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Mafie, un pentito accusa il senatore Fazzone

Infinita «Damasco». Nell’inchiesta in cui sono confluite le maggiori indagini svolte nel corso degli anni su Fondi, legata e sostenuta anche da indagini di Napoli e Reggio Calabria, spunta fuori un altro pentito.

Un fondano lancia accuse di intrecci tra la politica e le mafie, tirando in ballo soprattutto il senatore Claudio Fazzone. Dichiarazioni pesanti quelle del collaboratore di giustizia, che non hanno però trovato riscontro. Si apprende ora che il pregiudicato di Fondi si è deciso a parlare il 27 maggio dello scorso anno, dicendo di voler fare delle rivelazioni su Garruzzo, il commerciante arrestato pochi mesi prima con l’accusa di usura mafiosa. Interrogato dal sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Roma, Diana De Martino, il pentito ha subito premesso che a Fondi operano tre clan, identificandone uno nel clan Tripodo, per poi aggiungere che Garruzzo e Massimo Anastasio Di Fazio, l’immobiliarista arrestato sempre per usura mafiosa, gestivano i prestiti a strozzo per conto dello stesso Tripodo. Il collaboratore di giustizia ha poi alzato il tiro, dicendo che i proventi dell’usura venivano investiti in una società immobiliare, riconducibile ai Casalesi, che aveva realizzato immobili in violazione delle norme edilizie, beneficiando però di autorizzazioni grazie al legame tra il clan Tripodo, il sindaco Luigi Parisella e il senatore Claudio Fazzone. Il pentito è un fiume in piena. Parla dell’appoggio politico dato al senatore anche da un secondo clan operante a Fondi, che in cambio avrebbe avuto il permesso ad ampliare una villa. E sul terzo presunto clan? Il collaboratore di giustizia assicura che ha saputo direttamente da chi lo capeggia che ha protezioni politiche. Da chi? Sempre da Fazzone e Parisella, che in 24 ore gli avrebbero fatto ottenere la certificazione antimafia per una sua attività commerciale. Parla di un Comune in mano alla mala, di assunzioni di favore, di finanziamenti per lo sport che prendono altre strade. E su Fazzone continua ad andare giù duro, dicendo che ha preso in mano la locale squadra di calcio, facendosi dare in nero dai commercianti del Mof 800mila euro, denaro a cui poi avrebbe fatto prendere un’altra strada. Dopo cinque mesi il fondano torna alla carica. Sentito dagli investigatori, il pentito assicura che alle ultime elezioni c’è stato un accordo tra Tripodo e i Casalesi per far confluire voti su Fazzone, accusando anche il senatore di gestire di fatto il camping «Holiday» e di riciclare con la squadra di calcio il denaro di Tripodo e dei Casalesi. Parla anche di lavori di asfaltatura a Fondi che, sempre Fazzone, avrebbe fatto eseguire alla società del consigliere comunale Tonino Ciccarelli, di pressioni sull’assessore al bilancio per emettere mandati di pagamento, di rapporti strani tenuti dall’assessore ai trasporti, dell’interessamento del senatore a stoppare le demolizioni a Tumulito per favorire un amico, e del consigliere Piero Parisella, assunto come bidello ma in attività come tecnico di laboratorio. Il pentito difende quindi Riccardo Izzi, dicendo che come assessore aveva impedito che l’appalto del campo sportivo andasse a una ditta legata a Tripodo e che è stato vittima di una ritorsione politica. Davanti a tali accuse l’Antimafia ha chiesto verifiche scrupolose ai carabinieri, che non hanno però trovato riscontri a quanto dichiarato dal pentito. Nessun condono agli immobili del presunto secondo clan, nessun collegamento tra i personaggi citati e Fazzone e Parisella e nessuna conferma neppure di capitali dell’usura reinvestiti in un’immobiliare, risultata invece gestita da una presunta vittima di prestiti usurai e che ha costruito con autorizzazioni ritenute lecite. Nessun riscontro neppure su un interessamento di Izzi per il campo sportivo.

Clemente Pistilli
(Tratto da Il Tempo – Latina)