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L’importanza del ruolo dei “pentiti” nell’azione di contrasto alle mafie

I “pentiti”,ossia i Collaboratori di Giustizia,come i Testimoni di Giustizia,svolgono un ruolo importante nell’azione di contrasto alle mafie in quanto senza di essi molti processi non potrebbero nemmeno essere incardinati. Purché, però, essi siano veramente tali e dicano fino in fondo la verità sui crimini commessi e soprattutto su quelli commessi dai loro sodali e consentano alla Giustizia di andare fino in fondo e non lo facciano per campare a vita sulle spalle dello Stato e di noi tutti.

 

 

 

IL Mattino, Domenica 18 Agosto 2019

Mafia, protezione pentiti nel mirino del Viminale

Gigi Di Fiore

Sono un esercito di 1208 persone, il 94 per cento uomini e il restante 6 per cento donne. Collaboratori di giustizia, i pentiti nelle mafie secondo il linguaggio comune. A loro vanno aggiunti parenti di vario grado, amici, conviventi, e il totale raggiunge il numero di 6031 persone (oltre mille sotto i 18 anni) da proteggere e sistemare in località sicure. Sono gli ultimi numeri ufficiali del ministero dell’Interno e del Servizio centrale protezione, diretto dal generale dei carabinieri Paolo Aceto. Vent’anni fa, i pentiti erano 1100 e le persone da proteggere 5262 per una spesa allora di 142 miliardi di lire. Oggi le cifre ufficiose, in una materia segreta in cui l’ultima relazione pubblica al Parlamento é di due anni fa, parlano di circa 100 milioni di euro assegnati al Servizio centrale.

LE CONOSCENZE INVESTIGATIVE

A settembre la commissione centrale del ministero dell’Interno, presieduta dal sottosegretario Luigi Gaetti, riprenderà a riunirsi per esaminare centinaia e centinaia di pratiche. Richieste di nuovi programmi di protezione presentate dalle singole Procure distrettuali antimafia, proroghe, stop ai programmi di protezione, problemi logistici dei pentiti, ma soprattutto decisioni sulle misure “ultrattive” saranno la complessa materia delle decisioni. Il sistema, messo in piedi per legge dal 1991, attivato nel 1993 e sviluppato nel 2001, é articolato in modo che non fa mai perdere ad un collaboratore di giustizia questa sua situazione giuridica. Se il programma di protezione, con tanto di assegno di mantenimento di circa 1200 euro al mese, dura tre anni, il pentito resta tale per tutta la vita. E, in caso di bisogno che presenzi a processi, o sia sentito da un magistrato, gli possono essere applicate le cosiddette misure “ultrattive”, con protezioni e accompagnamenti momentanei, sistemazioni in case, trasferimenti. Alcuni pentiti storici, di mafia come di camorra, vengono ancora sentiti da qualche pm anche dopo oltre 25 anni dall’avvio della loro collaborazione. » un paradosso capitato, e capita, ad alcuni pentiti famosi e importanti anche nella storia della camorra campana, come Pasquale Galasso o Carmine Alfieri.

