La rivelazione nelle carte dell’inchiesta di Reggio Calabria. I boss intercettati si lamentano del tetto al contante.
L’utilizzo del Pos rende più difficile la vita alle mafie. Chi lo dice? Le mafie. E chissà se la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che non ha ascoltato su questo punto gli esimi pareri di chi conosce bene l’evasione fiscale, ora si convincerà che le sue scelte (fortunatamente non tutte riuscite) siano un gran favore ala criminalità organizzata.
LA RIVELAZIONE NELLE CARTE DELL’INCHIESTA DI REGGIO CALABRIA. I BOSS INTERCETTATI SI LAMENTANO DEL TETTO AL CONTANTE
Dalle carte dell’operazione antimafia di ieri, denominata “Eureka”, si racconta di Domenico Giorgi, il capo di un impero di soldi sporchi accumulato con il narcotraffico che venivano reinvestiti in società dedite alla ristorazione. Che la ‘Ndrangheta abbia messo le mani sui ristoranti come lavatrici dei soldi sporchi lo sappiamo da tempo. Giorgi con la società “Caffè In srl” controllava il ristorante “Antica Trattoria da Pallotta” di Roma mentre con alcune società portoghesi controllava cinque ristoranti in Portogallo.
Le società ovviamente erano solo una copertura. Alla fine del mese i soldi di tutte le attività venivano spartiti tra i soci occulti. Mentre si dividono i soldi però i soci dell’attività di copertura si lamentano proprio dell’utilizzo del Pos: “C’abbiamo perso un milione di euro”, dicono nervosi. Scrive il Gip: “I due si lamentano dei pagamenti effettuati tramite Pos, circostanza che limita notevolmente il margine di manovra per distrarre somme dagli incassi della società”. È il 22 novembre del 2021, quando Domenico Giorgi e Francesco Nirta “offrono ulteriori elementi in ordine alle divisioni mensili tra i soci del contante proveniente sia dal circuito dei ristoranti portoghesi, sia dalla gestione del ristorante romano; i due ripercorrono le spartizioni dei mesi precedenti, fino a giungere a quella più recente del mese di ottobre, mensilità durante la quale i quattro membri del gruppo hanno percepito una quota pro capite pari a 16.135 euro”.
Tra pagamenti elettronici e pandemia non si danno pace: “Nel 2018 – dicono Giorgi e Nirta – erano 29mila euro di spartizione, 116mila abbiamo diviso, 29mila euro a testa. Proprio, in assoluto è stato nel 2017, 48mila euro a testa. Ci siamo divisi 194mila euro”. E sostengono che un risultato analogo avrebbero conseguito anche nel 2021 senza le chiusure dovute alla pandemia: “Ci ha rovinati, che se era con il lavoro normale, ci saremmo divisi un sacco di soldi”.
Torniamo indietro. Vi ricordate “gli appunti di Giorgia”? Avrebbe dovuto essere un appuntamento settimanale di Meloni con i suoi elettori sui social del Governo. Non deve essere andata benissimo la prima puntata, visto che è stata l’ultima. Disse Giorgia Meloni il 4 dicembre: “Abbiamo aumentato il tetto al contante perché il tetto al contante sfavorisce la nostra economia perché siamo in un mercato europeo e, in un mercato europeo, il tetto al contante ha un senso se ce l’hanno tutti, mentre in Europa esistono diversi tetti al contante e molte nazioni che non hanno un tetto al contante”.
A ruota intervenne anche il ministro Salvini: “Le multe vanno previste per altro” disse “se le opposizioni si attaccano alla questione del Pos vuol dire che è un’ottima manovra”. Notevole fu anche l’intervento del ministro Tajani: “Non è lì che si evade, se metti una soglia al pos più bassa basta andare 3 volte in banca e ritirare, non è che lì si combatte la corruzione e l’evasione fiscale”. Le risposte alle loro corbellerie, dopo averle ricevute dall’Europa (la moneta elettronica è negli obbiettivi del Pnrr) ora le hanno avute anche direttamente dai boss.