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[L’inchiesta] I rifiuti tossici, il parroco ucciso, il senatore e l’inventore dell’ecomafia. I misteri della discarica di Borgo Montello Ecco le carte della relazione della commissione di inchiesta sul ciclo dei rifiuti riguardo la discarica di Latina. Tra clan dei casalesi, interessi politici e strani affari. Un’altra terra dei fuochi di cui non parla nessuno

[L’inchiesta] I rifiuti tossici, il parroco ucciso, il senatore e l’inventore dell’ecomafia. I misteri della discarica di Borgo Montello

di Nello Trocchia, giornalista d’inchiesta

La terra dei fuochi non è un perimetro territoriale, ma un paradigma di sviluppo, che ha come principe cardine la riduzione dei costi di smaltimento nei bilanci delle aziende a danno della salute pubblica e delle casse dello stato. L’ennesima conferma arriva da una storia, quella della discarica di Borgo Montello, in provincia di Latina, crocevia di traffici illeciti. Una storia che è stata oggetto di un corposo approfondimento, contenuto nella relazione sul Lazio della commissione di inchiesta sul ciclo dei rifiuti, approvata a fine dicembre, a firma di Paola Nugnes (M5S) e di Laura Puppato (Pd).

Oggi la discarica è ferma per l’esaurimento delle volumetrie. Occupa circa 50 ettari, divisi tra due società, La Indeco srl, riconducibile al gruppo Green holding di Milano e la Ecoambiente, con quote divise tra Latina Ambiente (gestore del servizio di raccolta del comune di Latina, partecipata al 51 per cento dall’ente locale e al 49 per cento da società riconducibile alla famiglia Colucci) e società della holding di Cerroni, quest’ultimo coinvolto in un maxi processo in corso presso il Tribunale di Roma per traffico illecito di rifiuti e truffa.
L’intercettazione inedita

Per capire gli interessi che sono ruotati attorno alla discarica di Borgo Montello, la quarta discarica per estensione in Italia, bisogna partire da un’intercettazione inedita che Tiscali ha potuto leggere, risalente al 1994. A parlare è Cipriano Chianese, oggi condannato a 20 anni per disastro ambientale e collusione con il clan dei Casalesi: “A me mi è successo lo stesso fatto per un cliente a Latina sulla discarica di Borgo Montello”. Chianese parlava al telefono di assicurazioni e incidenti sul lavoro, ma richiama un suo cliente operativo su quella discarica. La riprova che il giro di clienti, operatori, imprenditori è sempre lo stesso. Chianese è considerato l’inventore dell’ecomafia in Campania dalla procura antimafia di Napoli.
Il modello dei Casalesi

Nella relazione c’è un paragrafo dedicato proprio alle presenze della criminalità ambientale nell’aria di elementi riconducibili al clan dei Casalesi. La provincia di Latina è stata al centro di investimenti e presenza costante di uomini del gruppo camorristico. E’ il 1988 quando Carmine Schiavone, poi divenuto collaboratore di giustizia, decide di investire 3 miliardi di vecchie lire per comprare un’area agricola a fianco alla discarica, intestata ad un incensurato Antonio Schiavone. Il sistema di smaltimento utilizzato in provincia di Caserta, a fine ottanta, era replicato anche a Borgo Montello. “Mi diceva Salzillo (nipote del boss Antonio Bardellino, ndr), ai tempi in cui faceva parte del nostro gruppo – spiegò Schiavone nel 1996 – che lui operava con la discarica di Borgo Montello. Da tale struttura lui prendeva una percentuale sui rifiuti smaltiti lecitamente ed in tale struttura lui faceva occultare bidoni di rifiuti tossico nocivi per ognuno dei quali prendeva 500 mila lire”. Nel 2008 l’investimento della famiglia Schiavone viene dismesso con la vendita dell’area a favore della società Indeco. L’uomo incaricato dagli Schiavone era Michele Coppola, più volte coinvolto in procedimenti penali e “in possesso negli anni ottanta di una rilevante quantità di armi”.
L’omicidio senza colpevoli

Nel marzo 1995 a Borgo Montello viene ucciso il parroco Don Cesare Boschin, un delitto senza colpevoli. Su questo la commissione chiede un ulteriore approfondimento di indagine: “L’inchiesta appare per alcuni aspetti lacunosa. Nel fascicolo non sono presenti attività tecniche o analisi di tabulati telefonici (ad esempio una analisi del traffico telefonico di don Cesare Boschin avrebbe potuto fornire indicazioni importanti) e le indicazioni, anche se parziali, fornite da alcuni testimoni su una eventuale pista investigativa riconducibile ai traffici illeciti di rifiuti non venne seguita fino in fondo”.
I rifiuti interrati e i testimoni

Un paragrafo della relazione è relativo all’ipotesi dell’interramento di rifiuti pericolosi sia sotto forma di fusti, sia attraverso la dispersione di fanghi industriali, mescolati con i rifiuti solidi urbani all’interno dell’invaso. Sui contaminanti presenti nelle viscere della terra merita menzione la relazione allegata agli atti del processo per avvelenamento delle acque, realizzata dal perito Tomaso Munari, che ha effettuato nuovi prelievi. “Nella relazione finale – si legge nel dossier della commissione – depositata al giudice dell’udienza preliminare, sono evidenziate alcune criticità dello studio realizzato da ARPA Lazio e ISPRA, che porterebbero a considerare come sottostimati i livelli di inquinamento – già di per se rilevanti – riportati”.
I rifiuti pericolosi

