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Mafia e massoneria, proposta per rafforzare la legge Anselmi: “No a dipendenti pubblici nelle logge”

Il Fatto Quotidiano, Giovedì 23 febbraio 2017

Mafia e massoneria, proposta per rafforzare la legge Anselmi: “No a dipendenti pubblici nelle logge”

L’iniziativa presentata dal deputato Pd Davide Mattiello. Pene più alte e divieto di iscrizione dai magistrati ai poliziotti. Spunto, le recenti indagini su ‘ndrangheta, logge e politici condotte dalla Dda di Reggio Calabria. Il pm Lombardo: “Il 416 bis inadeguato per punire queste interferenze”. Intanto i Gran maestri disobbediscono alla Commissione antimafia: nessun elenco consegnato, la scadenza era l’8 febbraio

di Elena Ciccarello

Mafie e massonerie rappresentano un binomio che attraversa la storia d’Italia da più di duecento anni, tanto da rappresentare talvolta un cliché. Eppure c’è un luogo nel nostro Paese in cui il tema è tornato recentemente di grande attualità, al punto da costituire una sorta di nuova frontiera delle indagini sulla ‘ndrangheta: la Procura di Reggio Calabria.  È per tenere conto del lavoro di frontiera svolto dai magistrati della Dda reggina, e sottoporre all’attenzione del Parlamento il ruolo che “fratellanze” di vario genere giocano nel rapporto tra mafie e istituzioni, che la Commissione Antimafia ha recentemente avviato un’inchiesta interna la mondo della massoneria. Mentre il deputato Pd Davide Mattiello, che ne fa parte, ha depositato una proposta di modifica della legge Anselmi, che dal 1982 sanziona penalmente l’esistenza di associazioni segrete.

“È ancora tollerabile che chi ricopre funzioni pubbliche possa fare parte di organizzazioni, seppure legali, che prevedono altre ‘obbedienze’?” si è chiesto ieri Mattiello, durante la presentazione della proposta di legge alla Camera, cui hanno partecipato il vicepresidente della Commissione antimafia Claudio Fava, il sostituto reggino Giuseppe Lombardo, l’avvocato Fabio Repici, la giornalista Alessia Candito e lo studioso Isaia Sales.

La proposta di legge prevede l’aumento delle pene per chi partecipa, organizza o dirige un’associazione segreta, aprendo così la strada all’utilizzo delle intercettazioni nelle eventuali indagini, e l’interdizione dai pubblici uffici per 10 anni. Ma, soprattutto, vieta l’adesione a logge massoniche o “associazioni che comportino un vincolo gerarchico e solidaristico particolarmente forte” per magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, per i giudici di pace, componenti delle commissioni tributarie, giudici popolari, dirigenti della pubblica amministrazione e delle Forze armate, avvocati e procuratori dello Stato, personale militare, delle forze di polizia, della carriera diplomatica e prefettizia, del livello dirigenziale del corpo dei Vigili del Fuoco, del mondo penitenziario, professori e ricercatori universitari.

Per quanto sia remota o nulla la speranza di tramutarla in legge nel corso dell’attuale legislatura, la proposta di Mattiello ha il merito di portare all’attenzione pubblica lo sforzo dei magistrati calabresi di colpire i rapporti tra mafia e comitati politico-affaristici segreti attraverso un rinnovato ricorso alla legge Anselmi. La violazione della legge è stata contestata, ad esempio, ad una quindicina di soggetti nell’ambito dell’inchiesta calabrese Mamma Santissima. Tra questi l’avvocato Paolo Romeo, ex parlamentare del Psdi, il sacerdote don Pino Strangio e diversi funzionari pubblici, accusati di aver dato vita ad un’associazione segreta che avrebbe favorito la ‘ndrangheta.

“Su questi temi si nota, più che su altri, una distanza enorme tra i risultati dell’investigazione e il risultato che si ottiene in sede processuale” ha ammesso il sostituto regino Giuseppe Lombardo. “L’articolo 416 bis non sanziona l’attività di interferenza, ovvero le attività di lobbying” e questo genera più di un problema di fronte ai giudici. Ma il problema è ovviabile proprio attraverso il ricorso alla legge Anselmi.

“Per elaborare questo approccio investigativo a Reggio Calabria ci abbiamo messo molti anni” ha continuato Lombardo. Le risposte sui rapporti tra la ‘ndrangheta e le “strutture a lei parificabili” sono state trovate allargando le indagini su altri territori. Lì, lontano dalla Calabria, la Dda ritiene di aver trovato “conferme della vicinanza tra determinati fenomeni mafiosi”. Avverte però Lombardo: “Quando si parla di contesto massonico delle mafie non bisogna banalmente pensare che ci si riferisca ad un’obbedienza ben precisa”. Nel linguaggio degli ‘ndranghetisti “contesto massonico delle mafie significa soltanto un ulteriore tentativo di secretare quello che è già segreto”. I collaboratori di giustizia sul punto sono categorici: “Non è qualcosa di diverso. È mafia. Ma se voi la spacchettate e l’affrontate in maniera parcellizzata sui diversi territori, parlate di altro.. una realtà che non esiste”.

La Commissione parlamentare antimafia ha iniziato la scorsa estate le audizioni con i vertici delle principali obbedienze massoniche. “Il senso di questa inchiesta non è di giudicare la massoneria” ha spiegato la presidente Bindi durante l’audizione dello scorso 25 gennaio “ma punire l’uso strumentale dell’appartenenza all’associazione che offre canale di penetrazione ai poteri criminali”. La Commissione ha chiesto ai Gran Maestri l’elenco dei loro iscritti, con particolare attenzione alle liste di Sicilia e Calabria che risultano avere la concentrazione più alta di logge massoniche, sia regolari che irregolari. La richiesta è rimasta però inascoltata fino ad oggi, nonostante l’ultimo termine “perentorio” per la consegna degli elenchi fosse previsto per lo scorso 8 febbraio.

Ma perché dedicare una particolare attenzione al rapporto tra mafie e massonerie? Che cosa hanno di diverso le obbedienze massoniche da altre forme di associazionismo? Storicamente “la massoneria ha fornito il modello organizzativo alle mafie” ha spiegato durante la presentazione alla Camera Isaia Sales. “Nella prima parte dell’Ottocento, quando nelle carceri si incontrano i delinquenti disorganizzati e gli oppositori del sistema, aristocratici e borghesi, organizzati”. A partire dagli anni Sessanta, in Calabria, il rapporto ha assunto una veste ancora più stringente: “Nasce una cosa inusuale per la storia della mafia, una terza organizzazione tra mafia e massoneria che prende il nome di Santa”, ha continuato Sales. “La Santa serve a formare un crocevia. La massoneria consente alla ‘ndrangheta di avere tre tipo di relazioni, con il mondo politico, con quello imprenditoriale, ma soprattutto con la magistratura e gli avvocati”, utili a salvaguardare l’onore mafioso “il cui perno è costituito dall’impunità”.

Anche il deputato Claudio Fava ha annunciato che depositerà in Commissione antimafia una proposta di legge simile a quella di Mattiello. “Questa legislatura mai approverà testi come il mio o di Mattiello per ragioni di tempo” ha spiegato in conclusione della presentazione “ma il Paese ha diritto a questo dibattito”.