportata in primo grado ignorando che altri due Giudici hanno condiviso quella medesima decisione e che Corte di Appello e Corte di Cassazione gli hanno dato torto anche sulla pretesa incompatibilità. Afferma che quel Giudice donna ha deciso di screditarlo proprio in occasione di una tornata elettorale e dimentica che si tratta di un argomento che in Italia non funziona perché è sempre a portata di mano, tanto che lui stesso ne ha fatto largo uso, e che comunque i tempi del deposito delle sentenze sono stabiliti per legge. A saperlo, avrebbe cambiato anche quelli.

E’ certamente una sentenza che scotta poiché conferma che gran parte di ciò che ha conquistato nella sua vita il “Cavaliere” è dovuto a pratiche corruttive. Per impedirne la pronuncia, non aveva esitato a proporre un decreto legge che bloccava oltre centomila processi, che avrebbero favorito i peggiori arnesi di questo Paese, per impedirne uno: il suo. E quando è stato sconfitto per l’enormità della proposta, si è inventato il lodo Alfano, che protegge quattro alte cariche dello Stato per salvarne una: la sua. E si assicura un’impunità di fatto per quel reato e per ogni altra violazione di legge: anche il più riprovevole, se commesso in costanza di mandato.

In quella sentenza è tracciato un altro capitolo della sua tortuosa vicenda umana: in pratica dalla sua iscrizione alla loggia segreta di Licio Gelli, all’acquisto della villa di Arcore, all’ingaggio di uno stalliere mafioso per custodire una stalla senza l’ombra di un quadrupede, alla conquista delle televisioni, alla discesa in campo come improvvisato politico, alla sua carriera di imprenditore e di presidente del Consiglio, carica ricoperta per tre volte, tutto è dovuto a pratiche occulte, alleanze sotterranee, percorsi indicibili, falsi bilanci, elargizioni di danaro a fini corruttivi, il tutto dentro un permanente conflitto d’interessi con cui ha disinvoltamente convissuto anche grazie ad un Parlamento occupato in buona parte da subalterni.

Ogni uomo ha un prezzo, questa la filosofia cui si ispira, la stessa che percorre il programma piduista di Licio Gelli: ricordate? “Parigi val bene una messa”, frase adattata all’acquisto sul libero mercato di politici, di giornalisti, di giudici, di militari, di sindacalisti.

E poi: “Dissolvere la RAI-TV in nome della libertà di antenna”. La libertà: ecco la seconda ispirazione permanente del “Cavaliere”: libertà di abbandonarsi ad ogni eccesso, fino a demonizzare i Giudici di questo Paese ed a tessere lodi per un capo mafia arrivando a definirlo un eroe, ad ogni trasgressione di un’etica pubblica e privata, ad ogni sconfinamento nelle illegalità, inquinando animi, impoverendo le menti, distruggendo valori. Quelli Costituzionali, prezioso cemento identitario, sono da abbattere in una lotta senza quartiere, perché prevalgano nuovi modelli unificanti: il danaro, il successo, la trasgressione oltre ogni limite.

Solo la politica gli può consentire l’occupazione dei media, il dilagare sulle televisioni di valori funzionali al suo successo, l’imbonimento del Paese, la conquista di una maggioranza creata a sua immagine e somiglianza. Ed anche a questo proposito ci soccorre il Piano di rinascita democratica di Licio Gelli, di cui il “Cavaliere” è solo un esecutore: “Primario obbiettivo e indispensabile presupposto dell’operazione è la costituzione di un club…ove siano rappresentati, ai migliori livelli, operatori imprenditoriali e finanziari, esponenti delle professioni liberali, pubblici amministratori e magistrati, nonché pochissimi e selezionati uomini politici (di cui si fanno anche i nomi), che non superi il numero di 30-40 unità”.

Ma torniamo alla sentenza (di primo grado), dove si snocciolano gli affari corruttivi del “Cavaliere” il quale, invece di difendersi nel giudizio, vomita insulti nei teatrini televisivi, minaccia di fare altrettanto in Parlamento, infischiandosi del resto e non fornendo spiegazioni delle sue bugie e dei suoi spergiuri, nei quali arriva a coinvolgere suoi familiari. Tanto nel Parlamento gode di una maggioranza che tutto deve a lui, le sue fortune passate, presenti e, se si comporta bene, anche future. Un Parlamento che gli ha approvato leggi oltraggiose di uno Stato di Diritto, pur di sottrarlo ripetutamente ai Giudici che, a parte i corrotti e i corruttibili, gli sembrano tutti nemici personali.

Una maggioranza, qualunque sia il colore politico che la ispira, che finora non ha avuto l’ardire di approvare una legge che impedisse ad un uomo delle istituzioni di servire i suoi interessi personali. E forse è questa la madre di tutte le nostre arretratezze e dei pericoli della nostra democrazia: avere alla guida del Governo un uomo che, dovendo servire la Costituzione, ne è intimamente nemico; dovendo ispirarsi all’interesse pubblico, persegue quello di un clan; dovendo essere custode delle leggi uguali per tutti, le strazia a suo uso e consumo. E che vuole anche diventare il massimo garante della fedeltà alla Costituzione, dopo averla insultata e mortificata e che pretende di divenire il custode dell’autonomia della Magistratura (sic!), dopo aver teorizzato e praticato il sovvertimento di ogni regola di Giustizia.
Non sono sereni i tempi della democrazia nel nostro Paese.
Libero Mancuso

(Tratto da www.aprileonline.info)