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Mancata Cattura di Provenzano: una storia iniziata nel 1965

Mancata Cattura di Provenzano: una storia iniziata nel 1965

Nel febbraio del 1965 il capo della Polizia Vicari, contatta a Milano il dott. Mangano che nel frattempo era stato promosso , vice questore.

30 Gennaio 2019

di Nicolo Gebbia

Mangano ho un altro importante incarico da conferirle. Devo chiederle di tornare in Sicilia…dovrà sgominare i mafiosi, e perseguire le connivenze con le istituzioni, qualunque esse siano, forze dell’ordine, magistratura o politica. Ha fatto un lavoro eccellente un anno fa con l’arresto di Liggio e degli appartenenti alla sua cosca, ora le chiedo di completare l’opera, e debellare questo cancro che infesta la nostra bellissima terra.

La notte del 30 marzo 1965 La Polizia inizia un’intensa azione di perlustrazione con uomini in abiti civili nelle campagne di Casale, frazione del comune di Belmonte Mezzagno in provincia di Palermo, alla ricerca dei latitanti Calogero Bagarella e Bernardo Provenzano, segnalati in zona da fonti confidenziali al vice questore Angelo Mangano. Un ufficiale dell’Arma, non appena venuto a conoscenza delle operazioni della Polizia, si leva in volo con un elicottero dei carabinieri. Quest’ultimo non appena individuate le pattuglie della Polizia, destina proprio in quella zona i suoi uomini. Nel frattempo il commissario capo di Pubblica Sicurezza del commissariato di Corleone Mario Pirrò cerca di mettersi in contatto con il capitano dei carabinieri che dirige la compagnia di Corleone, non appena lo vede gli dice in tono concitato: “Perché siete entrati nella zona del nostro pattugliamento? State disturbando un’importante azione di polizia. L’elicottero, le squadriglie e le camionette fanno un gran caos. Abbiamo un’operazione di appiattamento con uomini in borghese e voi vi presentate con gli squilli di fanfara!!! Abbiamo avvistato con il cannocchiale un bandito e l’abbiamo perso di vista per l’anfrattuosità del terreno, ma sappiamo che è in zona.

E il capitano: “caro Pirrò l’ operazione dell’Arma non interessa il corleonese. E poi chi sarebbe questo bandito? Oltretutto non capisco come tu possa accettare la presenza qui a Corleone di Mangano, lede il tuo prestigio, se lui sta qui la gente pensa che tu sei un incapace, faresti meglio a dimetterti, oppure caccia a pedate il vice questore Mangano, qui non lo vogliamo, non ha lasciato buona fama. L’operazione di polizia fallì. Bagarella e Provenzano messi in allarme, riuscirono a far perdere le loro tracce.

Alcuni giorni dopo in Procura a Palermo, l’ufficiale dell’Arma, lo stesso che si era alzato in volo con l’elicottero, incontrò il commissario Pirrò in compagnia dei due vice questori del capoluogo siciliano, Gambino e Giabanelli. L’ufficiale dell’Arma investì in malo modo Pirrò dicendogli : “Pirrò sei un burattino nelle mani di Mangano. Avete fatto un buco nell’acqua a Casale, lo capisci che ti devi sbarazzare di Mangano? Quello ti fa perdere prestigio, devi tutelare la tua dignità. E rivolgendosi a Gambino e Giabanelli: “E anche voi due, siete vice questori come lui, perché dovete sottostare ai suoi ordini? Questa è un’ invasione di campo che io non avrei mai permesso, ai carabinieri questo non succede. La presenza di Mangano è da considerarsi offensiva per tutte le forze dell’ordine. Pirrò gli risponde a tono: “Noi siamo onorati di avere in Sicilia Mangano e di lavorare al suo fianco! Un grande poliziotto che ha arrestato Liggio (…) noi addetti ai lavori sappiamo bene come sono realmente andate le cose a Corleone!.

