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Mafia Capitale : processo al via e Renzi resta senza decreto per Roma

E adesso slitta davvero il decretone su Roma, la risposta per eccellenza di Matteo Renzi all’emergenza capitale. Il premier avrebbe voluto annunciarlo Urbi et Orbi già in serata. E comunque prima o al massimo nel giorno dell’apertura del maxi processo di Mafia Capitale. Per dire che c’è una politica alla sbarra e una a palazzo Chigi che risolve i problemi. E arginare l’effetto mediatico di un processo che, nel quartier generale del Pd, viene vissuto come benzina nel motore dei Cinque Stelle. E invece, dicono fonti di palazzo Chigi, “al momento il decreto su Roma è ancora in valutazione”. Ovvero soggetto a cambiamenti. In serata il sottosegretario De Vincenti dichiara che sarà portato in consiglio dei ministri la prossima settimana.

Parte il processo, si avvicina l’inizio del Giubileo, e la politica si avvita. Ecco perché a Palazzo Chigi l’aria è febbrile. È già insediata lì la cabina di regia su Roma. Dopo l’incontro con Gabrielli (martedì) è arrivato (mercoledì) il commissario Tronca, per definire i limiti e gli ambiti di azione suoi e per capire quelli di Gabrielli. Un faccia a faccia con Renzi. A un certo punto entra anche il sottosegretario De Vincenti, il vero esperto di leggi e cavilli. È ancora lunga la definizione del rapporto tra i due dream team. Tanto che, complice anche il viaggio di Mattarella in Vietnam, il tutto slitta a mercoledì prossimo, in vista del com di venerdì 13 novembre. 

È qualcosa di più di un rompicapo giuridico. È politica, tutta politica la tensione che ha elettrizzato le ultime ore. Nel cuore stesso del mondo renziano. E c’è un motivo se Raffaele Cantone ha fatto sapere che, per un po’, eviterà uscite pubbliche ed eviterà la partecipazione ad eventi per evitare il rischio di essere strumentalizzato. Su Roma, tra Renzi e il magistrato di riferimento della nuova era si è consumata una divergenza strategica.

Nel “modello Milano” a cui faceva riferimento Cantone, dopo le inchieste sull’Expo gare e appalti erano gestiti dal prefetto Tronca e dall’Anticorruzione, né dal sindaco né dall’allora direttore dell’Expo Giuseppe Sala. È un modello che Cantone avrebbe voluto esportare a Roma, esportando anche il prefetto, nel ruolo di Commissario. È a quel punto che Renzi, mettendo sul tavolo il ruolo di super commissario per Gabrielli, prova a prendersi a palazzo Chigi la cabina di regia, del Giubileo ma di fatto anche di Roma: “Si sta discutendo – prosegue la fonte – anche se la sede di Gabrielli sarà la prefettura o se avrà anche una stanza a palazzo Chigi”. Detta in modo grezza, più poteri avrà Gabrielli rispetto a quelli assegnati lo scorso 27 agosto più il progetto di governo diventa autonomo da Cantone. Il quale, nei giorni scorsi, ha fatto sapere che non era d’accordo con due squadre, preferendone una attorno a Tronca. Al momento i poteri di Gabrielli sono quelli del super commissario che gestisce i 500 milioni del Giubileo e ha poteri su sicurezza, trasporti, decoro urbano. Praticamente tutto.

È anche questa tensione che ha rallentato i tempi del decreto. E non solo. I problemi riguardano il dream team attorno al prefetto commissario. Nei giorni scorsi sono circolati i nomi di Carlo Fuertes alla Cultura e di Giovanni Malagò alle Olimpiadi, nomi forti. Il problema sono i requisiti. Che non avrebbero: “Il testo unico parla chiaro. I subcommissari possono essere direttori generali, prefetti, funzionari dello Stato con determinati requisiti”. Altro rompicapo. In serata una nota annuncia che sono stati nominati i sei subcommissari di Tronca, tra le quali non c’è Alfonso Sabella, vero dato politico di questa vicenda.

Ma il decreto slitta. Nel giorno del maxiprocesso. I grillini sono già pronti ad andare in Aula con Roberta Lombardi e un folto gruppo di “cittadini”. Il Pd sarà presente con Orfini. Pare che sia proprio l’agenda fitta ad aver determinato pure lo slittamento dell’incontro a palazzo Chigi tra il presidente del Pd e Matteo Renzi. I maliziosi invece sussurrano che, da quando la cabina di regia è a palazzo Chigi, pure Orfini, commissario del Pd a Roma, si sente un po’ commissariato.