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Mafia a Civitavecchia.

“Col problema mafia si scherza troppo in città”

Intervento di Lucio Mario Saladini

GiannaNannini

CIVITAVECCHIA – La mafia nel nostro territorio, nella nostra città, nel Lazio, esiste. È sotto i nostri occhi ogni giorno. I segnali specifici sono molti e sempre più inquietanti e fare finta di nulla non ci aiuterà a vincerla ma soltanto a rafforzarla.
Certamente nella nostra città manca quella classe di malfattori che ammorba e desola altre zone territoriali; qui da noi sono rare se non inesistenti le violenze sanguinarie; ma ciò è soltanto perché i prepotenti, i poteri oscuri e forti, hanno saputo prevalere con altri mezzi a completo dispetto delle
leggi e della giustizia.
La mafia, a differenza della criminalità ordinaria, è molto subdola. Si inserisce in maniera lenta, metodica, razionale, nel tessuto economico e istituzionale. Entrando negli appalti, nel piano regolatore, forzando i soggetti amministrativi o favorendo l’insediamento degli stessi al fine di averli quindi asserviti.
E’ un percorso lento quello dell’acquisizione del potere, ma quando giunge a termine dà alla mafia la possibilità di gestire la cosa pubblica nel territorio. Ed allora ecco che un territorio cambia il suo aspetto, ma anche i suoi soggetti politici e sociali. La mafia fa questo.
Ed a Civitavecchia, a ben guardare, tutto questo è già successo e continua a succedere. Ogni giorno.
Il precedente consiglio comunale è stato destituito in maniera subdola, dietro ordine e regia di qualcuno che aveva interessi e poteri nel territorio, sia diretti che indiretti, e che voleva rafforzare gli stessi.
Un piano strategico premeditato ed orchestrato. Un esercito del male.
L’attuale amministrazione comunale è un chiaro esempio di un progetto apolitico. Si è assistito e si assiste a cambi di casacca politica come se niente fosse e si vede ogni giorno qualcuno di questi personaggi diventare improvvisamente benestante, ricco di proprietà e denaro, ma sempre più
povero dentro.
Un esempio? Un imprenditore improvvisato un anno dichiara la miseria di appena 2.286 euro di reddito, a piena riprova della sua scarsa capacità, e l’anno dopo si ritrova assessore per merito e capacità inesistenti o che soltanto alcuni hanno potuto o dovuto vedere.
E guai a parlarne, io stesso ho pagato a caro prezzo alcune mie denunce pubbliche riguardanti strane società ospitate gratuitamente in locali di proprietà demaniale che riuscivano “per caso” ad ottenere lavori da parte di un Ente pubblico per milioni e milioni.
Sull’argomento ho anche chiesto inutilmente l’intervento della magistratura. Niente.
Nulla sia da parte dello stesso Ente che da parte della magistratura. O meglio qualcosa è successo: minacce e danneggiamenti.
Proprio così! Guai a parlarne. Sono stato oggetto di danneggiamenti della mia proprietà e reiterate minacce sia telefoniche che personali. Avvisi, messaggi che sono arrivati ed hanno sortito il loro effetto.
Non parlo più. Non se ne può parlare. Omertà. Silenzio. Paura. Il radicamento delle organizzazioni mafiose parte dalle esigenze sociali con risposte quasi immediate, viene dato sostegno economico per esempio a famiglie di disoccupati, così le cosche diventano sempre più forti, fortissime.
Lo Stato deve rispondere, ma sul campo, sul territorio, verificando gli appalti, l’anomala redistribuzione della ricchezza, i vincoli amministrativi, l’urbanizzazione, le società create ad hoc, le prebende.
Le indicazioni di infiltrazioni mafiose nel nostro territorio, e nella nostra città, ci sono tutte. Nessuno può dire di non essersene accorto. E la DIA stà già da tempo investigando sul nostro territorio e, presto, saranno tirate le conclusioni, si spera.
Si tratta di famiglie mafiose spesso arrivate attraverso il confino, il domicilio coatto o a seguito di parenti detenuti rinchiusi nel supercarcere di Aurelia. E’ stato un grande errore, perché è stato permesso ai boss di unirsi nonostante fossero soggetti a delle restrizioni. Hanno avuto così il
tempo di compattarsi e di decidere che questo sarebbe stato il loro territorio. Che Civitavecchia sarebbe stata la loro città.
E questo è il risultato. Oltre alla ‘ndrangheta anche la camorra è presente, sebbene in maniera più episodica. Il territorio è ben spartito, competenze metodicamente suddivise.
La camorra si occupa soprattutto di gestione della droga e dell’usura unita ai taglieggiamenti.
Quintali di droga sono stati sequestrati negli ultimi due anni all’interno del porto grazie all’opera costante delle forze di polizia, allo spirito di abnegazione degli uomini appartenenti alla Guardia di Finanza, alla Polizia, ai Carabinieri che con mezzi ed organico ridotti sono costretti ad operare
al di sopra di ogni umana sopportazione per il bene della comunità. Quella camorristica è una presenza grave ed evidente ma quella che fa più paura e regna quasi incontrastata è quella della ‘ndrangheta. La ‘ndrangheta è oggi sicuramente la peggiore e grave delle tipologie mafiose ed anche quella oggi maggiormente presente nel nostro territorio.
I suoi lunghi ed ampi tentacoli hanno avviluppato le attività più redditizie e remunerative in termini di potere e denaro. Passando dal potere amministrativo hanno conquistato il potere patrimoniale.
Quella della ‘ndrangheta è infatti una presenza gravissima per la sua comprovata capacità di saper entrare nelle istituzioni. E vi è entrata. Leggiadra, quasi invisibile ma al tempo stesso con la pesantezza di un maglio.
Sono stati sottovalutati i messaggi arrivati dalla parte sana dello Stato, quella più importante. La prima relazione del procuratore antimafia de Ficchy riguardante il nostro territorio è stata di ben dieci anni fa. Le prime avvisaglie erano quelle. Nulla è stato fatto, o quasi.
È quindi necessaria ora una dura autocritica ed una forte azione politica unita a quella della magistratura e delle forze di polizia anche perchè con la mafia non si può scherzare. E invece in questa città con questo problema si scherza troppo.

Dott. Lucio Mario Saladini

 

(da centumcellae.it)