La Repubblica, Martedì 3 Maggio 2016
Mafia, “l’indesiderabile” della Pizza Connection ritorna da New York con i suoi segreti
Dopo 25 anni di carcere e l’espulsione dagli Stati Uniti, il boss del narcotraffico Salvatore “Sal” Catalano vive adesso in un paesino della provincia di Palermo. Viaggio a Ciminna, dove l’antimafia cerca di decifrare i misteri della nuova Cosa nostra. Perché Catalano non ha mai interrotto i suoi rapporti con i Gambino di New York
dal nostro inviato SALVO PALAZZOLO
CIMINNA (Palermo). Continua a fissare la strada, in attesa di chissà chi. Rientra in casa, dopo qualche minuto esce nuovamente. Ha lo stesso sguardo impassabile che l’Fbi fotografò trentacinque anni fa a Knickerbocker Avenue, Brooklyn, New York. Erano i tempi della Pizza Connection. L’uomo che adesso passeggia sotto una pioggerellina insistente era il terminale americano del più grande affare di droga mai realizzato da Cosa nostra siciliana. Si chiama Salvatore “Sal” Catalano. Di buon mattino, usciva dalla sua pizzeria, andava fino alla cabina in fondo alla strada, e aspettava la telefonata da Palermo: discuteva dei nuovi carichi di eroina in partenza dall’aeroporto di Punta Raisi, o dei soldi che dovevano andare in Svizzera per essere ripuliti. Un fiume di droga, un fiume di soldi. E i boss non sospettavano di essere intercettati. Sal Catalano si è fatto venticinque anni di carcere in un penitenziario del Kansas con l’accusa di essere un membro autorevole della famiglia Bonanno di New York, ora è tornato a vivere nel cuore della provincia di Palermo, a Ciminna, dov’è nato 75 anni fa.
IL TESORO DI COSA NOSTRA
Per le autorità americane è un “indesiderabile”; dopo aver finito di scontare la condanna, cinque anni fa, è stato espulso. Per gli investigatori e i magistrati italiani Sal Catalano resta un mistero: i suoi segreti se li è riportati in questo paesino di tremila abitanti adagiato sul declivio di un colle, un panorama incantevole, all’inizio degli anni Sessanta il regista Luchino Visconti lo trasformò nel set del Gattopardo per filmare il soggiorno del principe di Salina a Donnafugata. Adesso, Ciminna sembra invece il set di una scena del Padrino di Francis Ford Coppola. Ma questa non è finzione. Il boss della Pizza Connection che è ritornato in Sicilia conosce il segreto del più grande tesoro di Cosa nostra, milioni di narcodollari che il giudice Giovanni Falcone inseguì a lungo, ma non riuscì mai a sequestrare. Ci provò anche negli ultimi mesi della sua vita, era ormai direttore degli Affari penali del ministero della Giustizia, fece di tutto per sbloccare la rogatoria con la Svizzera sul conto Wall Street 651 aperto presso il Credito di Bellinzona, ma senza successo. I segreti finanziari della Pizza Connection sono rimasti inviolati. E sono in pochi a conoscerli.
Gaetano Badalamenti, lo «zio lo chiamavano al telefono», il capomafia che dalla Sicilia mandava la droga a Catalano, è morto nel 2004 in un carcere del Massachusetts, suo figlio è in Sud America. Il finanziere Vito Roberto Palazzolo è al 41 bis, ha parlato tanto con i magistrati di Palermo, ma sostiene di non sapere nulla di quei soldi e continua a ripetere di essere stato vittima dei mafiosi. Sal Catalano, invece, non ha mai aperto bocca davanti a un giudice, davanti a un federale. E’ stato anche sospettato di alcuni omicidi commessi a Brooklyn negli anni Settanta, ma il silenzio paga. E adesso ha l’aria di un tranquillo pensionato.
RICORDI DI PADRINO
Alle 8,30 del mattino ha già le scarpe sporche di terra, deve essere uscito presto per andare in campagna. Qui intorno è tutta campagna, Catalano abita in una palazzina di quattro piani alla periferia del paese, che si è fatto costruire mentre era in carcere. Si distingue dalle altre attorno perché ha il prospetto rifinito, ma solo al primo piano ci sono le ringhiere nei balconi, gli altri piani non sono abitati. L’uomo che conosce i segreti della Pizza Connection va in giro con un’utilitaria. Accenna, prima di rientrare in casa: «Ho chiuso con il passato, non ho niente da raccontare». Ma, poi, una cosa la racconta: «Avevo 16 anni quando andai via dalla Sicilia, non c’era niente qui». E si lancia pure in un commento: «Anche adesso non c’è niente in Sicilia e i giovani di questa terra devono andare via». Ma è un accenno. Poi, torna a chiudersi nel suo silenzio. Inutile chiedergli degli anni trascorsi a New York. Anche perché quel passato è ancora un pezzo di storia attualissima di Cosa nostra americana. Una storia che adesso passa da questo grazioso paesino della provincia di Palermo. I carabinieri della Compagnia di Bagheria e la procura di Palermo sono attenti a ogni movimento.
LA NUOVA MAFIA
Il 28 aprile 2011, a Ciminna, c’erano davvero tante persone al funerale di un’anziana signora molto particolare, la mamma di Frank Calì, il nuovo astro nascente di Cosa nostra americana, è ritenuto il capo della famiglia Gambino di New York. C’era Sal Catalano, c’era la moglie di Calì, una Inzerillo nipote dello storico boss italo-americano John Gambino, suo fratello Pietro – “tall Pete” lo chiamano – è sospettato di essere anche lui inserito nel clan Gambino. C’erano tanti Inzerillo quel giorno a Ciminna, arrivati da Palermo e da New York, molti però preferirono andare solo a casa della mamma di Calì e non in chiesa. Probabilmente, per non dare troppo nell’occhio. Ma non passarono comunque inosservati, i carabinieri del Ros avevano trasformato nuovamente Ciminna in un set per quante telecamere erano state installate. E questa volta non per un film.
A Ciminna, l’antimafia prova a decifrare cosa è diventata oggi Cosa nostra, che dopo il tramonto dei corleonesi di Riina e Provenzano, sembra tornata sotto il governo della vecchia mafia di Palermo, quella che era una cosa sola con le famiglie di New York. E come allora, oggi, la droga è tornata ad essere l’affare principale dei boss. Questo dicono le intercettazioni, questo dice ogni indagine a Palermo. Ma non è stato ancora trovato il filo dei nuovi affari e delle nuove alleanze. Di sicuro, a Palermo come a New York, magistrati e investigatori sono alle prese con scarcerazioni eccellenti. Vecchi padrini carismatici e giovani boss. E chi ha fatto tanti soldi in America torna adesso in Sicilia per investire. Anche perché, intanto, è caduto il veto sugli “scappati” della guerra di mafia del 1981 imposto dai corleonesi. E’ il nuovo fronte delle indagini a Palermo. E il vecchio Sal Catalano continua a guardare fisso la strada. In attesa di chissà chi.