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L’omicidio come “scambio di favori”

L’omicidio come “scambio di favori”

Come si è visto, secondo le notizie riferite da Cristiano FIORAVANTI, l’omicidio MATTARELLA rappresentò il frutto di uno “scambio di favori” tra il gruppo terroristico romano cui apparteneva Valerio FIORAVANTI e i mandanti mafiosi siciliani.
Questi ultimi, per un tramite rimasto ignoto (verosimilmente MANGIAMELI ma, ipoteticamente, anche altri – come gli appartenenti alla “banda della Magliana” – incaricati dal CALO’), avevano assicurato ai N.A.R. appoggi logistici e, in particolare, una specifica collaborazione per favorire l’evasione di Pierluigi CONCUTELLI dalla Casa Circondariale di Palermo.
Ciò, sicuramente, a partire da epoca antecedente al novembre 1979.
Tale progetto del novembre 1979 si inserisce in una serie di analoghi progetti, ai quali i neofascisti annettevano grande importanza politica, per il valore emblematico della figura di CONCUTELLI nel mondo dell’eversione di destra.
E’ chiaro, infatti, che chi fosse riuscito ad attuare un simile disegno avrebbe acquisito, per ciò stesso, grande prestigio ed autorità nella “galassia” dei movimenti della destra eversiva.
Nella relazione dell’Alto Commissario, pervenuta 1’8.9.1989, è contenuta una puntuale ricostruzione di ben nove progetti di evasione (v. pagg. 95-104).
Di questi, interessano particolarmente il presente procedimento:
1) il quinto, che avrebbe dovuto aver luogo nel novembre del 1979, durante la permanenza di CONCUTELLI nel carcere dell’Ucciardone, ove il detenuto, già ristretto all’Asinara, era stato trasferito 1’11.10.1979 per motivi di giustizia;
2) il sesto, che avrebbe dovuto essere attuato il 4.4.1980 sempre a Palermo, ove il CONCUTELLI era stato trasferito il 29.3.1980 per presenziare ad una udienza, fissata proprio per il 4 aprile, innanzi alla Corte di Appello.

Questi progetti di evasione sono stati ricostruiti in modo esauriente, grazie alle dichiarazioni di taluni degli stessi protagonisti e, in particolare e da ultimo, da Giuseppe DI MITRI, materiale responsabile del disegno da attuare nel novembre 1979.
Sono state già ricordate le dettagliate dichiarazioni rese, su tal punto, da Sergio CALORE (al G.I. di Palermo il 29.4.1986) e da Stefano SODERINI (al G.I. di Palermo il 29.6.1986).
A queste vanno aggiunte le dichiarazioni di Pierluigi CONCUTELLI, Giuseppe DI MITRI, Sergio CALORE e degli stessi Valerio FIORAVANTI e Francesca MAMBRO.
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LE DICHIARAZIONI DI PIERLUIGI CONCUTELLI AL G.I. DI PALERMO IL 23.6.1989 (Fot. 904729 Vol. LII)
“Il G.I. avverte il Sig. CONCUTELLI che, nell’ambito delle indagini istruttorie concernenti l’omicidio di Piersanti MATTARELLA, viene interrogato come imputato di reato connesso in relazione al procedimento penale a suo carico, in corso di svolgimento davanti alla Corte di Assise di Roma, ove è imputato del delitto di banda armata.
Il CONCUTELLI dichiara: prendo atto di quanto sopra e faccio presente che intendo rispondere alle domande, ma mi preme sottolineare che non intendo trasformarmi né in delatore né in un infame.
A D.R. In effetti è vero che è stato posto in essere un serio e concreto progetto per farmi evadere durante una delle mie presenze nel carcere di Palermo, in occasione di un processo a mio carico che si tenne nel marzo – aprile 1980 e comunque nella primavera di quell’anno.
Il progetto era di assalire il furgone cellulare durante il tragitto fra il carcere di Palermo e il Palazzo di Giustizia, bloccandolo mediante un tamponamento, verosimilmente nella via Gaetano Daita se mal non ricordo. Una volta fermato il cellulare, i Carabinieri sarebbero stati circondati dall’esterno, mentre io dall’interno avrei compiuto opera di persuasione, approfittando della concitazione del momento, per indurli a non reagire.
La portiera sul retro del cellulare sarebbe stata aperta a strappo mediante un cavo da rimorchio.
Inoltre si sapeva benissimo che quasi sempre lo sportello del conducente viene lasciato aperto per cui gli assalitori sarebbero entrati nel furgone attraverso questa via dopo l’effetto sorpresa dell’urto.