L’ufficiale dell’Arma roso dalla rabbia si allontana; Pirrò rivolgendosi a Giabanelli e Gambino dice: “è un uomo malevolo ed invidioso, è sempre dal Prefetto Ravalli a parlare male del Capo della Polizia Vicari, di Mangano, del Pm Terranova del Procuratore Scaglione ed anche dei suoi collaboratori e superiori. Mangano incurante degli ostacoli continua le sue serrate indagini, relazionando di continuo sulla situazione nel corleonese al questore di Palermo dott. Inturrisi .

Da una relazione del vice questore Mangano al questore di Palermo Inturrisi.

Aprile 1965.

Sin dal 1° aprile l’organico della locale compagnia carabinieri veniva potenziato con uomini e mezzi(circa 80 uomini di cui 28 sottufficiali con una quindicina di autovetture)con il solo scopo di seguire le varie fasi delle operazioni della Pubblica Sicurezza. Nella notte dal 2 al 3 aprile c. a., infatti, mentre gli agenti del commissariato di Corleone, rinforzati da elementi del reparto Mobile di Palermo eseguivano contemporaneamente numerose perquisizioni domiciliari in talune masserie delle contrade, Raieta, Cicio, Casale, Nicolosi, Bifarera, Drago e Rocche di Ban, le appresse indicate autovetture, oltre ad alcune campagnole, con carabinieri in abiti civili, furono sguinzagliate sulle tracce del personale operante della P.S., soffermandosi a fari spenti nelle immediate vicinanze dei luoghi delle operazioni:(segue elenco di nove autovetture private – modello, colore e numero targa – di proprietà di altrettanti carabinieri – n.d.a).

Sin dal mattino del 1° aprile in Corleone, all’ingresso ed all’uscita del paese, l’Arma istituiva degli inconsueti posti di blocco con il preciso compito di avvistare e segnalare i movimenti dei dipendenti del Commissariato, l’arrivo di rinforzi, di sorvegliare le autovetture della P.S. con targa civile, le quali ultime, venivano più volte fermate per il controllo. L’ingresso del commissariato, inoltre, veniva permanentemente sorvegliato da gruppi di carabinieri in abiti civili, che stazionavano nelle immediate vicinanze a bordo di autovetture con targa civile e controllavano tutte le persone che si recavano nell’ufficio di P.S. Quindi, fra queste, quelle che venivano ritenute in grado di fornire utili notizie per la cattura dei noti latitanti, venivano invitate alla caserma dei carabinieri e minacciate di dover fornire all’Arma, invece che al Commissariato, le notizie di cui fossero in possesso. Alcune di esse ritornate in Commissariato riferivano i fatti, e pregavano di non essere più invitate per timore di essere incluse in un rapporto di denuncia per associazione per delinquere ad opera dell’Arma. Altri invece per incontrarsi con i funzionari di P. S., chiedevano per interposta persona, appuntamenti notturni in luoghi nascosti o in trazzere non battute.

La conseguenza di questa sleale attività dell’Arma è stata la rarefazione dei confidenti di cui il commissariato poteva disporre, la diminuzione di notizie, tenuto conto che la popolazione in genere e finanche taluni professionisti, temevano di essere osservati mentre si recavano nell’ufficio di P. S:, o si trattenevano per strada con qualche funzionario e, quindi subire le minacce di rappresaglie annunziate dall’Arma.

Questi strani servizi svolti palesemente dall’Arma, suscitavano ridicoli commenti da parte della popolazione locale, che sarcasticamente commentava che ogni funzionario di P. S, aveva maggiore scorta di quanta avrebbe potuto averne il Presidente della Repubblica.

Dalla relazione del 29 maggio 1965 del questore di Palermo Inturrisi al capo della Polizia Vicari.

Chiarissima Eccellenza,

ritengo doveroso riferire sull’azione finora svolta per la cattura dei latitanti dal vice questore Mangano, su mie direttive e con la cooperazione dei funzionari della Divisione Criminale del Ministero e dei funzionari e personale della Questura di Palermo e del Commissariato di P. S. di Corleone (…).