PROTEZIONE A VITA

Venne definito “il Buscetta campano” e realmente Pasquale Galasso di Poggiomarino é stato il collaboratore di giustizia che, più di altri, diede il via alle dichiarazioni sui rapporti della politica e dell’imprenditoria con i clan della camorra. Iniziò nel 1993, ma ancora qualchemese fa é stato sentito da alcuni inquirenti. Ha finito il suo programma di protezione, ha cambiato cognome, i suoi figli hanno raggiunto traguardi professionali di rilievo anche all’estero, ma Galasso é ancora destinatario di misure “ultrattive” per esigenze investigative improvvise di qualche Procura che ha interesse a interrogarlo. Pentito a vita, anche se ha già usufruito di quella possibilità, chiamata “capitalizzazione”, di ricevere aiuti dallo Stato per avviare attività imprenditoriali attraverso incentivi a forfeit dello Stato. Di certo, il peso e la qualità delle dichiarazioni, contenute in centinaia e centinaia di verbali di Galasso, lo hanno reso collaboratore importante. “Lo spessore di un pentito la fanno le dichiarazioni innovative e attuali – spiega un inquirente napoletano – Non é il nome, ma quello che riesce a far capire su nuovi scenari e personaggi a segnarne l’importanza. Si pensi, in una realtà cosÏ fluida ad esempio come quella della criminalità napoletana, quanto sia importante riuscire ad avere di continuo collaboratori che spieghino e raccontino cosa accade tra decine di gruppi in continuo divenire”. Non é un caso, cosÏ, che negli ultimi due anni il record di nuove collaborazioni sia spettato sempre a affiliati della camorra: 45 due anni fa, 32 quest’anno. Ha scritto la Procura nazionale antimafia nella sua ultima relazione, depositata due settimane fa: “Gli scenari delineati dai nuovi collaboratori, per la gran parte confermati dalle investigazioni, riproducono una ricostruzione in cui le aree del centro nord Italia non solo non possono ritenersi immuni da fenomeni mafiosi, ma si presentano, al pari di quelle di origine, pervase dalle mafie”.

L’IMPORTANZA

E’ la conferma di quanto siano indispensabili i pentiti nelle inchieste sulle mafie. Ma la gestione dei collaboratori costa e ha bisogno di strutture e impegno costante. Oltre agli stipendi mensili da assicurare ai pentiti, vanno trovate le case per trasferirvi tutte le persone da proteggere pagandone i fitti e seguendo tutti i problemi collegati. E poi, l’assistenza sanitaria, i rapporti con gli uffici anagrafe comunali, le scuole per i figli. Il Servizio centrale diventa una grande mamma che, quando viene fatta la scelta della collaborazione inserita in un programma di protezione, pensa a tutto. Ogni spostamento, ogni decisione deve passare per la commissione centrale mista che si riunisce almeno due volte a settimana e, tra magistrati, esponenti delle forze dell’ordine e funzionari ministeriali, é composta da non meno di otto persone. Occhi sempre aperti e attenzione ai costi e ai ricorsi amministrativi di collaboratori di giustizia e loro familiari. Chi sgarra e viola le regole del contratto con lo Stato, rischia la revoca del programma. Lo scorso anno, sono state decise 128 revoche, mentre le proroghe dei programmi sono state 210 e le “capitalizzazioni” 66.

SOS SCISSIONI

Fino a non molto tempo fa, qualche collaboratore di giustizia ha fatto il furbo. Per riuscire a ottenere due stipendi dallo Stato, c’é stato chi ha formalizzato una separazione consensuale matrimoniale. Il risultato era che marito e moglie si accaparravano retribuzioni separate a spese dello Stato. Una “criticità” esplosa dopo la scoperta di insoliti aumenti di separazioni tra coniugi subito dopo l’inserimento dei pentiti nel programma di protezione. Su questi casi, la decisione ha dovuto prenderla sempre la commissione centrale. Scrive nella sua relazione la Procura nazionale antimafia: “Per scoraggiare richieste strumentali significativamente ricorrenti, la commissione ha adottato una delibera in cui si tiene conto della composizione originaria del nucleo familiare, con conseguente ripartizione della misura economica sulla base del numeri dei rispettivi componenti dopo la scissione”. Naturalmente, negli ultimi cinque anni sono aumentati i ricorsi al Tar contro le decisioni della commissione sempre più spesso alle prese con contenziosi amministrativi avviati dai collaboratori di giustizia o dai loro familiari. Resta alle singole Procure distrettuali la scelta di proporre un pentito per il programma di protezione. E sono sempre le singole Procure a richiedere “misure ultrattive” per pentiti storici. Proprio quest’ultimo tema, che riguarda decine di collaboratori di mafie e camorra, impegnerà da settembre la commissione centrale.