Pur non intendendo fornire troppi particolari, posso dire che questo progetto era tanto concreto che per ciò stesso io preferii andare a Palermo mentre, a Milano, dove mi trovavo perché vi era un altro processo a mio carico, avrei potuto partecipare ad un altro progetto di evasione che in effetti si concretizzò una decina di giorni dopo la mia partenza da Milano.
In tale evasione era coinvolto VALLANZASCA con altri del suo gruppo e con appartenenti a Prima Linea; il VALLANZASCA rimase ferito.
A D.R. Coloro che dovevano realizzare tale progetto erano Valerio FIORAVANTI, ed altri del suo gruppo, fra cui ricordo Francesca MAMBRO e Stefano SODERINI.
Un ruolo importante, soprattutto logistico e ricognitivo della zona, avrebbe dovuto essere svolto da Francesco MANGIAMELI, mio carissimo amico fin dai tempi dell’adolescenza.
Ho appreso che il progetto falli, in seguito, perché il MANGIAMELI che avrebbe dovuto essere presente anch’egli in città, si era reso irreperibile.
Anzi, secondo quanto mi ha detto Valerio FIORAVANTI questa è stata una causa se non quella principale della eliminazione del MANGIAMELI stesso.
Spontaneamente soggiunge: in effetti io credo che tutto fosse pronto per l’evasione e un primo urto io lo sentii da dentro il furgone; anzi in seguito il FIORAVANTI mi ha detto che l’urto era stato provocato da lui alla guida di una Fiat Ritmo o auto similare.
Fra l’altro, il FIORAVANTI mi ha descritto le caratteristiche del furgone ed anche gli abiti che io indossavo, per cui ritengo che quanto da lui riferito risponde al vero.
A D.R. A Palermo gli assalitori erano in possesso di mitra e di pistole semiautomatiche.
Successivamente, a Padova e a Roma, furono compiuti attacchi nei confronti di reparti dell’esercito per entrare in possesso di armi da guerra, più adatte per azioni del genere.
A D.R. In effetti, è vero che nel novembre 1979, in occasione di un’altra mia presenza carceraria a Palermo avrebbe dovuto essere posto in essere un altro progetto per farmi evadere.
Io, che già allora soffrivo di ulcera gastrica, avrei dovuto simulare una perforazione ulcerosa, ingerendo sangue che mi sarei prelevato dalle mie stesse vene.
Si prevedeva che sarei stato ricoverato in ospedale e, come allora mi si disse, avrei ricevuto un aiuto nel padiglione chirurgia per evadere.
Io stesso, che allora ero ricoverato alla 9^ sezione, ricevetti da un detenuto dell’8^ sezione di cui non intendo fare il nome, una «farfalla», durante il percorso per andare al colloquio con il mio difensore e provvidi a ingerire il sangue estratto da un mio braccio attraverso questo strumento.
Senonché, accadde che in carcere, forse perché impressionati dal mio nome, anziché ricoverarmi d’urgenza in ospedale, mi iniettarono per via endovenosa, con grave pericolo per la mia incolumità, una dose massiccia di morfina sintetica e/o baralgina.
Successivamente, ho appreso da Sergio CALORE e mi è stato confermato dagli interessati, che ad attendermi in ospedale vi erano membri del gruppo romano di Valerio FIORAVANTI e quest’ultimo personalmente.
Valerio FIORAVANTI mi ha confermato personalmente la sua presenza nell’ospedale di Palermo; e lo stesso ha fatto un altro del mio gruppo, di cui però non intendo fare il nome.
Sergio CALORE mi ha anche riferito, durante la nostra comune detenzione a Novara, che aveva consegnato al FIORAVANTI un mitra UZI che, per le sue ridotte dimensioni si prestava meglio ad essere occultato.
Anche tale circostanza mi è stata confermata dal FIORAVANTI.
A D.R. Valerio FIORAVANTI mi ha confermato non già espressamente la sua materiale partecipazione a questo progetto di evasione, bensì la sua conoscenza della partecipazione del gruppo romano all’evasione stessa.
Poiché Lei mi chiede nuovamente chi sia quella persona del mio gruppo che ha partecipato al progetto in questione e mi assicura che non ne potranno derivare conseguenze penali di apprezzabile rilevanza, non ho difficoltà a riferire che il personaggio in questione è Mario ROSSI che attualmente trovasi, se non erro, detenuto per l’espiazione di un residuo di pena.