Con l’arrivo del dott. Mangano è stato impresso un nuovo slancio all’azione di polizia nel corleonese(…). Nel corso di complesse indagini, fonti confidenziali attendibilissime ed insistenti riferivano che Provenzano Bernardo, catturando per triplice omicidio ed altro si trovava in Italia settentrionale e forse all’estero, presumibilmente in Germania, ove abitano due fratelli ed un cognato, emigrati per motivi di lavoro. Le stesse fonti affermavano che alcuni mesi addietro, il Provenzano aveva ottenuto la liquidazione della sua quota parte di proprietà di un’azienda armentizia, e che successivamente si era trasferito clandestinamente all’estero o a Venaria Reale (Torino), ove esiste un numeroso gruppo di corleonesi e dove negli anni passati il Provenzano aveva trovato occupazione(…).

(segue un corposo elenco che illustra altre importanti indagini di Polizia)…

(…)Una tale energica azione non ha mancato di avere ripercussioni, al di là del prevedibile, nell’ambiente dell’Arma, che intensificando battute, rastrellamenti, ha ripreso indagini da tempo tralasciate(…). Per altro verso, i Comandi Carabinieri dipendenti dal (…) hanno tentato di inserirsi nella fase investigativa condotta dal dott. Mangano e dai funzionari di
I successi attuati ed i possibili brillanti risultati hanno creato (…) una vera e propria psicosi del successo della P. S., che si è manifestata anche nei tentativi di influenzare negativamente ed attraverso dati inesatti lo stesso Procuratore Generale della Repubblica.

Il 19 corrente ho conferito con S. E. Garofalo, alla presenza dell’avv. Generale Mistretta, del Procuratore della Repubblica Scaglione e del colonnello CC Missori.

Il Procuratore Generale ha asserito di non essere disposto a tollerare l’attuale situazione e, che perdurando, provocherà un’inchiesta per i provvedimenti a carico degli Ufficiali di polizia giudiziaria responsabili della situazione
di tensione…Per ultimo non sono mancate da parte del (ufficiale dell’Arma che si levò in volo con l’elicottero n.d.a.) e di altri ufficiali pressioni per far incriminare l’azione del dott.Mangano.

Nel frattempo l’ufficiale dell’Arma che si levò in volo con l’elicottero, fonte di molti contrasti tra Carabinieri e Polizia venne “promosso. Nuova destinazione Roma. Si chiamava tenente colonnello Ignazio Milillo, era il comandante del Gruppo Esterno di Palermo, aveva una figlia femmina e due maschi, che entrambi hanno seguito (in tutti i sensi) le orme paterne. La femmina, Nives, pochi anni dopo sarebbe stata assunta alle esattorie dei cugini Salvo, ed è citata nel volume 23 dell’ordinanza di rinvio a giudizio del Maxiprocesso per avere trascorso Natale e Capodanno 1982-83 in un noto albergo dei cugini, insieme al suo fidanzato , uomo d’onore della famiglia di Corso dei Mille, la più sanguinaria, ed a Stefano Calzetta, uno dei pentiti più attendibili, il quale racconta anche di quella volta che accompagnò il fidanzato di Nives fin sotto casa di un’altra impiegata delle Esattorie, a cui entrambi tagliarono le quattro gomme della macchina, perché imparasse “a non mancare più di rispetto alla signorina Nives. Oggi è la segretaria della fondazione per la legalità intitolata a suo padre, che organizza seminari ospitati dal Comando Generale dell’Arma. Di recente Leoluca Orlando Cascio ha voluto intitolare al Milillo l’area verde antistante la Legione di Palermo, il cui comandante, Riccardo Galletta, “ha voluto ricordare il legame che da sempre unisce i Carabinieri alla città di Palermo e la figura del Generale Milillo, esempio per tutti i carabinieri presenti sull’isola. Ora sapete perché sull’isola io mi fido solo della Polizia di

Stato.

Tratto da: themisemetis.com

fonte:www.antimafiaduemila.com