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Mafia Capitale, Salvatore Buzzi “pagava” gli stipendi del Pd con i soldi delle coop

Corriere della sera
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PD

Parte degli stipendi del Pd romano sarebbero stati pagati da Salvatore Buzzi attraverso i soldi delle cooperative. È quanto emerge dall’inchiesta Mafia capitale, come riporta un articolo pubblicato sul “Corriere della sera”.

Una parte degli stipendi dei dipendenti del Partito democratico di settembre 2014 sarebbero stati pagati con i soldi di Salvatore Buzzi. È l’ultima clamorosa circostanza emersa dagli atti dell’inchiesta dei magistrati romani affidata ai carabinieri del Ros sugli affari gestiti dal gruppo guidato dallo stesso Buzzi e da Massimo Carminati. Fra l’imprenditore delle cooperative sociali e il Pd il rapporto aveva già compiuto un salto di qualità. E questo consentì al «cassiere» Carlo Cotticelli di chiedere un versamento di almeno 6-7 mila euro per provare a colmare il «buco» nelle casse. Non è l’unico. Nuove indagini sono in corso anche sul capogruppo del Pd alla Regione Lazio, Marco Vincenzi, indicato come il «tramite» per ottenere lo sblocco dei fondi più consistente da dirottare verso il Campidoglio, in particolare per questi Dipartimenti dove c’erano funzionari a libro paga. I magistrati stanno verificando la fondatezza delle accuse contenute in alcune conversazioni intercettate, compresa quella durante la quale Buzzi afferma: «Il prefetto Pecoraro è corrotto! Ha preso un milione di euro da Cerroni lo tiene per le palle, e lui stava nella cordata con la Polverini per i napoletani…». Il riferimento è al proprietario della discarica di Malagrotta, Manlio Cerroni, che l’ex prefetto di Roma ribadisce però di aver sempre osteggiato: «È solo fango, contro Cerroni ho emesso una interdittiva. E sono stato tra i primi a ostacolare il suo monopolio».

È il 9 settembre scorso, Buzzi parla con i suoi collaboratori di un incontro con Lionello Cosentino, all’epoca segretario del Pd romano, e poi «fa riferimento alla richiesta di 6-7.000 euro avanzata da Cotticelli e alla consuetudine sistematica del “primo di ogni mese” di pagare stipendi a pubblici ufficiali». L’incontro è documentato dalle «cimici» degli investigatori che annotano: «Cotticelli spiegava che erano in estrema difficoltà, in quanto non erano riusciti a pagare gli stipendi di agosto e non sapevano cosa fare, quindi chiedeva a Buzzi se poteva aiutarli. Buzzi dava il suo assenso dicendo che avrebbe fatto un assegno, poi chiedeva a Cotticelli che tipo di ricevuta gli avrebbe lasciato, al che quest’ultimo rispondeva: “Ti lascio una ricevuta come Partito democratico di Roma”. Buzzi gli spiegava che la ricevuta serviva per metterla in contabilità, quindi dava disposizione di elargire subito l’importo richiesto da Cotticelli. Poi disponeva la compilazione di un assegno di 7.000 euro, tratto da un conto della “29 giugno” intestato a “Pd di Roma”».

Durante un interrogatorio dei pm, a proposito del campo profughi di Mineo, in Sicilia, Buzzi si ferma e dice:

«Su Mineo casca il governo», accenna. Adesso è il pm Giuseppe Cascini a bloccarlo: «Queste sono frasi inutili. Noi facciamo un altro mestiere». Buzzi insiste: «Si metta nella mia posizione». A questo punto interviene il procuratore aggiunto Michele Prestipino: «No guardi, io non ci penso minimamente…». Buzzi indica il registratore: «Io potrei, cioè… se possiamo spegnere». I pm Cascini non ci pensa nemmeno: «È vietato dalla legge. Forse lei non ci crederà ma ancora in questo Paese c’è qualcuno che segue le regole». Buzzi insiste: «Se lo può spegnere un secondo parliamo…». «No! Non si può». E la deposizione, un po’ a fatica, ricomincia.