A D.R. Io ritengo che la conoscenza tra MANGIAMELI e Valerio FIORAVANTI risalga agli anni 1977 – 78, nel periodo in cui cioè il gruppo palermitano di Terza Posizione ha tollerato una certa vicinanza col gruppo dello spontaneismo armato di Valerio FIORAVANTI.
Ciò, del resto, era in linea con l’atteggiamento complessivo di Terza Posizione su scala nazionale.
Credo che NISTRI e ZANI potranno confermare queste mie affermazioni, con maggiore precisione.
Come è noto, comunque, io in quel periodo ero detenuto all’Asinara.
A D.R. La Mia evasione è stata sempre il chiodo fisso di quella area politica di cui facevo parte e ubicata, secondo quanto io ritengo, erroneamente nell’ambito della destra eversiva.
A D.R. Non ho elementi per poter stabilire in che periodo si sono conosciuti FIORAVANTI e CAVALLINI”.
Sul punto, è stato sentito anche Mario ROSSI (Fot. 904917 Vol. LII), in data 4.7.1989, il quale ha escluso ogni sua partecipazione a qualsivoglia progetto della specie e, comunque, a quello del novembre 1979, asserendo di avere conosciuto Valerio FIORAVANTI qualche mese dopo.
Posto a confronto col CONCUTELLI, in data 18.1.1990 (Fot. 918542 Vol. LXVI), il ROSSI ha mantenuto ferma la sua dichiarazione, mentre il primo ha fatto una parziale ritrattazione, precisando che forse si era espresso male nell’interrogatorio del 23.6.1989.
Ha detto, infatti, che aveva saputo da qualcuno (forse il CALORE) che il ROSSI era stato informato del progetto di evasione del novembre 1979, senza però potere essere certo che questi avesse materialmente partecipato all’attività di preparazione.
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LE DICHIARAZIONI DI GIUSEPPE DI MITRI  AL G.I. DI PALERMO IL 22.11.1989 (Vol.LXIV Fot. 918016)

“Vero è che nell’autunno 1979 fui incaricato da Roberto FIORE di organizzare un progetto di evasione da un ospedale palermitano di Pierluigi CONCUTELLI.
In effetti, tra la fine di ottobre ed i primi di novembre 1979, scesi in aereo a Palermo da Roma (utilizzando quasi sicuramente il falso nome Andrea DELLA VALLE) per fare una ricognizione dei luoghi, previa presa di contatto con Francesco MANGIAMELI, ispiratore dell’evasione, il quale ne aveva tempo prima parlato con il FIORE e Gabriele ADINOLFI, forse nel corso di un «campo» politico tenutosi in estate a Metaponto.
Giunto all’aeroporto di Palermo, telefonai al MANGIAMELI, che mi venne a prelevare e mi portò a visitare l’ospedale ove il CONCUTELLI, a suo dire, avrebbe dovuto essere ricoverato, dopo avere simulato un attacco di ulcera.
A D.R. Se ben ricordo, la mia permanenza a Palermo fu breve e non so se arrivai a passarvi una notte.
Se ciò è avvenuto, sono stato sicuramente ospite del MANGIAMELI, giacché ricordo bene di essere stato a casa sua. Durante questa permanenza, non incontrai alcuno all’infuori del MANGIAMELI.
A D.R. Credo di essere in grado, ove necessario, di riconoscere l’ospedale palermitano da me ispezionato col MANGIAMELI.
La responsabilità organizzativa dell’evasione incombeva esclusivamente su di me, che, in «Terza Posizione», avevo riconosciute dagli altri le migliori capacità «organizzativo-militari».
Il MANGIAMELI si limitò a prospettare le esigenze sue personali di far evadere il CONCUTELLI cui era legato da antica e profonda amicizia, senza fornirmi alcuna indicazione su come avrei dovuto organizzare l’evasione. Subito dopo il viaggio a Palermo (che, ribadisco in questa sede, è stato l’unico da me compiuto), tornai a Roma e ricordo di avere incontrato a Tivoli Sergio CALORE, cui esposi il progetto, nel tentativo non solo di ottenerne l’ausilio sotto il profilo di un contributo per le armi che sapevo essere in suo possesso, ma soprattutto di coinvolgerlo personalmente nell’operazione.
Infatti, io vedevo l’evasione del CONCUTELLI, che non conoscevo, come un momento di aggregazione politica di vari gruppi eversivi di destra, esistenti in quel momento storico.
Ora che Lei me lo chiede, ricordo che all’incontro di Tivoli era pure presente Valerio FIORAVANTI.
