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Mafia foggiana e Sacra corona unita insieme per truffare le banche estere. Quell’incontro al mare svelato dal pentito

Di Francesco Pesante 23 Febbraio 2023 APERTURA

Contatti tra la famiglia Sinesi e il boss di Mesagne Antonio Centonze, ne parla agli inquirenti il collaboratore di giustizia Andrea Romano. Il caso pubblicato nelle carte sul tentato omicidio del boss foggiano

Affari tra mafia foggiana e Sacra corona unita? Dalle carte sull’arresto di Giuseppe Albaneseaccusato del tentato omicidio del boss Roberto Sinesi, spuntano alcune ricostruzioni fornite dai pentiti ai magistrati della Dda. A parlare è Andrea Romano, ex capoclan brindisino che in passato condivise la cella con alcuni esponenti di rilievo  della mafia di Foggia. Gli inquirenti segnalano una circostanza già accertata dal Nucleo investigativo dei carabinieri su presunte “operazioni illecite” iniziate nel 2014 e “finalizzate – si legge nell’ordinanza del gip Alfredo Ferraro – ad una truffa ai danni di istituti bancari esteri che vedeva coinvolta la famiglia Sinesi, un pregiudicato dell’area napoletana e Antonio Centonze“, esponente della frangia mesagnese della Scu ed “elemento di spicco della criminalità organizzata brindisina, ex compagno di detenzione di Sinesi nel carcere di Teramo”.

A maggio 2021, Romano, rispondendo alla domanda relativa ad eventuali rapporti di Sinesi con la famiglia Centonze di Brindisi, “riferiva della sussistenza, nell’anno 2014, di un ‘business’ proprio tra Roberto Sinesi e la famiglia brindisina. “Praticamente successe che Centonze, quando fece l’alleanza con me, era il 2014, e ricordo che aveva avuto dei collegamenti con la famiglia Sinesi, mi parlava di una quota di 100mila euro, mi parlava… Che… avevano avviato un business insieme… Roberto Sinesi incontrò Centonze, che avevano avuto già dei collegamenti insieme, ed un container, un container, non…, non mi sto ricordando bene. Comunque… Un container, eh. Un business di 100mila euro, che arrivarono anche i foggiani, che, se non mi sbaglio, la moglie di Roberto Sinesi a Brindisi, arrivarono con due gipponi, con due Range Rover arrivarono”.

Gli inquirenti chiesero a Romano del foggiano Rocco Dedda, uomo dei Sinesi ucciso nel 2016, omicidio per il quale è sotto processo proprio Albanese. “Dedda? Io mi ricordo che fecero un incontro a casa al mare, perché io mi trovai ai domiciliari, e misi anche i miei affiliati, essendo che fece l’alleanza con me, e andarono tutti armati, andarono, a questo incontro qua, però si presentò, se non ricordo male, la moglie di Roberto era, la mamma di Francesco su questo… E c’erano quattro, cinque persone che arrivarono con due Range Rover, arrivarono. Se non mi sbaglio… Era il 2014, dovevano fare l’incontro, e mi chiesero a me i kalashnikov. Praticamente questo incontro qua, i foggiani, la famiglia Sinesi, avevano questo incontro in una villa a mare, a Brindisi e si parlava di una quota di 100mila euro, che poi questi soldi qua dovevano rientrare e dovevano fare… dovevano dare la parte mia, perché era una cosa che si gestiva tutto Centonze riguardante Foggia. Centonze faceva riferimento a me su quello che, comunque sia, si svolgeva su Brindisi. Essendo che Centonze era anche collegato con la famiglia di Foggia. Con la famiglia Sinesi forse era successo un disguido tra di loro, non ricordo, comunque Centonze disse a me: È meglio prepararci e andare armati, in caso magari stanno venendo con chissà quali intenzioni’. E ricordo che io mandai un poco di miei affiliati insieme agli affiliati di Centonze e di altri clan…”.

Romano avrebbe fornito armi in caso servissero durante l’incontro, parlando inoltre di una questione di soldi tra brindisini e foggiani: “Mi chiesero i kalashnikov, mi chiesero a me, perché volevano le armi grandi. Ed io gli… cioè organizzai le armi e le cose, e gli feci fare questo incontro. Comunque sia, poi vennero di nuovo, dice: ‘Andrè, come è? Dobbiamo uscire 100mila euro’, e questi 100mila euro dovevano essere divisi, a me mi toccava la mia parte, 20mila euro, erano divise a cinque persone, diciamo, i cinque alleati che fecero l’alleanza, cinque. Dovevano essere divisi su vari clan, che facevano riferimento a me. Diciamo, Centonze aveva messo anche i suoi affari dentro la cupola, diciamo, dentro la cassa comune, perché io ero il reggente, e loro erano tutti alleati con me. E automaticamente fecero questo incontro qua con la famiglia di Foggia, che avevano già accordato su questo fatto che Centonze aveva avuto a che fare con la famiglia Sinesi, però erano cose che si sbrigava la famiglia di Centonze con i suoi affiliati. Noi, comunque sia, lo affiancavamo”.

Sulla credibilità di Romano gli inquirenti hanno pochi dubbi, soprattutto quando parla del tentato omicidio di Sinesi: “Anche se appartenente ad organizzazioni criminali radicate nel territorio brindisimo, si è rivelato conoscitore di diverse dinamiche interne della ‘società foggiana’ – si legge nell’ordinanza -, avendo trascorso diversi periodi di detenzione con esponenti della criminalità di Foggia, tra cui Mario Lanza ed Emiliano Francavilla (entrambi del gruppo Sinesi-Francavilla, ndr). Si ritiene, dunque, che tutti e tre i collaboratori di giustizia (oltre a Romano ci sono anche Carlo Verderosa e Pietro Antonio Nuzzindr) risultano intrinsecamente ed estrinsecamente attendibili. Deve sottolinearsi anche che tutti e tre i collaboratori hanno reso dichiarazioni tra loro concordanti e ciascuna caratterizzata da diversi riscontri esterni”.

Fonte:https://www.immediato.net/2023/02/23/mafia-foggiana-e-sacra-corona-unita-insieme-per-truffare-le-banche-estere-quellincontro-al-mare-svelato-dal-pentito/