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MAFIOSFERA| Processi alla ‘ndrangheta? All’estero non si può (o quasi)

MAFIOSFERA| Processi alla ‘ndrangheta? All’estero non si può (o quasi)

L’ordinamento giuridico dei paesi stranieri rende spesso complesso portare a giudizio la criminalità calabrese fuori dall’Italia. Due casi recenti in Canada e Germania sembrano invertire la rotta. Ma resta un problema nell’approccio alle “mafie migranti”

Anna Sergi

19 Febbraio 2023

Nel novembre del 2022, in Germania, il Tribunale di Costanza ha emesso una sentenza di condanna nei confronti di Salvatore Giorgi (33 anni) di origini calabresi, cameriere in un ristorante di Überlingen, sul Lago di Costanza. Il tribunale, la cui sentenza è divenuta definitiva questa settimana, ha giudicato Giorgi colpevole di traffico di droga e riciclaggio di denaro e lo ha condannato a un totale di tre anni e sei mesi di carcere (poi ridotta in appello a due anni e cinque mesi).

Come hanno ricostruito i giornalisti di MDR, la cosa notevole di questa sentenza è che Giorgi ha subito la condanna anche per aver sostenuto un’organizzazione criminale straniera. Quale? La ‘ndrangheta.

La prima condanna “ufficiale” per ‘ndrangheta

Secondo la ricostruzione di MDR, questa è la prima volta che la Germania giudica la ‘ndrangheta in modo ufficiale in un tribunale. Il paragrafo 129 del Codice Penale tedesco – reato di formazione di un’associazione a delinquere – è stato riformato nel 2017 per facilitare il lavoro delle forze dell’ordine. Ma, come riportato sempre da MDR, le condanne sono ancora molto poche.

Il paragrafo 129 recita, tra le altre cose:

«Chiunque costituisca un’organizzazione o partecipi in qualità di membro a un’organizzazione i cui obiettivi o attività siano finalizzati alla commissione di reati punibili con una pena detentiva massima di almeno due anni incorre in una pena detentiva non superiore a cinque anni o in una multa. Chiunque sostenga tale organizzazione o recluti membri o sostenitori per tale organizzazione incorre in una pena detentiva per un periodo non superiore a tre anni o in una multa».

La norma successiva, 129b, precisa che il paragrafo 129 si applica anche a organizzazioni criminali transnazionali e/o straniere.

Il primato di Giorgi

Ecco dunque che Salvatore Giorgi, condannato per reati di stupefacenti, risulta anche condannato – sebbene poco cambi per la sentenza in sé – per favoreggiamento della ‘ndrangheta, per aver sostenuto e supportato la mafia calabrese. La ‘ndrangheta è tutt’altro che sconosciuta in Germania anche a livello giudiziario: ricordiamo che nell’ottobre del 2020, in seguito agli arresti incrociati a livello europeo nell’operazione European ‘Ndrangheta Connection, conosciuta anche come Pollino, è iniziato a Düsseldorf in Germania, un processo contro 14 imputati principalmente per traffico di droga in cui si contestano, tra le altre cose, la partecipazione diretta all’associazione calabrese e suo favoreggiamento. Ma questa condanna a Giorgi è arrivata prima, per un procedimento separato, del 2021, in seguito all’operazione Platinum-Dia, sempre tra Italia e Germania, col supporto di Europol e Eurojust.

Ristoranti, cocaina e omertà

La sentenza tedesca ricostruisce l’organigramma dell’organizzazione criminale di San Luca a cui appartiene Salvatore Giorgi, e in particolare il clan Boviciani, noto per il particolare interesse nel traffico di cocaina, oltre che per il radicamento in Germania. Ricostruisce MDR come Salvatore Giorgi lavorasse come cameriere a Überlingen in un ristorante situato direttamente sul lungolago turistico. Gli investigatori considerano questo ristorante e altri due a Baden-Baden e a Radolfzell come appartenenti al gruppo.