La denuncia dell’ambientalista Giorgio Libralato sull’inquinamento delle falde acquifere da metalli pesanti aveva indotto la Squadra Mobile di Latina ad aprire un’indagine, poi archiviata, ma che è finita nel dossier della commissione perché emergono alcuni dati di interesse. Nell’informativa della squadra mobile si legge che nell’invaso: “Sono stati interrati, tra il 1987 ed il 1990, rifiuti altamente pericolosi, tali da inquinare le falde acquifere”, allegando una mappa con l’indicazione precisa del punto di interramento”. E viene individuato un possibile autore, Andrea Proietto, titolare della società Pro.chi, responsabile della gestione della discarica negli anni ottanta, ma viene precisato: “Va aggiunto che i nomi citati non risultano iscritti nel registro degli indagati nell’ambito del procedimento 14948/13/19 e che – a conclusione delle indagini – il giudice per le indagini preliminari ha disposto l’archiviazione, accogliendo al richiesta della procura della Repubblica di Latina”. La commissione, grazie ai poteri giudiziari di cui dispone ha poi ascoltato diversi testimoni, indicati dalle lettere a, b, c, d, per tutelarne la sicurezza. L’eventuale l’interramento di scorie industriali obbliga un diverso intervento di bonifica rispetto a quelli ipotizzati. Il teste A ha indicato il teste b come preziosa fonte di informazione sui tombamenti di rifiuti. Proprio quest’ultimo ha confermato alcuni particolari smentendo altri, ma alla fine “si è è rifiutato – si legge nella relazione – di firmare il verbale di sommarie informazioni, mostrando alla fine dell’interrogatorio un evidente stato di agitazione e paura”. Il testimone B ha chiarito che ha conosciuto Proietto e aggiunto: “ Proietto all’epoca era molto amico con il senatore Calvi Maurizio. Questi veniva spesso a trovarlo e la gente diceva che grazie a questa amicizia la discarica otteneva le autorizzazioni e in cambio tutti votavano Calvi. L’autista di Calvi era uno dei dipendenti della discarica, tale Fraulin Sergio. L’autovettura di Calvi era intestata a Proietto e di fatto Fraulin era pagato da Proietto”. Il testimone C ha chiarito di aver lavorato per Proietto e che nei primi anni novanta, interrogato, aveva chiarito davanti agli inquirenti accompagnato da Michele Coppola: “ Io dissi la verità confermando di aver visto con i miei occhi la presenza dei fusti che venivano buttati in mezzo all’invaso della discarica”; ricorda che queste dichiarazioni “non vennero prese a verbale dal funzionario o almeno non ricordo di aver firmato alcun verbale”. Poi ha aggiunto: “ In quel periodo tutti quelli che abitavano o lavoravano in zona sapevano che i mezzi entravano in discarica e scaricavano dei fusti (bidoni da 200 litri in lamiera e altri fusti in plastica) in mezzo ai rifiuti e che questi fusti venivano mescolati e interrati con i mezzi della discarica”. L’ultima parte della relazione si sofferma sui rapporti politici dei soggetti citati a partire da Maurizio Calvi. Ecco le conclusioni: “L’informativa della squadra mobile di Latina del gennaio 2013, dopo aver riassunto quanto era emerso nel corso delle indagini del 1994, evidenzia: “Da quanto descritto sono emersi univoci elementi informativi circa contiguità, non meglio specificate, se non per ciò che riguarda rapporti di lavoro di collaboratori del senatore Calvi (Giorgi e Fraulin) con società riconducibili alla famiglia Proietto. E’ plausibile ritenere che i predetti collaboratori fossero remunerati dalle società riconducibili ai Proietto. Altro particolare che rileva è il fatto che i Proietto nel periodo in cui hanno gestito la discarica avessero chiesto, ed ottenuto un ampliamento della stessa, da 5 a 42 ettari, da parte del presidente della regione Lazio. Il Presidente pro tempore è stato identificato in Santarelli Giulio, anch’egli esponente del partito socialista come il senatore Calvi”. Bisogna ricordare che Stefano Proietto, figlio di Andrea, è stato impegnato nel settore dei rifiuti ed è stato anche amministratore delegato di una partecipata dell’Ama, nominato dall’allora sindaco di Roma Gianni Alemanno.
L’uomo chiave tra politica e affari

C’è un altro nome che spunta nella relazione, quello di Bruno Landi: “A quanto già osservato dagli investigatori di Latina – conclude la relazione – va aggiunto un ulteriore elemento. Il citato Giulio Santarelli aveva preceduto nella guida della regione Lazio Bruno Landi, politico dello stesso partito. Fu lo stesso Landi ad autorizzare, come abbiamo visto, l’utilizzo dell’invaso ex 2B di Borgo Montello per accogliere i rifiuti pericolosi; durante il suo mandato la Pro.Chi. della famiglia Proietto ha poi visto ampliare il volume d’affari, fino alla cessione delle quote alla famiglia Maruca. Bruno Landi alla fine degli anni ’90 entrerà nel management del gruppo Cerroni, fino ad arrivare alla nomina di amministratore delegato della Ecoambiente S.r.l., uno dei due attuali gestori”. Una relazione che soddisfa i comitati, ma di cui nessuno parla. “Da una parte siamo soddisfatti del lavoro svolto dalla commissione – spiega Giorgio Libralato, consulente tecnico dei comitati e ambientalista – ma dall’altro restiamo perplessi perché visto quanto emerso, sia per i collegamenti politici e anche per le possibili omissioni nelle indagini, auspicavamo un’attenzione maggiore della pubblica opinione”. Meglio parlare delle buste della frutta e dei due centesimi.

9 gennaio 2018