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MAFIOSFERA| ‘Ndrangheta international: l’anno che verrà

Ci sono almeno cinque elementi da considerare nel 2023, ognuno dei quali può cambiare la mafia calabrese, fermarne quanto agevolarne gli affari e il potere locale e internazionale

Anna Sergi

5 Gennaio 2023

Caro ‘ndranghetista ti scrivo, ma da distrarsi c’è molto poco.
Nella generalizzata incapacità analitica che caratterizza gli organi di potere e alcuni organi di stampa, italiani e non, non sorprende che a fare presagi sull’anno che verrà, quando si tratta di criminalità organizzata, ci si confonda soltanto.
Da una parte, è ormai consolidata una retorica per cui certa parte della criminalità organizzata – primariamente la ‘ndrangheta calabrese – onnipresente e onnivora, sia praticamente indomabile. E, dunque, a che serve fare pronostici?

Dall’altra, la difficoltà a mettere ordine tra dati, tendenze e orientamenti occasionali di mercati illeciti, che dipendono da tante variabili sovrapposte e sovrapponibili, chiama in causa i ricercatori. Che, si sa, non comunicano sempre molto bene o non sono chiamati a farlo da chi poi si occuperà di comunicazione o politiche di massa. E, dunque, come ci si può districare tra i mille dati, spesso contraddittori?

Cinque elementi da considerare nel 2023

Il mondo cambia poi troppo velocemente, tra pandemie, guerre, nuovi e vecchi volti della politica mondiale. E i fenomeni sociali sono un po’ come le funzioni matematiche: una scatola che collega vari elementi, in dipendenza tra loro. Se aumentano gli elementi in campo, i fenomeni sociali – sì, anche la mafia – si atteggeranno e si manifesteranno diversamente. Ma questo non ci esime, al volgere del nuovo anno, dal guardare al futuro. E, una volta tirate le somme di quello appena trascorso, da quelle somme immaginare l’anno che verrà.

L’anno che verrà per la ‘ndrangheta è un anno schizofrenico. Come schizofrenica è la realtà che circonda clan, favoreggiatori, e tutta la popolazione che sta intorno ai clan – sia in supporto che in contrasto. Ci sono però almeno cinque elementi da considerare nel 2023, ognuno dei quali può cambiare la mafia calabrese, fermarne quanto agevolarne gli affari e il potere locale e internazionale.

Il mercato della cocaina cambia

Primo fra tutti, il mercato della cocaina che in questi ultimi anni – tendenza assolutamente confermata nel corso del 2022 – è sicuramente cresciuto. Cresciuta la produzione nei paesi dell’America Latina – fino a oltre 4 volte in più rispetto a cinque anni fa – e cresciuta l’importazione e il consumo in Europa. Riporta l’EMCDDA (European Monitoring Centre for Drugs and Drugs Addiction) di come siano aumentate le confische nei porti europei. E come, secondo i dati di Europol, oltre il 40% dei gruppi criminali attivi in Europa si occupi di narcotraffico, in cui la cocaina è regina. Sono tante le rotte della cocaina e ancora di più gli snodi per la distribuzione.

I trend del mercato della cocaina portano a un incremento degli attori criminali e a quella che in principio era apparsa come una frammentazione del mercato, ma che, guardando meglio, ha anche dei tratti di segmentazione. Più attori si occupano di momenti diversi nel mercato in questione (produzione, importazione, traffico, distribuzione) ma al contempo esistono più attori in generale che si occupano di quello stesso nodo. In altre parole, laddove per anni (decenni?) si è raccontata una ‘ndrangheta (indistinta) leader incontrastata nel mercato della cocaina, questa leadership è oggi sicuramente condivisa con altri gruppi criminali in Europa come nel mondo. E, soprattutto, più che una leadership si tratta di una compartecipazione con sodalizi multi-etnici e transfrontalieri.

Ciò non significa meno soldi per i clan, ma meno potere di influenzare questo mercato criminale rispetto a quello che spesso si racconta. L’anno che verrà testerà i clan di ‘ndrangheta attivi nel mercato della cocaina. Quelli capaci di adattarsi a partnership composite e caratterizzate da cambiamenti repentini riusciranno a mantenere i profitti e margini di manovra. Altri invece, se arrancheranno in questi sodalizi, dovranno pensare a piani B.

Classici intramontabili

Da non sottovalutare poi, in seconda battuta, il cambiamento che nuove partnership e sodalizi di diversa natura, origine e destinazione, possono poi portare per i vari clan mafiosi calabresi. A caratterizzare l’anno che verrà sarà una diversificazione interna alle ‘ndrine. Aspettiamoci i gruppi criminali storici, dalla Piana all’Aspromonte, impegnati a mantenere il proprio potere locale ‘chiudendosi’ nelle loro pratiche storicamente vincenti, dalle estorsioni all’assistenza locale o anche alla ‘beneficienza’ mafiosa. Questo potere locale non sempre direttamente collegato al potere affaristico internazionale, ma indirettamente a esso propedeutico, permetterà la sopravvivenza e il superamento delle ‘intemperie’ portate dal mutamento dei mercati criminali e dall’attività delle forze dell’ordine.

Il brand ‘ndrangheta

Aspettiamoci però anche clan più ‘spuri’, nuovi o di nuova ‘gestione’ che si attaccheranno al brand ‘ndrangheta perché conviene, ma che della ‘ndrangheta non sempre avranno pedigree, (finti) onori e disonori. Lo abbiamo visto nel 2022. E lo vedremo molto probabilmente nel 2023: clan dai cognomi (calabresi) semi-sconosciuti, impegnati in attività locali, che cercano (e spesso ottengono) di ‘diventare’ ‘ndrangheta in Calabria come altrove, per fare salti di qualità possibili solo con un brand forte. Questi ultimi piacciono tanto a certi media o a forze dell’ordine poco avvezzi a farsi domande sul “controllo qualità” nel crimine organizzato mafioso.

