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Mafie in Abruzzo

“L’AQUILA. Per tornare a volare”. Ieri sera a Diamante, sul nuovo lungomare, si è parlato del terremoto nel capoluogo abruzzese e nei comuni del cratere, si è parlato della ricostruzione, della corruzione e delle mafie.
Può apparire inconsueto parlare a Diamante di L’Aquila, di fatti accaduti a 700 chilometri di distanza. Diamante e L’Aquila, così distanti, eppure così vicine.
Moderata da Pippo Gallelli, l’iniziativa si è aperta con un profondo e sentito intervento dell’assessore Battista Maulicino, che giustamente ha sottolineato che la distanza chilometrica non vuol dire distanza nella percezione di un dramma che ha colpito l’Abruzzo. Tutto ruota attorno alla necessità di rafforzare il valore della solidarietà di fronte a fatti così devastanti. La Calabria ha dato il suo aiuto nei giorni successivi al terremoto, così come hanno fatto altre regioni, altre province e altri comuni da ogni parte d’Italia. E a Diamante torneremo in autunno, con un’iniziativa ancora più mirata, sullo stesso tema.
Distanze e vicinanze sono ormai relative. Ma la vicinanza è più di quel che si può pensare. Se solo si pensa che, nella fase del post-terremoto, la Procura della Repubblica di L’Aquila ha aperto ben 208 procedimenti giudiziari che stanno avanzando: provvedimenti che riguardano in massima parte i lavori della cosiddetta ricostruzione, dove, attraverso il ciclo del cemento, si sono infiltrate imprese in odore di ‘ndrangheta e di camorra, in particolare il clan dei casalesi. “Parlo da calabrese -dico- e siamo qui nella nostra regione dove è nata la ‘ndrangheta e che negli ultimi anni è diventata una ‘ndrangheta di esportazione. I boss della ‘ndrangheta hanno prima disossato la Calabria e poi sono andati a fare affari e soldi dove c’era da fare affari e soldi, visto che qui in Calabria non c’è rimasto più niente da spolpare. Qui continuano però a controllare il territorio. Solo a pensarla una cosa del genere fa rabbrividire: inserirsi su una tragedia immane come il terremoto per lucrare e speculare. Ma questa è la ‘ndrangheta”. Gallelli fa riflettere sul fatto che l’Abruzzo era considerato immune dalla presenza delle mafie. “Le mafie sono sbarcate in Abruzzo ben prima del terremoto, se solo si pensa che a Tagliacozzo sono state avviate operazioni immobiliari dove investire parte del tesoro di Vito Ciancimino, ora defunto, già sindaco di Palermo, organico a cosa nostra, a Totò Riina e Bernardo Provenzano. Insomma, in fatto di mafie, in Abruzzo non manca niente. Certo, non è una regione compromessa come la Calabria, la Campania o la Sicilia, ma questa penetrazione si è resa possibile mentre politica e istituzioni commettevano l’errore fatale della sottovalutazione, della minimizzazione e della rimozione dei fenomeni mafiosi. Com’è avvenuto in altre regioni del Centro-Nord e nel basso Lazio”.
Qual è, dunque in senso di questa serata trascorsa a Diamante? “Sabato 13 agosto saremo a San Giovanni in Fiore, sempre per L’Aquila. Il senso che daremo lì è lo stesso che anima questa serata: la mancata ricostruzione del centro storico di L’Aquila come emblema dell’Italia da ricostruire nei fondamenti di un nuovo senso civico, di una moralità alta, di una Politica che meriti di essere scritta con la ‘P’ maiuscola. Lo dobbiamo all’Italia tutta intera, nonostante tutto, lo dobbiamo ai cittadini aquilani, sfollati e deportati nelle new town, lo dobbiamo alla memoria dei 308 morti sotto le macerie”. Devo stringere e dico: “Questo libro lo abbiamo portato a L’Aquila nella notte tra il 5 e il 6 aprile, quando 20 mila aquilani hanno sfilato per le vie della città per ricordare i 308 morti e per chiedere al Governo e alle altre istituzioni la ricostruzione vera della loro città. Eravamo lì quella notte. E alle 3,32 nella stessa ora del terremoto del 2009 in piazza Duomo, si sono uditi 308 rintocchi della campana. Questo libro lo abbiamo presentato a San Demetrio de’ Vestini, assieme al Procuratore Capo di Pescara Nicola Trifuoggi. Lo abbiamo presentato a Onna, la frazione di L’Aquila completamente distrutta dal terremoto. Lo abbiamo presentato il 19 maggio di fronte alle macerie di Onna. I simboli hanno un valore immenso in queste circostanze. Anche per questo stasera siamo qui a Diamante, per affermare ancora una volta che quando una città, un territorio viene colpito da una calamità naturale, noi ci dobbiamo sentire tutti di quel posto e fare la nostra parte per ricostruire, per portare una parola di solidarietà, di incoraggiamento e di forza. A 150 anni dall’unità d’Italia, noi dobbiamo crederci e urlare forte W l’Italia, l’Italia tutta intera. A Diamante come a L’Aquila. Perché questo Paese può crescere soltanto tutto insieme. Lo abbiamo detto a Reggio Calabria a Legalìtalia, lo diciamo anche qui: l’Italia può crescere solo se cresce il Sud. Ma il Sud può crescere solo se saranno battute le mafie. E’ un nostro paradigma, mio e di Giuseppe Lumia. E a chi obietta che il potere di condizionamento delle mafie, specialmente al Sud, è troppo forte, rispondiamo che lo sappiamo ma sappiamo anche che le mafie sono ancora forti, ma si possono battere. Ma bisogna crederci e agire, non fermarsi, non mollare, stare in marcia, in combattimento. Per poter dire, un domani, ai nostri figli e nipoti: in Italia c’erano una volta le mafie”.

(Tratto da Strill.it)