Giorgi era anche stato il direttore della società che gestiva il ristorante sul lago di Costanza. Il tribunale, dunque, ritiene che Giorgi abbia sostenuto il gruppo criminale di San Luca nella sua attività relativa ai narcotici. L’associazione ‘ndranghetistica di San Luca viene descritta nei ruoli dei suoi membri. Scrivono i giornalisti Margherita BettoniAxel Hemmerling Ludwig Kendzia, per MDR: «Si parla di una cassa comune di circa cinque milioni di euro; si parla del voto di silenzio tipico della mafia, l’omertà». La ‘ndrangheta, e il clan Giorgi che ne fa parte, diventano per il tribunale l’organizzazione criminale straniera sottostante a una serie di altri reati.

Canada e ‘ndrangheta

Se questa è la prima volta che la Germania riconosce la ‘ndrangheta come organizzazione criminale straniera ai fini di una condanna penale, non è la prima volta che ciò accade all’estero. E febbraio è il mese fortunato.
Il 28 febbraio 2019,
 la Corte Suprema dell’Ontario condannava Giuseppe Ursino (11 anni e mezzo) e Cosmin Dracea (10 anni) per reati di criminalità organizzata, incluso il traffico di stupefacenti. Tra le altre cose, si imputava ai due di aver trafficato cocaina «a beneficio di, sotto la direzione di, o in associazione con, un’organizzazione criminale, vale a dire la ‘Ndrangheta, commettendo così un reato contrario alla sezione 467.12 del Codice penale».

In questo caso la norma riguarda un “reato commesso per conto di un’organizzazione criminale” e recita, al comma 1:
«Chiunque commetta un reato perseguibile d’ufficio ai sensi della presente o di qualsiasi altra Legge del Parlamento 
a beneficio di un’organizzazione criminale, sotto la sua direzione o in associazione con essa, è colpevole di un reato perseguibile d’ufficio e passibile di reclusione per un periodo non superiore a quattordici anni».

Boss in pensione

Soprattutto, «In un’azione penale per un reato ai sensi del comma 1, non è necessario che l’accusa dimostri che l’imputato conosceva l’identità delle persone che costituiscono l’organizzazione criminale». Questa sentenza descrive la struttura e le attività della ‘ndrangheta grazie ad informazioni fornite da un ufficiale dei Carabinieri dall’Italia. Si descrivono le operazioni di questa mafia nella sua versione canadese, e soprattutto la Corona ha sostenuto che Giuseppe Ursino non solo era un membro della ‘ndrangheta, ma era un “boss” locale. Ciò si basava in modo significativo su conversazioni registrate con l’agente di polizia. Giuseppe Ursino ha negato in sede di testimonianza di essere un membro della ‘Ndrangheta e tanto meno un “boss”. Nella sua testimonianza ha ammesso di essersi riferito a se stesso come tale, ma ha detto che si stava vantando solo per provocare l’agente di polizia.

Ursino, originario di Gioiosa Ionica, emigrò in Canada a 18 anni nel 1971. I familiari lo descrivono davanti alla corte come «un marito, un padre e un nonno di buon cuore, premuroso e gentile». Questo, però, non gli impedirà di essere considerato un membro apicale della ‘ndranghetaNon aveva precedenti penali ed era stato titolare di un’attività di distribuzione di prodotti alimentari a ristoranti e sale per eventi, ma al 2019 era in pensione da due anni. Invece i giudici non hanno considerato l’altro imputato, Dracea, un membro dell’organizzazione mafiosa nonostante della sua attività avesse comunque beneficiato la ‘ndrangheta anche perché sapeva chi era Ursino e che ruolo aveva.

Ndrangheta all’estero: sempre e solo calabrese?

