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L’imprenditore turistico nelle mani del clan e l’Eurolido “residenza” del boss

L’imprenditore turistico nelle mani del clan e l’Eurolido “residenza” del boss

Fra gli arrestati anche Vittorio Palermo, per gli inquirenti considerato un “prestanome” e “organico” alla cosca

Pubblicato il: 05/05/2021 – 7:07

di Giorgio Curcio

LAMEZIA TERME Per gli inquirenti è un imprenditore «organico alla cosca Bagalà» e partecipava alle attività del clan in modo del tutto consapevole in qualità di “prestanome” dell’associazione. Lo scrive nero su bianco il gip Matteo Ferrante nell’ordinanza che ha portato all’arresto di 17 persone nel blitz “Alibante” coordinato dalla Dda di Catanzaro, tra le quali c’è anche l’imprenditore Vittorio Palermo, finito in carcere.

I legami dell’imprenditore con il boss

Vittorio Palermo, classe ’58, nato a Ischia ma residente a Cosenza, è anche uno stimato professionista, un imprenditore e ricercatore universitario dell’Unical. Inoltre, in questi anni, ha portato avanti numerose iniziative organizzate da diverse associazioni attive nel sociale. Per gli inquirenti, invece, Vittorio Palermo – è scritto nell’ordinanza firmata dal gip Ferrante – sin dagli anni ’90 avrebbe «intessuto legami con il boss Carmelo Bagalà». Non è casuale, ad esempio, che tutte le società riconducibili a Vittorio Palermo siano amministrate dai fratelli Gedeone. Proprio il commercialista, Umberto (tra gli indagati) dal 1992 al 1997 ha lavorato per la “Turismo Servizi spa”, gestore dell’hotel Eurolido di Falerna, intestata proprio a Vittorio Palermo, per poi far parte dal 1997 al 2006 della “Turismo&Sviluppo”, altra società fondata da Vittorio Palermo. 

L’Eurolido “casa” del boss Bagalà

Ma non solo. Per gli inquirenti, Vittorio Palermo avrebbe messo a disposizione proprio il noto hotel Eurolido, a Falerna, come deposito occulto dei proventi illeciti accumulati nel corso del tempo da Carmelo Bagalà. «Centomila euro.. un altro poco.. me li sono fatti dare da.. dall’Eurolido..» dice proprio Bagalà in una intercettazione captata dagli inquirenti. Il reimpiego di quei 100mila euro nella Calabria Turismo di Vittorio Palermo, peraltro, trova riscontro in altre intercettazioni in cui quest’ultimo chiedeva a più riprese informazioni: «È arrivato poi quel bonifico? Quello che doveva arrivare dalla Jugoslavia.. dalla Dalmazia.. non so da dove doveva arrivare!.. ma doveva arrivare la settimana scorsa..». Affermazioni che dimostrano quanto Palermo fosse coinvolto negli affari illeciti della cosca. E non è un caso – per gli inquirenti – se dal luglio del 1999 al 2004 Carmelo Bagalà aveva anche fissato il proprio domicilio all’hotel “Eurolido” durante il periodo di sottoposizione alla sorveglianza speciale, svolgendo anche periodi lavorativi come dipendente proprio della Sviluppo&Turismo, così come la figlia, Francesca Bagalà, sebbene per entrambi si tratti di redditi mai percepiti realmente.

I migranti e il “Residence degli Ulivi”

Ma, proprio attraverso l’imprenditore Palermo, Carmelo Bagalà sarebbe riuscito a mettere le mani sui proventi derivanti dall’accoglienza dei migranti negli anni 2011, 2012 e 2013. Altro tassello importante nella ricostruzione dei legami tra l’imprenditore Palermo e il boss Bagalà – infatti – è proprio la gestione del “Residence degli Ulivi”, formalmente riconducibile a Vittorio Palermo e per un certo periodo di tempo adibito a centro di accoglienza dei migranti. Risalgono al 2002 le due concessioni edilizie ottenute dal Comune di Falerna  per la realizzazione del centro turistico-alberghiero, in contrada Schipani, località Torre Lupo, e che rientravano in un più ampio piano di lottizzazione che comprendeva anche la realizzazione dell’abitazione di Carmelo Bagalà, distante poche decine di metri dalla struttura. Lavori poi ultimati nel giugno del 2004, prima attraverso la “Turismo e Sviluppo srl” e poi, dal 2015, attraverso la “Eurolido srl”.

