Lotta alla mafia nel 2020, il pm Sirignano: “attenti alle mafie straniere, sono un cancro da estirpare”
3 GENNAIO 2020
La mafia è un cancro che sarà difficile da estirpare se continueremo a non studiarla in maniera seria e se continueremo a rappresentarla in forma macchiettistica, tutta coppola e lupara. In Toscana “c’è una escalation della criminalità organizzata straniera, albanese e nigeriana, che rappresenta una delle priorità delle emergenze su cui impegnarsi in maniera seria ed aumentare ogni attività di contrasto” spiega il sostituto procuratore nazionale antimafia Cesare Sirignano parlando alla presentazione dell’attività 2020 della Fondazione Caponnetto sulle mafie.
Il fenomeno dell’immigrazione è legato a quello criminale – ha spiegato il magistrato -, se entrano 10, 100, 200mila persone che non lavorano e vengono da territori dove c’è fame, è chiaro che questo è un terreno fertile per la criminalità” ha argomentato Sirignano. “Stiamo assistendo ad un aumento esponenziale della criminalità straniera – ha aggiunto – che interessa anche la Toscana”. Tra le attività portate avanti dalle mafie straniere in Toscana, ha detto ancora Sirignano, ci sono il traffico di stupefacenti e la tratta di esseri umani. Parliamo di “organizzazioni criminali nigeriane che controllano un numero enorme di giovani donne”. Parole che sembrano difficili da comprendere per quanti hanno ancora una visione vecchia del pericolo mafioso. Una visione poco attenta alle evoluzioni delle mafie straniere. Cesare Sirignano, da magistrato che applica le leggi, spiega che la legislazione antimafia italiana “è certamente all’avanguardia ma sarebbe importante – spiega – che lo Stato impiegasse ulteriori risorse in termini di uomini e mezzi per poter rispondere alla sfida delle organizzazioni criminali in campo e alle loro capacità di investire e movimentare capitali importanti. Così come non si può non tenere conto del carattere transnazionale di queste organizzazioni mafiose ché rende più difficile perseguire i delitti”.Che cosa si può fare allora per aiutare la magistratura antimafia in questa battaglia contro le mafie straniere? Anche qui il magistrato, come di consueto, ha un atteggiamento propositivo e non polemico verso Parlamento e Governo. “C’è bisogno di una maggiore e migliore cooperazione internazionale e accordi con i Paesi africani dai quali provengono questi nuovi mafiosi” dice Sirignano. “Ci sono in Italia, per parlare di cose concrete, una ventina di collaboratori di giustizia per lo più nigeriani e occorre tenere conto che quando questi soggetti collaborano c’è bisogno di protezione anche dei loro parenti in Nigeria. Le mafie nigeriane, infatti, utilizzano l’arma della ritorsione e della vendetta trasversale per costringere gli ex affiliati ad interrompere la loro collaborazione”. Tecnicamente che cosa si può fare? Sirignano lo spiega da giurista prima ancora che da magistrato. “C’è bisogno di estendere l’articolo 18 del Testo unico sull’immigrazione, quello che norma il soggiorno per motivi di protezione sociale. Bisogna lavorare sui permessi di soggiorno per motivi di giustizia. Il sistema deve farsi carico non solo della protezione del collaboratore di giustizia in loco e cioè sul territorio nazionale ma occorrono accordi di polzia e diplomatici per garantire protezione anche ai familiari del collaboratore nel paese di orgine. Questo – racconta Sirignano – in parte lo si fa già ma possiamo fare ancora meglio perché nella lotta alle mafie i collaboratori di giustizia sono una strumento essenziale e dunque deve essere incentivato”.Ci troviamo di fronte a mafie pericolosissime che hanno capacità enormi, come anche le mafie italiane, di fare massa critica contro lo Stato. Sono mafie che non pensano più di scontrarsi frontalmente con lo Stato (come faceva nell’era stragista Totò Riina) ma pensano solo agli affari e per poterli fare evitano di dare spettacolo, seguono la strategia della sommersione e pensano solo a rastrellare risorse con l’economia del vizio (droga, prostituzione, azzardo) e altri affari criminali (manipolazione di appalti, drenaggio di risorse pubbliche) dalle quali ricavare le ricchezze immense che poi vengono reinvestite in Italia e all’estero nell’economia legale. Ed è questa la mafia più preoccupante, quella più perniciosa, quella che è entrata nella spina dorsale del Paese, nel tessuto connettivo della nostra società, come spiega spesso il magistrato antimafia Cesare Sirignano, non solo inquirente di primissimo ordine ma anche fine giurista e grande conoscitore della legislazione antimafia.
fonte:https://www.grandangoloagrigento.it/