A D.R. Quest’ultimo, elemento di punta dei NAR, era una delle persone cui avevo chiesto di partecipare per «l’operazione CONCUTELLI», proprio nella prospettiva politica sopra indicata.
Devo dire, infatti, che io in quel momento, pur militando ed essendo un esponente di rilievo di T.P., operavo a stretto contatto con Valerio FIORAVANTI, Cristiano FIORAVANTI, Alessandro ALIBRANDI, Stefano TIRABOSCHI e Mimmo MAGNETTA nell’attività di «lotta armata», che era estranea alle finalità di T.P.
A D.R. Le persone che, a mio avviso, dovevano operare a Palermo erano quelle sopra indicate, oltre a Roberto NISTRI, Giorgio VALE e Alessandro MONTANI.
Devo dire, però, che nell’organizzare il piano di evasione, io nutrivo forti perplessità sulla parte logistica successiva all’evasione stessa e, proprio per questo, avevo manifestato al MANGIAMELI tali perplessità.
Egli mi assicurò che ci avrebbe aiutati, anche se per la fuga dall’ospedale io volevo che fossimo coinvolti solo noi «romani», essendo prevedibile che le forze di polizia avrebbero immediatamente cercato tutti gli aderenti palermitani ai gruppi eversivi di destra.
Sta di fatto che, allorché appresi da FIORE che il CONCUTELLI aveva simulato l’attacco di ulcera in carcere, io non avevo ancora dato il mio assenso all’inizio delle operazioni, tanto che tutti noi eravamo ancora a Roma, seppure in uno stato di pre-allarme.
Intendo dire che il supporto logistico palermitano, promessomi dal MANGIAMELI, non mi era stato ancora comunicato o, forse, io non avevo ancora avuto modo di verificarlo in concreto.
Difatti, i miei ricordi su questa fase non sono nitidi, dato il tempo trascorso, e posso quindi oggi avvalermi solo di ricostruzioni logiche.
A D.R. Il mio piano prevedeva un intervento armato nella corsia dell’ospedale, volto a liberare CONCUTELLI, dopo avere immobilizzato con qualunque mezzo coloro che lo sorvegliavano, compresa la «volante» che verosimilmente si sarebbe trovata all’ingresso dell’ospedale.
Per quel che ricordo, con le precisazioni avanti fatte, posso dire che ritenevamo, dopo il ricovero del CONCUTELLI, di avere a disposizione alcuni giorni per potere scendere a Palermo in treno con le armi, rubare nel posto alcuni automezzi, conoscere la viabilità cittadina e portare a termine la liberazione del CONCUTELLI.
A D.R. Ricordo di aver chiesto, nell’incontro palermitano col MANGIAMELI, una base per nascondere il CONCUTELLI e noi stessi.
Il MANGIAMELI mi promise che l’avrebbe trovata, anche se non so nulla sul suo effettivo reperimento.
Io gli avevo consigliato di trovarla fuori città, anche se non molto distante da essa.
Spontaneamente aggiunge: desidero precisare bene che, per l’inizio dell’operazione, non era necessario il mio assenso, in quanto il nostro intervento era previsto solo dopo il ricovero del CONCUTELLI in ospedale, essendo questa la necessaria condizione perché il piano partisse, infatti, non era certo (così come la realtà dimostrò) che il CONCUTELLI riuscisse a farsi ricoverare in Ospedale.
Prendo atto che, secondo Alberto Stefano VOLO, il piano avrebbe dovuto prevedere un nostro intervento in concomitanza con l’arrivo in Ospedale del CONCUTELLI e che, quindi, noi avremmo dovuto essere presenti a Palermo.
Al riguardo, non posso che ribadire che ciò che ho detto è la verità e che nessuno di noi, per quel che so, era a Palermo.
Prendo, altresì, atto che il CONCUTELLI ha dichiarato di avere appreso da Sergio CALORE e da altri che il «gruppo romano» fu effettivamente presente in Ospedale, in quella occasione.
Anche sul punto non posso che riportarmi alla risposta precedente”.
Nelle dichiarazioni rese il 18.1.1990 (Fot. 918540-918541 Vol. LXVI), il DI MITRI ha poi più concretamente indicato i potenziali autori di quel progetto di evasione, distinguendo tra coloro con i quali aveva discusso il piano (Sergio CALORE e Valerio FIORAVANTI) e coloro ai quali si era riservato invece di illustrarlo:
“… All’incontro di Tivoli, di cui ho detto il 22.11.1989, che oggi ricordo essere avvenuto in una trattoria sita tra Marcellina e Palombara Sabina, era pure presente Roberto NISTRI, nel senso che accompagnò in auto me e Valerio FIORAVANTI, anche se sono quasi certo che non partecipò alla discussione con il CALORE.
