Di Pietro: “Non c’è figlio che tenga”
Cristiano Di Pietro implicato nella “grande rete” svelata a Napoli dalle intercettazioni relative all’inchiesta sugli appalti o vittima di un ricatto? Sono varie le angolazioni con cui ci si accinge a leggere l’ultimo colpo di scena che costringe il leader di Italia dei Valori a “sacrificare” il figlio pur di non intaccare la sua immagine di leader giustizialista e di baluardo dei magistrati presi a bersaglio da politici che non ne sopportano l’indipendenza. Intanto questa sera il sindaco di Napoli, Rosa Russo Iervolino, è stata ascoltata in serata a Napoli in Procura come persona informata dei fatti dai pm che conducono l’inchiesta sugli appalti pilotati dall’imprenditore napoletano, Alfredo Romeo
Il “Corriere della Sera” da’ ampio risalto in prima pagina alle “attivita’ di Di Pietro jr” nell’ambito della “grande rete” svelata a Napoli dalle intercettazioni relative all’inchiesta sugli appalti. Diverso il taglio scelto da “Repubblica”, che – sempre in prima pagina ma con caratteri più piccoli – titola sul “ricatto al figlio di Di Pietro” emergente dalle carte dell’inchiesta napoletana. Due angolazioni diverse per raccontare due aspetti della medesima vicenda, che si presta a riflessioni non solo di natura giudiziaria. Tanto più in una fase politica segnata, sul fronte dell’opposizione, dalle difficoltà del Pd, investito dalla “questione morale” e dalle inchieste che stanno colpendo il sistema di potere locale dei democratici. Su quelle difficoltà, Antonio Di Pietro è parso infierire rinsaldando la propria immagine di leader giustizialista e di baluardo dei magistrati presi a bersaglio – secondo la ricostruzione dell’ex pm – da politici che non ne sopportano l’indipendenza. Un cliché che le rivelazioni odierne – sebbene raccontate sotto profili diversi e con esiti giudiziari tutti da scrivere – mettono obiettivamente in discussione.
Tra i possibili effetti nel centrosinistra, c’è da mettere in conto un rafforzamento delle voci garantiste. Che nelle ultime settimane si sono sgolate non solo contro Di Pietro (accusato tra l’altro di “speculare” su casi come la richiesta di arresti domiciliari per il deputato del Pd Salvatore Margiotta, bocciata a Montecitorio con un voto unanime da cui si è smarcata solo l’Italia dei valori), ma anche nei confronti di quanti nel Pd chiudono a una riforma della giustizia che preveda modifiche costituzionali.
Tralasciando al momento la difficle arte delle previsioni politiche, c limitiamo alla cronaca di quella che deve essere parsa la giornata più lunga per l’ex pm leader di Italia dei Valori.
Il coinvolgimento del figlio di Antonio Di Pietro nell’inchiesta napoletana sugli appalti, ampiamente segnalato – seppure con diverse curvature – dai principali quotidiani, rilancia il dibattito politico sull’abuso di intercettazioni telefoniche. Un impatto che Di Pietro prova ad attutire con diverse esternazioni, compreso un intervento via blog: “Non c’è figlio che tenga e che possa condizionare l’azione della giustizia”, scrive il leader dell’Italia dei Valori. “Chi, come me e come Cristiano, non ha nulla da temere, non può e non deve unirsi – come in molti forse speravano – alla politica paludata che se la prende con i magistrati e chiede la riforma delle intercettazioni”. Di Pietro conclude l’intervento in crescendo: “Vogliono farmi dire che le intercettazioni devono essere fermate? Mai! Sono uno strumento indispensabile per i magistrati. Anzi, auguro loro, anche a quelli della procura di Napoli: ‘Buon lavoro e andate avanti'”.
Il segretario repubblicano Francesco Nucara si stupisce che Di Pietro “ancora non si renda conto della necessità urgente di una legge per limitare e indirizzare l’uso delle intercettazioni, come pure gran parte del sistema politico si e’ ormai convinto. L’incoscienza dell’onorevole Di Pietro ha raggiunto il colmo”. Il segretario del Pri augura a Di Pietro “di non finire lui personalmente e i suoi cari in un tritacarne che lui stesso ha consentito di alimentare”.
