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L’intervento dell’Avv. Gerardo Tommasone dell’Associazione Caponnetto al Convegno “Legalità mi piace” a Santa Maria Capua Vetere.

Intervento  dell’Avv. Gerardo Tommasone in rappresentanza dell’Associazione Caponnetto  al Convegno sul tema “Legalità mi piace” svoltosi presso l’Istituto Angiulli di S. Maria C. V. (CE)

Il  Racket è l’espressione criminale con la quale le mafie (mafia siciliana; camorra campana; ndrangheta calabrese; sacra corona unita pugliese) finanziano le loro casse, unitamente con altre attività criminali come la droga, per poi prendere potere ed infiltrarsi nell’economia e nella politica. Abbiamo varie forme di racket: dell’estorsione; della prostituzione, del gioco d’azzardo e attualmente dell’immigrazione. Su cosa si fonda l’estorsione? Sulla paura e sull’omertà. Come si combatte? Con la denuncia e con il coraggio. Maggiore sarà la paura e minore sarà la denuncia più si denuncia meno si ha paura. La stessa cosa per il coraggio e l’omertà, più si è omertosi meno coraggio per denunciare. Un tempo le estorsioni erano più pacate più gentili per poter fare breccia poco alla volta nella mente degli estorti e far nascere la paura successivamente se non si sottomettevano. Ora i gruppi criminali operano con azioni più violente e dirette tali da ingenerare più timore ergo paura. Su tale emozione si fa una breve citazione della scrittrice e psicoterapeuta Susan Forword, la quale nel suo libro “Emotional Blackmail”(Trad. Ricatto emozionale), sostiene che comunque venga espresso il ricatto, il messaggio sottostante è chiaro ed è: se non mi darai quello che voglio te la farò pagare. Si tratta sicuramente di un messaggio che intristisce la vita, in quanto sovente genera paura, senso di colpa, ansia e ci spinge a muoversi in una direzione che non è esattamente quella che vorremmo o quella più vicina ai nostri profondi desideri. Il ricatto per verificarsi necessita della partecipazione di due persone: un ricatto sia esso psicologico che semplicemente morale non può funzionare senza la partecipazione della vittima, la quale lascia che il ricatto accada e si ripeta più volte. Si tratta di una partecipazione più o meno consapevole e in ogni caso sofferta. Non ci si rende conto, a volte di essere imbrigliati in questo tipo di dinamica, altre volte, si è consapevoli del ricatto, ma non si riesce comunque a farvi fronte poiché tocca i nostri punti deboli, i quali variano da soggetto a soggetto e ci costringono a reagire secondo esperienze personali. In termini psicologici se volessimo personificare il ricatto, lo si rappresenterebbe in un bambino nutrito da due genitori. Da un lato l’imprenditore e dall’altro l’estorsore. Più i due alimentano il terrore-paura, la minaccia con la sottomissione più il bambino cresce e il ricatto si fortifica, si diventa vittima e carnefice allo stesso tempo di se stesso. La paura quella di denunciare quella del male prospettato ingiusto cosa porta alla denuncia? la tutela dei nostri cari? dei nostri beni? di noi stessi?. Per avere il coraggio di denunciare però un ruolo fondamentale lo fanno anche le istituzioni attraverso la tutela di coloro che denunciano e che vorrebbero leggi più severe o quanto meno applicate con la certezza della pena. Non bastano le misure restrittive personali cautelari o per sconto pena, a fermare la criminalità e i vari clan. Difatti alcuni esponenti di spicco o capi clan arrestati, continuano a dare ordini dal carcere o delegano già il successore. Strumento efficace invece e si sono visti i risultati negli ultimi tempi è: la misura di prevenzione patrimoniale con il sequestro dei beni della mafia e veramente con tale legge si è tagliato letteralmente le gambe alle organizzazioni criminali, togliendo di fatto il potere del denaro e di disporne. Paradossalmente si hanno più collaboratori di giustizia (ex criminali-pentiti) che testimoni di giustizia (solo 81 a livello nazionale). La legge sui testimoni di giustizia attuale non è coerente con i fini della protezione a 360 gradi del soggetto che ha denunciato, poiché la stessa prevede che il soggetto da proteggere venga mandato in località segreta e automaticamente perde quella sua attività ove ha messo tutto se stesso per la riuscita. Oggi è stata modificata ed in fase di discussione ed approvazione da parte del Parlamento in modo da poter proteggere l’attività del soggetto e la propria incolumità sul posto e così il numero di testimoni di giustizia (solo 81 attuali) aumenterà di sicuro sentendosi più protetti ma soprattutto senza recidere in maniera netta i rapporti sociali e lavorativi pregressi. La lotta al racket la si fa anche denunciando imprenditori collusi o imprenditori mafiosi in aiuto delle istituzioni poiché il provvedimento dell’interdittiva antimafia rilasciato dalle prefetture, non bastano ad impedire l’attività di quelle imprese colluse con il crimine e che magari non si hanno conoscenza così diretta come da chi è dentro il mestiere o la professione che sia.

Si deve sottolineare che un ruolo fondamentale ad adiuvandum alle istituzioni lo fanno anche le associazioni che hanno fatto della legalità e della protezione di chi denuncia il loro obiettivo e interesse statutario come ad esempio Associazione Antiracket “SOS Impresa Alilacco” e l’Associazione Nazionale Antimafia “A. Caponnetto” la quale vanta già numerose costituzioni di parte civile in tutta Italia in numerosi processi per tutelare gli interessi dei cittadini onesti, anche attraverso l’impegno a sostenere chi denuncia e con la redazione di numerosi dossier che riguardano fatti illeciti perpetrati sul territorio nazionale prontamente denunciati presso le procure competenti.