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Mafia, prima impresa in Italia

Mafia Spa, ammiraglia del Made in Italy
Jacopo Matano, 11 novembre 2008, 17:16

Mafia Spa, ammiraglia del Made in Italy Cose Nostre Dalle estorsioni all’usura, le “aziende” del crimine chiudono i bilanci in attivo con un “fatturato” di 180 miliardi di euro ed un “utile” di 70 miliardi l’anno ai danni di commercianti e piccole imprese. Lo denuncia la Confesercenti, che riporta numeri e “prezzi” di pizzo e prestiti. Ma anche un dato allarmante: la crisi finanziaria rafforza Gomorra

C’è un’intera città italiana che paga il pizzo. E’ più grande di Parma, più estesa di Salerno, il doppio di Pisa, la metà di Bologna. A Racketopoli, Italia, tutti i 180mila abitanti pagano per la “protezione” e sono soggetti alle intimidazioni delle mafie. E’ questo uno dei quadri allarmanti che emergono dal Rapporto annuale diffuso oggi dalla Confesercenti sugli introiti della cosiddetta “Mafia Spa” e sull’impatto che questa economia nera ha sul mondo del commercio e delle imprese. “Le mani della mafia sull’impresa” è il titolo, lapalissiano, del dossier.

LA CRISI RAFFORZA LA MAFIA – I numeri, sottolinea la Confesercenti, vanno stimati al ribasso. Se ci si concentra, infatti, sul discorso dell’ usura -che in tempi di crisi finanziaria sembra rappresentare il vero motore di tutte le grandi e piccole organizzazioni criminali- bisogna considerare che le “posizioni debitorie possono essere ragionevolmente stimate in oltre 500.000, di cui molte (almeno un decimo) “con associazioni a delinquere di tipo mafioso finalizzate all’usura”. “Nel triennio 2005-2007 – si legge nel dossier- sono state 165.000 le attività commerciali e 50.000 gli alberghi e i pubblici esercizi costretti alla chiusura. Di queste un robusto 40% deve la sua cessazione all’aggravarsi di problemi finanziari, ad un forte indebitamento, all’usura”. Un vero e proprio freno motore dell’economia. Anche se non tutti chiudono definitivamente i battenti. Due commercianti su tre, infatti, tentano di intraprendere un’altra attività, intestando l’attività ai figli, alla moglie, a qualche parente stretto. A subire di più gli abusi del “sistema” è il comparto tradizionale: “alimentari, fruttivendoli, negozi di abbigliamento e calzature, fiorai, mobilieri -scrive la Confesercenti- pagano più di ogni altro il prezzo della crisi”.

MAFIA SPA: LA PRIMA AZIENDA ITALIANA – L’ammiraglia del Made in Italy, prima azienda italiana per fatturato ed unica impresa che fa affari con la crisi è dunque la “Mafia Spa”. Pizzo, usura, furti e rapine, contraffazione e contrabbando, imposizione di merce e controllo degli appalti, portano nei bilanci annuali di clan e affiliati almeno 130 miliardi di euro, con un utile di 70 milardi. Ovviamente esentasse. Il solo ramo “commerciale” dell’Azienda, che esclude quindi narcotraffico, sequestri e quant’altro, si appresta a toccare i 90 miliardi di euro, una cifra intorno al 7% del PIL nazionale, “pari a 5 manovre finanziarie”, sottolinea Confesercenti. 1.300 al giorno sono i reati che i commercianti subiscono ogni giorno, praticamente 50 l’ora.

LISTINO PIZZI – La struttura delle cosche si è, ovviamente, modificata in base alle esigenze di impresa, differenziando gli stipendi di ‘manager’ e ‘dipendenti’ in base all’inquadramento, al livello di responsabilità e alla floridità economica del clan di appartenenza. “Quindi, è del tutto naturale – si legge ancora nel Rapporto- che clan diversi riconoscano ‘mesate’ diverse per lo stesso lavoro svolto, a cominciare dagli stessi capi”. La ‘forbice’ va dai 10mila-40mila euro del capo clan -di fatto un amministratore delegato- fino ai 1.000 euro del gradino più basso della scala gerarchica, quello rappresentato dagli spacciatori minorenni. A stupire, è anche la differenza nel listino “prezzi” del pizzo. Penalizzati i negozianti ‘standard’ di Palermo, che pagano tra i 200 e i 500 euro, contro i 100-200 di Napoli. Le attività commerciali più esposte, negozi eleganti o situati in zone centrali, invece, arrivano a consegnare buste intorno ai mille euro in entrambe le città. Se si parla di supermercati o di cantieri, poi, i prezzi salgono vertiginosamente: rispettivamente 5 mila euro e 10 mila euro per il capoluogo siciliano.

PATTO PER LA LEGALITA’- E’ dunque necessario reagire con determinazione. Lo sottolinea il presidente della Confesercenti, Marco Venturi, e lo conferma anche Vincenzo Conticello, imprenditore antimafia e titolare dell’antica focacceria S. Francesco di Palermo. Oggi, spiega Conticello, “le leggi ci sono, le agevolazioni per accedere al fondo di solidarietà esistono, ma manca un elemento importantissimo per chi vuole fare impresa: la certezza del credito e dei tempi di erogazione”. “L’imprenditore -spiega Conticello- non può trasformarsi in un questuante per racimolare i fondi che gli servono per continuare a fare impresa, non può di contro presentare a garanzia di un credito i bilanci della sua azienda, perchè gli stessi risulteranno in rosso”. “La crisi economica rende ancora più pericolosa la mafia”, gli fa eco il numero uno di Confesercenti. “E’ un allarme che ci sentiamo di lanciare – continua Venturi- in un momento nel quale la mafia imprenditrice rischia di usare le debolezze e le incertezze dell’economia per rafforzare le sue posizioni”. Per il portavoce degli esercenti “serve un patto solenne per sancire una grande offensiva per la legalità”. Una proposta immediata? “Creiamo un grande tutor antiracket collettivo a sostegno di Saviano che oggi rappresenta un forte simbolo della lotta alla criminalità organizzata. Ma si istituisca anche -continua- un tutor antiracket che segua, non lasci sole, quelle imprese che con coraggio vogliono investire nel sud e che hanno diritto ad una tutela efficace”. Tra le proposte antimafia, anche “un albo ‘pizzo free'”, che consenta l’individuazione di “corsie preferenziali nei confronti delle pubbliche amministrazioni per quegli imprenditori che non cedono ai ricatti mafiosi”.

(tratto da www.aprileonline.info)