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MAFIOSFERA | Australia, la grande isola dell’arcipelago ‘ndrangheta

Miliardi che viaggiano tra Platì e Melbourne, i “castelli d’erba” dei Barbaro, l’ecstasy e la coca nei barattoli di pelati, i delitti ancora irrisolti. C’è un filo diretto tra la Calabria e Down Under che fa della criminalità d’oltreoceano un unicum al mondo

Anna Sergi

2 Aprile 2023

Ci sono due storie della ‘ndrangheta in Australia. Una la conoscono quasi tutti ormai. È la storia della più potente mafia d’Italia che, soprattutto dagli anni ’90 in poi, ha fatto fortuna in giro per il mondo grazie a un florido mercato degli stupefacenti e a una resilienza dovuta alla capacità di adattarsi ai cambiamenti, di allearsi con vari altri gruppi criminali. E, ovviamente, di mimetizzarsi all’interno della società civile che viene sia vittimizzata sia inesorabilmente manipolata dalla presenza di capitali e di interessi mafiosi sui vari territori.

L’Australia e l’arcipelago ‘ndrangheta

È una storia in cui la magistratura e la società civile hanno registrato importanti passi in avanti soprattutto dalla fine degli anni 2000, gli anni ruggenti delle operazioni Crimine a Reggio Calabria e Infinito a Milano. Sono gli anni di processi che finalmente arrivano a compiere quello che si tentava di portare a compimento da anni: dichiarare e riconoscere la ‘ndrangheta come un’organizzazione criminale unitaria e con propaggini fuori dalla Calabriaincluso il Nord Italia, ma anche l’estero, CanadaGermaniaSvizzera e anche Australia.

Sicuramente molto si sapeva già, prima di Crimine-Infinito, soprattutto perché altre indagini – principalmente, ma non soltanto quelle di droga (pensiamo alle operazioni Decollo nei primi anni 2000) – avevano già visto i clan calabresi protagonisti del narcotraffico. Eppure, con Crimine-Infinito si arriverà, nel 2016, a una conferma che servirà per il futuro: la ‘ndrangheta ha una struttura unitaria, per quanto i clan mantengano una propria indiscussa autonomia criminale. L’arcipelago ‘ndrangheta è fatto di tante isole, a nome collettivo e a interesse e brand comune.

L’unione fa la forza

Da allora, il ‘marchio’ ‘ndrangheta è soltanto cresciuto. Fino ad arrivare al 2023 a un consenso generale, non solo in Italia, sulla pervasività della mafia calabrese tanto nel mercato globale di cocaina e altri stupefacenti, quanto anche nell’economia legale. Il progetto I-CAN, Interpol Coordination Against the ‘Ndrangheta, nato nel 2020, guidato dall’Italia e composto per ora da 14 paesi, si prefigge proprio un tipo di azione globale che si confa a una minaccia considerata, appunto, globale.

Si legge sul sito di I-CAN: «L’insidiosa diffusione della criminalità di tipo mafioso rappresenta una minaccia unica e urgente, poiché i forti legami familiari e le pratiche politiche e commerciali corrotte le consentono di penetrare in tutti i settori della vita economica.
Spinta dal potere e dall’influenza, la ‘Ndrangheta è coinvolta in un’ampia gamma di attività criminali, dal traffico di droga e riciclaggio di denaro, all’estorsione e alla manipolazione degli appalti pubblici. Questi enormi profitti illegali vengono poi reinvestiti in attività commerciali regolari, rafforzando ulteriormente la presa dell’organizzazione e inquinando l’economia legale».

Il Barbaro di Melbourne

L’Australia è partner del progetto I-CAN. Ciò conferma che non solo la ‘ndrangheta ha una presenza globale molto lontana da casa, ma anche che il fenomeno ‘viaggia’ a diverse latitudini e prende forme diverse, seppur riconoscibili.
Mentre si portavano avanti gli arresti per 
Crimine-Infinito il 13 luglio 2010, a compimento di due anni di indagine, a Melbourne una corte stava occupandosi di un soggetto, Pasquale Barbaro, arrestato un paio di anni prima all’interno di Operazione Inca, guidata dalla Polizia Federale Australiana (AFP). Avrebbe deciso, nel dicembre del 2010, che Barbaro era a rischio di fuga e di recidiva, pertanto bisognava respingere la sua richiesta di uscita su cauzione.

Barbaro, cittadino australiano, doveva rispondere a una serie di accuse per attività di importazione, traffico e distribuzione di MDMA e cocaina insieme ad altri, nonché riciclaggio di denaro, il tutto tra il 2007 e il 2008. Si trattava di quella che è diventata famosa come la Tomato Tin Importation, in quanto lo stupefacente, 4.4 tonnellate di MDMA e 160 kili di cocaina, arrivarono a Melbourne dall’Italia in barattoli di pelati. Quelli della Tomato Tin Importation erano poco più di una decina di uomini, in parte di discendenza italo-calabrese (come, ad esempio, Francesco Madaffari, Saverio Zirilli e Carmelo Falanga) di cui Barbaro era il capo. In quell’occasione la polizia federale riuscì non solo a confiscare la quantità imponente di stupefacente, ma a monitorare la reazione del gruppo criminale così da poter procedere ad arresti e confische.