Il business dell’accoglienza

Il 30 aprile 2011, la società Eurolido srl, rappresentata sempre da Vittorio Palermo, stipula un contratto di locazione che prevedeva il pagamento di un canone di 13.500 euro al mese con la società consortile “Calabriaaccoglie” che, a sua volta, aveva stipulato un contratto con la Protezione Civile della Regione Calabria per la gestione dei servizi di accoglienza in favore dei migranti, convenzione poi cessata nel dicembre del 2012. A gennaio 2013 però alla cooperativa in parola era stato affidato dalla Prefettura di Catanzaro il servizio di accoglienza. A marzo, però, a causa di diverse problematiche, l’Eurolido rescinde il contratto di locazione, fino allo sgombero della struttura. In diverse occasioni e intercettazioni captate dagli inquirenti, Carmelo Bagalà rivendicava la struttura e i terreni: «Quell’altro… dove erano, dove erano i neri.. ha preso 3 miliardi e duecento mila euro.. e duecento milioni.. (…) e l’ho fatto io!». 

Le denunce e le false fatture 

Circostanza confermata anche in alcuni dialoghi intercorsi tra Bagalà e Palermo, intercettati dagli inquirenti. L’imprenditore, infatti, nonostante fosse il formale proprietario, chiedeva a Bagalà – è scritto fra i brogliacci dell’inchiesta – se «presso l’immobile ci fosse ancora il guardiano e non si fossero verificate ulteriori problematiche», ottenendo la rassicurazione del boss, dicendo che c’erano due soggetti di Lamezia – padre e figlio – che avevano anche «impedito a qualche zingaro di “razziare” all’interno del sito». Nello stesso dialogo, inoltre, Palermo parlava di risarcimenti che avrebbe potuto ottenere dal Consiglio dei ministri, credendo di poter raggiungere la somma di 75mila euro da poter “elargire” in “anticipo” al boss Carmelo Bagalà. Secondo alcune denunce presentate contro il boss da Rosa Mendicino e Davide Ammendola, imprenditori e intestatari della società “Meggarredi”e non indagati in questa operazione, inoltre, sarebbero emersi ulteriori «legami con l’associazione “Malgrado Tutto” di Lamezia (non coinvolta nell’inchiesta) incaricata – secondo il racconto – per l’accoglienza e presentata proprio da Carmelo Bagalà a Vittorio Palermo». L’imprenditore così versava in cambio una quota dei soldi ricevuti per l’accoglienza al boss che gli garantiva, inoltre, che nessuno si lamentasse della presenza degli stranieri. Per gli inquirenti – e così come riportato nell’ordinanza firmata dal gip – non è dunque un azzardo ritenere che le «società di Vittorio Palermo fossero i più importanti punti di raccolta e reimpiego dei profitti illeciti accumulati negli anni dal sodalizio criminale». In un’occasione, inoltre, Carmelo Bagalà avrebbe costretto Davide Ammendola a redigere una fattura falsa per giustificare il pagamento di spettanza da parte dello stesso Palermo. «Bagalà – racconta la Mendicino – aveva costretto mio figlio a redigere una fattura da 12mila euro per dei lavori inesistenti all’Eurolido di Vittorio Palermo (…) dopo aver ricevuto l’assegno, l’ho versato sul conto della Megarredi, poi ho prelevato il corrispettivo in contanti che mio figlio ha poi consegnato personalmente a Bagalà». 

Le intestazioni fittizie e il controllo del litorale

Per gli inquirenti, dunque, le intestazioni fittizie dei beni di Vittorio Palermo sarebbero numerosissime nel corso degli ultimi vent’anni. In un’occasione, ad esempio, consapevole dell’intestazione fittizia di un terreno a Nocera Terinese in località “Marina De Luca”, riconducibile a Carmelo Bagalà, alla stregua di Vittorio Macchione, l’imprenditore Palermo si sarebbe adoperato per ottenere dal Comune di Nocera il cambio di destinazione d’uso del terreno. A giugno del 2000, inoltre, in qualità di legale rappresentante della “Turismo & Sviluppo spa”, presenta due domande di concessione edilizia per la realizzazione del complesso turistico ora rinominato “Hotel Temesa Village”. Un anno dopo, il 6 febbraio 2001, Vittorio Palermo, per favorire ancora il boss Carmelo Bagalà, costituisce la società ad hoc “Temesa Residence Srl”. E così, a luglio del 2002, chiede all’allora sindaco di Nocera, Luigi Ferlaino, di valutare la richiesta di “concessione edilizia”, nonché l’approvazione del progetto dalla “Turismo e Sviluppo Spa” alla “Temesa Residence Srl”. Una volta ottenuta sia la voltura che l’approvazione del piano di lavoro, dal 2002 fino al 2004 la “Turismo e Sviluppo Spa” cede progressivamente tutte le sue quote di partecipazione alla “Temesa Residence Srl”, nel frattempo legalmente rappresentata proprio da Umberto Gedeone. In questo modo, il terreno riconducibile sempre al boss Carmelo Bagalà, ha aumentato il suo valore economico ottenendo così un grosso profitto economico, grazie proprio all’impegno dell’imprenditore turistico, Vittorio Palermo. (redazione@corrierecal.it)

fonte:https://www.corrieredellacalabria.it/2021/05/05/limprenditore-turistico-nelle-mani-del-clan-e-leurolido-residenza-del-boss/