Tradizione e innovazione

Nuovi e vecchi mercati, recenti e soliti attori, altro non sono che la conferma della tendenza numero tre, che esiste da sempre nella mafia calabrese (e non solo): la tensione tra tradizione e innovazione. Le nuove generazioni di ‘ndranghetisti – proprio come le nuove generazioni di non ‘ndranghetisti in Calabria – alternano consuetudini e mutamento. Il passato, la memoria, la reputazione e la storia dei clan sono parte della pedagogia della mafia e del suo potere sul territorio.

Ma il business, il denaro, i cambiamenti tecnologici, richiedono menti abili a gestire il cambiamento, a usare telefoni criptati (pensiamo a Encrochat, SKYECC, AN0M) quanto a parlare le lingue, a ‘leggere’ la realtà dei mercati, a sapersi godere la vita senza dare nell’occhio nell’era dei social. Insomma, l’anno che verrà testerà le famiglie di ‘ndrangheta come tante altre famiglie: sapranno i figli fare meglio dei padri, e allo stesso tempo con altrettanto successo?

La cooperazione internazionale

Da ultimo, da non sottovalutare sono altre due tendenze che riguardano il mondo dell’antimafia e del contrasto ai traffici illeciti internazionali. Sicuramente il mondo della cooperazione internazionale ha recentemente messo la ‘ndrangheta al centro come forse si era fatto in passato solo con cosa nostra tra Sicilia e Stati Uniti e con altri clan, come il cartello di Cali in Colombia. Interpol con la sua unità I-CAN (Interpol Coordination Against the ‘Ndrangheta) colleziona arresti eccellenti, come Rocco Morabito, e operazione transfrontaliere antidroga e antiriciclaggio, come quella che ha portato all’arresto di tre donne polacche accusate di aver facilitato clan mafiosi nell’est Europa nel dicembre scorso.

Europol non è da meno, con operazioni imponenti, coordinate spesso con Eurojust, la procura europea, della portata di Petrolmafie, nel 2021, ma anche indagini nazionali, specialmente quando si tratta di grosse quantità di stupefacente, come nel caso di oltre 4 tonnellate di cocaina a Gioia Tauro nell’ottobre 2022.

Se da una parte questa è cosa buona e giusta, non sempre è fonte di salvezza: l’elevazione della ‘ndrangheta a minaccia globale porta anche con sé il germe dell’incomprensione del fenomeno tra media e autorità estere e del suo conseguente ‘annacquamento’ su scala globale. Si perdono di vista le specificità dei clan e si favorisce un discorso generico e di facile consumo.
Nell’anno che verrà ci si può aspettare sia l’aumento dell’incomprensione che dell’annacquamento su scala transnazionale, ma anche una maggiore capacità delle forze dell’ordine di raggiungere capitali e latinanti in giro per il mondo, e di coordinare risposte di contrasto.

Mafie e Governo Meloni

Last but not least, come si dice, ultimo ma non per importanza, si deve fare riferimento alla schizofrenia nazionale in tema di contrasto alla mafia, a firma del governo Meloni (e in parziale continuità con altri governi precedenti). Alzare il tetto del contante da un lato, il condono del reato di evasione fiscale dall’altro (della serie se lo stato scopre che non paghi le tassi te le fa pagare ma ti condona il reato), l’auspicato e temuto programma di limitazione delle intercettazioni e dell’abolizione dei reati di abuso d’ufficio e traffico di influenze illecite, nonché la riforma delle prescrizioni in materia di reati contro la pubblica amministrazione, sono tutti punti in agenda di questo governo che nel 2023 rischiano di tradursi in politiche di matrice regressiva sul fronte della lotta alla mafia e alla corruzione, e che facilitano l’illegalità e l’informalità degli scambi illeciti.

Se da una parte la legge di bilancio e i provvedimenti annunciati accrescono le disuguaglianze sociali e portano solo più pressione proprio in quelle aree del paese che di più hanno bisogno di politiche di sviluppo, leuropeismo di facciata del governo Meloni non aiuterà a combattere quella tendenza che è al cuore della mafia, e soprattutto della mafia calabrese, e cioè lo sfruttamento dei canali dell’economia legale, nazionale e non, per ripulirsi dalla sporcizia dei reati di droga e di estorsione.

Repressione e voti

In altre parole, è conveniente e populisticamente efficace iniziare il 2023 dicendo che la ‘ndrangheta è potenza europea e internazionale, e dunque ha bisogno di una risposta efficace in Italia e di cooperazione con tutti i paesi dell’Unione e oltre. Aiuta a creare paura questa retorica, nutrita di orgoglio in negativo per la mafia più potente del mondo; questo, in seguito, aiuterà ad attirare voti in favore della repressione. Ma se poi in pratica si vanno a indebolire proprio quegli strumenti nazionali che permettono di intercettare la crescita economica di quei clan che hanno la fortuna di avere successo nei mercati illegali mondiali, ecco che allora l’anno che verrà in fondo per questa mafia così drammatico – almeno in casa – potrebbe non essere.

Di certo, l’anno che sta arrivando tra un anno passerà, e quelli che oggi sono solo tendenze e pronostici potranno essere dati più o meno riscontrati o smentiti dai fatti. Ma c’è poco da rilassarsi.

fonte:https://icalabresi.it/rubriche/ndrangheta-anno-che-verra-5-cose-tenere-docchio-2023/