Due paesi, due sentenze, due normative simili ma non uguali, e sicuramente diverse dalla normativa italiana. Rimane chiaro che laddove sembri ormai fattibile riconoscere la ‘ndrangheta all’estero come “organizzazione criminale straniera” – in Germania, come in Canada – l’appartenenza alla ‘ndrangheta come organizzazione radicata altrove non è ancora realtà. La criminalizzazione della ‘ndrangheta come organizzazione criminale tedesca o canadese, per capirci, non è ancora realtà. La ‘ndrangheta a processo all’estero rimane calabrese e all’estero per ora si punisce solo chi commette reati in supporto agli ‘ndranghetisti calabresi.

Se questo è un enorme passo avanti – soprattutto in paesi che hanno uno storico problema di mafia italiana sul loro territorio – denota ancora un’alienazione- alterità del problema – vale a dire, un riconoscimento del problema mafioso come ‘altro’, ‘straniero’ rispetto alla realtà locale. La ‘ndrangheta in Canada e in Germania – per quanto concerne queste sentenze soprattutto – rimane una questione di importazione criminale e non – come invece dimostra la ricerca – un fenomeno altamente legato ai contesti locali. Certo, la ‘ndrangheta è calabrese – ma in Canada è anche canadese, con dei connotati locali, e lo stesso in Germania -e non sempre si manifesta solo come criminalità di supporto.

L’Italia nelle indagini sulla ‘ndrangheta all’estero

L’alienazione-alterità giuridica del fenomeno porta a delle difficoltà procedurali, soprattutto quando c’è di mezzo la cooperazione internazionale. Per esempio, in Canada, un’indagine su un presunto ‘ndranghetista – Jimmy DeMaria – rischia di andare a rotoli. Il governo canadese vuole espellere DeMaria sulla base di registrazioni ottenute da intercettazioni telefoniche condotte dalla polizia italiana, sostenendo che le registrazioni provano la sua associazione alla ‘ndrangheta. Ma l’avvocato di DeMaria sostiene che queste sono state ottenute illegalmente – perché effettuate su territorio canadese dalle autorità italiane.

Infatti, fornire le prove dell’associazione alla ‘ndrangheta rimane spesso una faccenda ‘delegata’ all’Italia e non sempre riconosciuta all’estero. In alcuni casi questo porta all’incomunicabilità tra i sistemi giuridici: si pensi al caso della Svizzera che, in seguito ad operazione Helvetia portò a processo alcuni individui che si ‘dichiaravano’ ‘ndranghetisti, parlavano di rituali e anche di estorsione. Li hanno assolti perché non basta raccontarsi mafiosi, se non lo si fa in pratica. Costoro in Svizzera non commettevano reati identificabili come ‘crimine organizzato in supporto della ‘ndrangheta’ dunque il loro essere o dichiararsi ‘ndrangheta non serviva a molto, giuridicamente.

Paese che vai, ‘ndrangheta che trovi

Questo per concludere: ottimo il passo avanti della Germania e in bocca al lupo al Canada nelle loro lotte contro la ‘ndrangheta -o, meglio, le ‘ndranghete – all’estero. Ma il fenomeno mafioso all’estero non è sempre e solo ‘straniero’; la ‘ndrangheta non è solo quello che in Italia chiamiamo ‘ndrangheta. Bisogna che i sistemi giuridici internazionali introiettino la propria ‘ndrangheta, o mafia che sia, senza soltanto ‘trasferire’ conoscenza e aspettative dall’Italia.
Serve che in altri paesi si capiscano – oltre alle ramificazioni transnazionali – le evoluzioni locali delle mafie, di varia origine. E, soprattutto, i comportamenti mafiosi “migranti” – che saranno parzialmente diversi, e storicamente differenti, in Germania come in Canada. La ricerca già lo fa. In questo senso, ha successo il modello statunitense che ‘legge’ il fenomeno mafioso – siciliano, calabrese, americano, svedese (se esistesse) non importa – come comportamento di “corrupt enterprise” (impresa corrotta) lesivo dell’economia e della politica locale, in seguito a comportamenti penalmente rilevanti per il sistema nazionale. Ma questa è un’altra storia.

Fonte:https://icalabresi.it/rubriche/ndrangheta-estero-ma-e-davvero-un-problema-solo-calabrese/