L’Onorata Società e il delitto MacKay

A prima vista questa vicenda sembra confermare la prima storia della ‘ndrangheta, la minaccia globale, l’organizzazione unitaria leader nel mercato degli stupefacenti nel mondo. Ma questa è invece la seconda storia della ‘ndrangheta in Australia, l’Onorata Società. E riguarda un gruppo di famiglie – dinastie criminali le dobbiamo chiamare – che dall’Aspromonte è emigrata in Australia dagli anni ’50 in poi.
Pasquale ‘Pat’ Barbaro, infatti, è uno dei golden boys dell’Onorata Società australiana; figlio di 
Frank ‘Little Trees’ Barbaro (a sua volta fratello di Rosario, Rosi, Barbaro, storico capobastone di Platì), Pat ha un accento australiano e un network di associati multietnico. Ma ha un cognome che pesa in Australia, risultato di una reputazione criminale costruita negli anni ’70 e ’80 per questioni che con la ‘ndrangheta di oggi, quella globale, c’entrano indirettamente (seppur ovviamente avendo tanto in comune).

È la storia, questa, raccontata, da una commissione d’inchiesta sul narcotraffico nello stato del Nuovo Galles del Sud, la Woodward Commission, che dal 1979 al 1981 scandagliò il mercato degli stupefacenti nello stato australiano in seguito all’omicidio del politico e attivista Donald Bruce MacKay nella cittadina di Griffith.
La Commissione Woodward, in sei volumi fitti di informazioni, audizioni, acquisizioni di prove da varie fonti, parla di 
un gruppo criminale, con a capo uomini delle famiglie Sergi, Barbaro e Trimboli – tutti originari di Platì – dedite alla coltivazione e distribuzione sistematica di marijuana sul territorio australiano oltre che abile di riciclare denaro tramite il lavoro delle fattorie che possedevano, prestiti interni gli uni agli altri e a compravendite di immobili tra Sydney e Melbourne.

La ‘Ndrangheta tra Platì e l’Australia

C’è anche evidenza, nei calcoli precisi della commissione Woodward, di denaro ‘importato’ dall’Italia, donazioni non meglio specificate, che dalla Calabria finivano Down UnderErano già gli anni dei sequestri e, lo sappiamo, gli ‘ndranghetisti platioti erano in prima linea. Si erano messe su società di varia natura per ‘legittimare’ questi scambi e questi prestiti, e soprattuto per finanziare la compravendita di terreni su cui poi coltivare marijuana. Lo schema era semplice ma efficace.
Concluderà seccamente la commissione d’inchiesta nel Nuovo Galles del Sud: «Sono state ricevute prove in relazione all’esistenza in Australia e in particolare nel Nuovo Galles del Sud, di 
una società segreta calabrese, impegnata in alcune attività criminali. L’organizzazione si chiama L’Onorata Società oppure ‘N’Dranghita’ (dialetto calabrese per Onorata Società). (…) Nel nostro caso questo gruppo include persone delinquenti tutte originarie dalla Calabria, e da un piccolo villaggio di nome Platì».

Queste persone, continua il rapporto, sono responsabili per aver ‘ordinato’ la sparizione di Donald Mackay. Mackay non fu l’ultimo omicidio con sospetto coinvolgimento della ‘ndrangheta in Australia, ma sicuramente fu il più importante. Sia da un punto di identità dell’organizzazione criminale, sia di ciò che questa divenne agli occhi di tutto il paese. Ancora aperto oggi, il caso rimane un ‘omicidio impunito di mafia’ per tutti.

La ‘Ndrangheta d’Australia: un unicum al mondo

Ma alcuni di quegli uomini indicati dalla Commissione Woodward, soprattutto quelli in posizioni apicali, non furono mai perseguiti in una corte di giustizia. Andarono avanti utilizzando i loro appezzamenti di terreno, tanti, per varie cose: case vinicole, fattorie, residenze. I loro figli, come Pat Barbaro ad esempio, hanno spesso seguito le orme dei padri, ma con i cambiamenti dovuti a qualunque scarto intergenerazionale. Si sono adattati all’Australia che chiede loro collaborazione multietnica, flessibilità e soprattutto di essere sia calabresi sia australiani. È una ‘ndrangheta effettivamente transculturale, diversa dalla ‘ndrangheta calabrese sebbene a questa ricollegata e da questa riconoscibile.

Si tratta di una storia tutta australiana, quella che porta dai ‘castelli d’erba’ di Griffith, the grass castles come vengono chiamati, a un omicidio eccellente, e a un esecutivo di mafia a cuore platiota ancora esistente e resistente. Questa storia tutta australiana, che si intreccia e si confonde con la storia della ‘ndrangheta globale, rappresenta un unicum al mondo. È in Australia molto più che altrove che le varie facce della ‘ndrangheta ci mostrano la realtà complessa di questo gruppo criminale, che non può esistere a livello globale – non a certi livelli – senza riuscire a diventare storia locale. E la storia di Pat Barbaro, delfino degli ‘ndranghetisti di Griffith ma trafficante di stupefacenti a livello globale, non è che l’inizio di questa storia.

FONTE:https://icalabresi.it/rubriche/australia-la-grande-isola-dellarcipelago-ndrangheta/