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L’indifferenza ferma la ribellione Buccinasco, poche lenzuola antimafia. QUANDO NOI DICIAMO CHE LA CULTURA MAFIOSA HA DIMENSIONI MAGGIORI DI QUANTO NOI PENSASSIMO !

Il Corriere della Sera, Lunedì 29 maggio 2017

L’indifferenza ferma la ribellione Buccinasco, poche lenzuola antimafia

Solo qualche decina di drappi in risposta all’appello del Comune. Il sindaco: disinteresse Paura L’ Amministrazione è delusa: «Eppure era questo il momento di schierarsi» 

di Cesare Giuzzi

Buccinasco non è Palermo. E purtroppo. Perché la città martoriata da Cosa nostra e dagli attentati a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino seppe, comunque, reagire. E anche se il paragone va fatto con le doverose proporzioni, chi 25 anni dopo ha deciso di «esportare» a mille chilometri di distanza l’idea di esporre lenzuola bianche ai balconi contro la mafia, sperava forse che quei cinque lustri davvero non fossero passati invano. E invece nelle parole del sindaco Giambattista Maiorano c’è più amarezza che delusione. Perché ieri a Buccinasco doveva essere il giorno delle lenzuola bianche dopo la scarcerazione, tre settimane fa, del boss Rocco Papalia, condannato a 124 anni complessivi di carcere e uscito dopo 26 grazie al cumulo delle pene. Una proposta che il Consiglio comunale della Platì del Nord (etichetta che resta difficile da cancellare) aveva votato all’unanimità: destra e sinistra insieme, nessun distinguo. Ieri però il colpo d’occhio non è stato all’altezza delle speranze. Non che sia facile esporre un telo bianco in una cittadina dove il vicino di casa è imparentato con personaggi legati alle cosche calabresi o dove il boss Papalia vive in un palazzo che divide a metà con l’associazione Villa Amantea e ospita giovani profughi. E allora il sindaco Maiorano, che a giugno finirà il suo mandato senza ricandidarsi, parla di «troppa indifferenza» da parte dei suoi concittadini. Indifferenza verso il tema della presenza mafiosa a Buccinasco, che poi è la perenne sottovalutazione di un fenomeno che siccome non spara allora qualcuno crede davvero non esista. «Eppure era il momento di schierarsi. Era questo il momento», ammette il sindaco.

Se è vero che qualche palazzo ha visto anche due o tre lenzuola esposte, ci sono intere vie, popolosi caseggiati, o anche piccoli quartieri senza neppure un drappo alle finestre. Tre lenzuola esposte in via Guido Rossa, dove la cosca Barbaro ha sepolto scorie industriali nei giardini. Qualcuno in più in via degli Alpini, pochi al quartiere dei «musicisti» dove un mese fa è stato arrestato Giuseppe Grillo, latitante da tre mesi per droga e genero di Antonio Papalia. C’erano invece sul municipio e al balcone della sede della Croce rossa di via Fratelli Rosselli che prima di essere confiscata era la casa di Antonio Papalia. Ce n’era uno a un balcone di via Nearco, coraggiosamente esposto da un vicino di casa di Papalia. Unico drappo in quella strada, oltre a quello appeso all’appartamento al civico 6, sopra la casa del boss, dove oggi vivono Sandro, Daniela e la loro famiglia allargata: due giovani profughi e altri quattro in arrivo a fine mese. La stessa casa che ieri mattina è stata visitata da famiglie e bambini della biciclettata per la legalità «MagnaLonga Sudomi». Un tour che ha toccato diversi luoghi simbolo della lotta antimafia nel Sud Milano.

Nel cortile di casa la moglie di Rocco Papalia, Adriana Feletti, impegnata a stendere il bucato. Quando ha notato quegli strani «visitatori» ha accennato a un sorriso e ha salutato tutti con un « buongiorno». Una scena surreale, con l’anziano boss e la sua famiglia che ospitano, nella porzione del palazzo che anni fa è stata confiscata al clan, una iniziativa antimafia. Una realtà con la quale Buccinasco si trova forzatamente a convivere, perché la ‘ndrangheta qui è arrivata quarant’anni fa, non oggi. E allora ci sono le parole di un ragazzino che entra in via Nearco insieme ai genitori con il candore dei suoi pochi anni: «È questa la casa del mafioso?». Non fanno in tempo a zittirlo, le parole arrivano alla signora Papalia nell’altra metà del cortile che non riesce a trattenersi: «No, è qui la casa del mafioso. Vuoi entrare? Devi venire di qui…». In quel cortile, in un’edicola di cemento, c’era la statua della Madonna di Polsi, la «santa» della ‘ndrangheta. Dopo la confisca è stata buttata. Oggi ci sono soltanto dei fiori.