A D.R. Non ricordo, oggi, se lo misi al corrente dell’oggetto della discussione, ma sarei portato a dire di no, non avendo egli partecipato all’incontro.
A precisazione di quanto a Lei dichiarato il 22.11.1989, devo dire che davo per scontata la disponibilità di coloro che ho menzionato in quell’atto a partecipare al tentativo di evasione del CONCUTELLI, anche se agli stessi mi riservavo di illustrare il progetto allorché mi fossi deciso a porlo in essere.
Ciò vale ovviamente per tutti, ad eccezione di Valerio FIORAVANTI, che partecipò direttamente all’incontro con il CALORE”.
E’ opportuno, infine, ricordare che le informazioni fornite dal DI MITRI sono state convalidate da un’ispezione dei luoghi, eseguita il 16.2.1990, nel corso della quale il dichiarante ha indicato con assoluta precisione:
1) l’Ospedale Civico di Palermo come la struttura nella quale CONCUTELLI, simulando un attacco d’ulcera, avrebbe tentato di farsi ricoverare;
2) il Padiglione di Chirurgia del detto ospedale come il reparto in cui esso DI MITRI aveva effettuato, insieme al MANGIAMELI, un sopralluogo per preparare l’evasione;
3) l’itinerario prescelto per la fuga, costituito da una stradina interna al nosocomio, chiusa da un cancello di ferro che avrebbe dovuto essere preventivamente forzato;
4) la casa del MANGIAMELI (v. relazione di servizio in data 16.2.1990 dell’Ispettore di Polizia Antonio ONGAR della
DIGOS di Roma: Fot. 918720-918722 Vol. LXVI).
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LE DICHIARAZIONI DI SERGIO CALORE AL G.I. DI PALERMO IL 22.11.1989 (Vol. LXIV Fot. 918023)
“Vero è che poco dopo la mia scarcerazione del 13.11.1979, mi vennero a trovare in Tivoli Valerio FIORAVANTI, Giuseppe DI MITRI e Roberto NISTRI.
Più precisamente io conoscevo molto bene FIORAVANTI, avevo incontrato qualche volta il DI MITRI e non conoscevo affatto il NISTRI.
Fu Valerio FIORAVANTI a dirmi che stavano progettando un tentativo di evasione del CONCUTELLI da un ospedale palermitano, ove quest’ultimo si sarebbe dovuto far ricoverare, simulando la perforazione di una ulcera.
Valerio mi chiese se potessi procurare loro una mitraglietta corta ed io gli risposi che quasi sicuramente gli avrei potuto fornire un mitra UZI privo di caricatore, cosa che in effetti feci, consegnandolo a Cristiano FIORAVANTI il giorno successivo, o meglio facendolo consegnare a lui da Bruno MARIANI, che lo conosceva giacché erano stati condetenuti da minorenni.
La consegna avvenne nella zona di Tor Pignattara.
Durante l’incontro, svoltosi con i tre di cui ho detto in una trattoria sita tra Marcellina e Palombara Sabina, mi fu chiesto solo dell’arma.
Io dissi loro se avevano bisogno di uomini, all’infuori di me che ero sottoposto ad obblighi processuali, ma mi fu risposto che non ve ne era bisogno.
A D.R. Il mio interlocutore principale fu Valerio FIORAVANTI, ma non posso escludere che anche gli altri due siano intervenuti nel discorso.
Valerio mi disse che il referente palermitano era Roberto MIRANDA; anzi, mi correggo, fu il DI MITRI a dirmi ciò.
Più esattamente, fui io a chiedere se i referenti palermitani fossero per caso Enrico TOMASELLI e Roberto INCARDONA, esponenti di «Costruiamo l’Azione» da cui si erano distaccati, nel 1978, per passare a T.P. ed al Movimento Indipendentista Siciliano (o sigla simile).
Mi fu detto, invece, che era il MIRANDA.
A D.R. Non ho saputo mai che a questo progetto era interessato Francesco MANGIAMELI, di cui seppi qualcosa solo dopo la di lui uccisione.
Fu il SIGNORELLI, infatti, mentre eravamo in carcere, a dirmi che lo avevo conosciuto durante una riunione in casa sua del settembre 1978 e che, anzi, lo avevo accompagnato anche alla stazione Termini.
A D.R. Non so null’altro di questo progetto di evasione”.

 

28 Gennaio 2020

fonte:http://mafie.blogautore.repubblica.it/