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Lotta alle mafie. Sì, è vero Ministro, si colpiscono i “soldati”, ma è solo quella la mafia? Quella più pericolosa è rappresentata dai “colletti bianchi” che si annidano nella politica, nelle istituzioni, nelle professioni. Quella non la toccate!!!

Il ministro della Giustizia, di fronte alle deposizioni processuali contro il premier, difende l’esecutivo interprete di “una della stagioni più gloriose della lotta alla mafia” e in grado di “tracciare la rotta a livello internazionale del contrasto alla criminalità organizzata”. Avanti tutta sulle leggi ad personam (in primis processo breve e legittimo impedimento), intercettazioni e riforma dell’ordinamento

“L’unica antimafia che spaventa è quella che si fonda sulle leggi di contrasto alla mafia e sul sequestro dei beni”. Lo dice, polemicamente, il ministro della Giustizia Angelino Alfano, intervenendo alla conferenza stampa sui risultati della lotta alla criminalità tenuta insieme al ministro dell’Interno, Roberto Maroni. Alfano sottolinea: “Non è un caso che questi sono gli argomenti centrali del cosiddetto ‘papello'” cioè della presunta trattativa fra stato e criminalità organizzata. Quindi una staffilata alla magistratura: “Si può combattere la mafia – dice Alfano – senza andare in tv e fare convegni. Lavorando di più in procura e senza le luci delle telecamere – ha sottolineato Alfano – si arresta qualche latitante in più, quindi con qualche convegno in meno e qualche latitante in più arrestato si fa il bene del paese”.

Il ministro vanta “il record storico” di detenuti sottoposti al regime del 41 bis: “Al 6 dicembre – spiega – sono 644 i detenuti sottoposti a al carcere duro” che diventeranno 645 “perché firmerò immediatamente per Nicchi”. Alfano aggiunge di aver firmato fino a oggi 168 provvedimenti di 41 bis e averne prorogati 779″. A questi vanno aggiunti i 16 “riapplicati” (rispetto ai 64 che erano stati annullati dal tribunale della Libertà).

Secondo Alfano i risultati raggiunti da questo governo rappresentano “una delle stagioni più gloriose della lotta alla mafia”. Con un primato per l’Italia: aver “tracciato la rotta della lotta alla criminalità organizzata in ambito internazionale ed europeo”, perché il modello adottato nel nostro paese, in particolare per quanto riguarda il trattamento dei beni patrimoniali sequestrati e confiscati, “è stato fatto proprio – ricorda il ministro – anche dal programma di Stoccolma, come sottolineato nel recente Consiglio sulla giustizia e sulla sicurezza interna di Bruxelles”. “La mafia è già in ginocchio e i suoi leader storici sono tutti al 41 bis – commenta il ministro -, gli astri nascenti sono già decaduti e sono anche loro al 41 bis in carcere. Poiché è in ginocchio, il nostro obiettivo è stenderla a terra e liberarci della mafia al più presto possibile”. Per Alfano, “gli arresti, i sequestri dei loro patrimoni, le confische sono la prova che tutto ciò è possibile dando il senso di unità dello Stato. Uno Stato che ha un Parlamento che fa le leggi antimafia, un governo che le propone e i magistrati che danno seguito alle leggi che il Parlamento ha approvato per fare sì che della mafia si parli solo come di un ricordo”.

Quella di Alfano è la linea ordinata da Berlusconi ai suoi sin dopo la deposizione di Spatuzza: contro le accuse di vecchie collusioni, si parli di una “politica dei fatti”. Ma al Guardasigilli oggi non è toccato solo difendere il governo sul “fronte mafia”. Ha fatto anche il punto delle tante riforme e leggi che sono in cantiere, da quella della giustizia in senso lato sino alle intercettazioni e ai provvedimenti “ad personam”.

Sul legittimo impedimento, la norma che dovrebbe fissare per legge l’incompatibilità, almeno per un periodo, delle cariche elettive (premier compreso) con i processi, Alfano dice che “ci sono vari testi presentati in Parlamento: il governo esprimerà la sua opinione. La presentazione di tutti questi testi – prosegue il Guardasigilli – è la prova che vi è una questione aperta, cioè quella che chi è stato chiamato dal popolo a governare deve adempiere a queste mansioni senza sottrarsi al giudizio dei tribunali”. Giudizio che, conclude, “va reso compatibile con il principio di sovranità popolare”. Alla Camera pendono tre testi del Pdl e uno dell’Udc, la presidente della Commissione giustizia Giulia Bongiorno prevede il primo via libera a gennaio. La capogruppo del Pd in commissione, Donatella Ferranti, denuncia già da ora: “‘Il testo sul legittimo impedimento, che ha l’avallo della Consulta del Pdl sulla Giustizia coordinata dal legale del premier Niccolò Ghedini non è altro che una corsia preferenziale per la prescrizione dei reati dei politici. Infatti – spiega la democratica – se oggi l’art. 159 del codice penale prevede la sospensione del corso della prescrizione fino alla nuova udienza, e comunque fino ad un periodo massimo di 60 giorni, con l’entrata in vigore delle norme Costa – Brigandì (uno dei tre provvedimenti presentati in commissione) il corso della prescrizione è sospeso solo “per l’intera durata dell’impedimento. Ciò vuol dire che cessato l’impedimento che ha legittimato il rinvio (anche le poche ore di un pranzo di lavoro) la prescrizione del reato riprende a correre”.

Alla Camera c’è il legittimo impedimento, al Senato il processo breve. Il Pd chiede il ritiro di entrambi, ma la maggioranza va avanti a testa bassa. Il termine per la presentazione delle modifiche è fissato, per il processo breve, per le 20 di lunedì 14 dicembre e in questa settimana maggioranza e opposizione stanno lavorando alla messa a punto. Già stasera se ne occuperà la consulta Giustizia del Pdl che deciderà se proseguire anche sul legittimo impedimento e se riproporre il lodo Alfano, già bocciato dalla Consulta, come legge costituzionale. Ma il processo breve è il vero obiettivo principe della maggioranza, che punta ad approvarlo, almeno in prima lettura, entro gennaio.

A una riforma della giustizia più complessiva, poi, il governo continua a pensare. Alfano ne sintetizza così le linee guida: “Parte essenziale del nostro obiettivo è una riforma costituzionale per l’effettiva parità di accusa e difesa nel processo”, in modo da “separare gli ordini dei pubblici ministeri, che per noi sono avvocati dell’accusa e dei giudici”. Alfano ha inoltre spiegato che al momento “i testi non ci sono, una riforma costituzionale non si improvvisa, ma le idee sono chiare e la loro declinazione testuale sarà presentata al parlamento quando il governo avrà un testo assolutamente definito”. Pende anche il provvedimento sulle intercettazioni, già approvato dalla Camera. Alfano fa un appello ai senatori: Non modificate l’impianto del ddl”.

Nell’intervento di Alfano anche una seconda accusa ai magistrati: “Pur nell’assoluta condizione di solitudine del governo, non aiutato dall’Anm in nessuna sede, né pubblica né nelle mailing list dei magistrati – ha detto Alfano in audizione alla Camera – siamo riusciti a coprire 50 dei 100 posti vacanti”. Il riferimento è alla battaglia “delle Procure vuote” lanciata dall’Anm per denunciare la mancanza di organico di cui soffrono molti uffici giudiziari.
Francesco Scommi

(Tratto da AprileOnline)