Nella discussione interviene in modo netto l’Udc, che pur lamentando la mancanza di unanimità nel centrodestra gli offre una solida sponda, dopo quella già proposta al governo sull’intero pacchetto giustizia: “La cosa peggiore sulle intercettazioni – dichiara il presidente vicario dell’Unione di Centro alla Camera, Michele Vietti – è continuare a non far nulla come la maggioranza, che aspetta di trovare l’unanimità. La politica – continua l’esponente centrista – deve assumersi la responsabilità di intervenire subito per evitare che si verifichino abusi nelle indagini e violazioni della riservatezza”.
Dalle file del governo, il ministro per l’Attuazione del programma, Gianfranco Rotondi, fa presente che “la legge sulle intercettazioni serve, ma in questo momento daremmo l’impressione di una reazione difensiva della casta”, dunque “forse è meglio inquadrarla nell’ambito della riforma più generale della giustizia”.
L’ulivista Franco Monaco apprezza: “Leggo che persino il ministro Rotondi osserva che, oggi, una legge tesa a limitare le intercettazioni suonerebbe come una reazione difensiva della casta. Una voce che si aggiunge a An e Lega. Il Pd – avverte Monaco – non può essere da meno per ragioni di principio e di contesto. Alludo a talune indagini giudiziarie in corso che riguardano suoi esponenti. Ponga perciò il Pd due ragionevolissime pregiudiziali: se ne discuta in sede di riforma complessiva e non ci si azzardi a escludere i reati contro la pubblica amministrazione. Sarebbe come decretare l’impunità per i corrotti”.
Intanto, la maggioranza lavora al pacchetto giustizia. Argomento affrontato oggi dal premier a Palazzo Grazioli, dove ha incontrato prima il Guardasigilli Angelino Alfano, poi il ministro della Difesa e reggente di An Ignazio La Russa nonché il capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri.
“Le intercettazioni sono un aspetto della più complessiva riforma della giustizia, che è necessaria se non si vuol mettere a repentaglio la credibilità delle istituzioni”, dice La Russa parlando coi cronisti a Montecitorio. Il reggente di An riferisce che a Palazzo Grazioli si è “discusso del metodo in vista di un provvedimento condiviso che rispetti l’indipendenza della magistratura e garantisca i cittadini”. Il ministro ricorda che la riforma della giustizia è “un pacchetto su cui c’è la possibilità di una larga intesa ma le intercettazioni non ne fanno parte”.
Più centrata sul nodo intercettazioni l’esternazione di Gasparri. “Ancora una volta – denuncia il capogruppo del Pdl al Senato – assistiamo all’incredibile prassi di veder divulgate intercettazioni di cui poco prima i magistrati hanno chiesto l’uso. Tra l’altro la sola lettura dei testi dimostra con evidenza che in molti casi non c’e’ alcuna rilevanza penale. La verità è che c’è un problema più generale della giustizia che va affrontato ponendo anche e soprattutto limiti all’uso e alla diffusione delle intercettazioni. Non si può essere garantisti a metà. Per questo serve una legge urgente che sia condivisa da tutti”.
Il deputato del Pdl Giuseppe Consolo fa notare che “nel dibattito in corso sulla limitazione o meno delle intercettazioni, c’è un argomento che appare essere il protagonista emarginato, vale a dire la non pubblicabilità per legge delle cosiddette intercettazioni ‘inutili’, quelle cioè del tutto estranee a qualsivoglia ipotesi delittuosa”.
Pertanto “in attesa che la classe politica si metta d’accordo sulla limitazione o meno delle intercettazioni (che a mio avviso andrebbero comunque riservate ai reati più gravi)”, sarebbe opportuno secondo Consolo intervenire, “se occorre anche in via d’urgenza, per vietare quello che è solo un gossip giudiziario”. Per un altro esponente del Pdl, il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi, “le intercettazioni vanno fatte solo quando sono necessarie e comunque non possono essere usate come unico strumento di prova. Consideriamo sbagliato abusare di questo strumento o ricorrere ad esso in maniera distorta”. Lupi assicura che “su questa strada la maggioranza andra’ avanti convinta e compatta”.
Ida Rotano
(tratto da www.aprileonline.info)