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L’ex Giudice Imposimato: nel viterbese alcuni amministratori pubblici collusi con i Casalesi. Il problema del rapporto mafia-politica. Il discorso sulle mafie e tutto e solo politico

Conosciamo personalmente il giudice Ferdinando Imposimato e lo stimiamo tantissimo.

Gli vogliamo bene per vari motivi:

per l’alto tributo pagato dalla sua famiglia nella lotta contro le mafie innanzitutto, per le sue qualità professionali e morali poi e, non per ultimo, per essere egli uno di quei pochi magistrati che, smessa la toga dopo essere andato in pensione, continua coraggiosamente il suo impegno civile nella lotta alle mafie.

Mafie militari, ma soprattutto mafie politiche ed economiche

Quando egli, nei giorni scorsi, ha dichiarato pubblicamente che nel Viterbese ci sono amministratori comunali collusi con i Casalesi, lo abbiamo apprezzato e gli abbiamo creduto, anche perché le stesse cose le diceva il nostro compianto vice segretario regionale Gigi Daga, scomparso purtroppo alcuni mesi fa.

Imposimato e Daga hanno posto il dito sulla piaga:

il rapporto fra mafia e politica, prima divise, mentre oggi spesso si sovrappongono e diventano la stessa cosa.

Un discorso difficile, complesso, scomodo, che nessuno vuole fare.

Si gira sempre attorno all’angolo.

Il “ problema mafie” è un problema tutto politico e culturale.

Culturale perché in un Paese in cui si è raggiunto il picco più basso, nella sua storia, dello squallore morale, dove non si fa altro che indicare come modelli veline, puttane, ladri, mafiosi, piduisti e individui del genere, vanno ricostruite le sue stesse fondamenta.

Politico perché è la politica, gran parte di essa, che favorisce e genera le mafie.

Intanto depotenziando magistratura e forze dell’ordine con il taglio di risorse e con un’azione quotidiana di denigrazione e di delegittimazione, approvando leggi, come quella sul falso in bilancio e non solo, che favoriscono le mafie, e, poi, colludendo e facendo affari con la criminalità organizzata in moltissimi casi.

Potremmo citare centinaia di esempi.

Il problema dei problemi è quello che, mentre il Paese viene trascinato verso una china pericolosa che mette in forse le sue stesse sorti di paese civile e democratico, la maggior parte delle gente –quella parte definita “cretina” da Nando Dalla Chiesa nel suo ultimo saggio -, continua a girare lo sguardo dall’altra parte e mostra di non volersi rendere conto di quello che succede nel fabbricato stesso in cui abita.

Non preoccupandosi nemmeno dell’avvenire dei propri figli.

Le parole di Nando Dalla Chiesa, come quelle di Ferdinando Imposimato, di Rita Borsellino, di Maria Falcone e di tutti coloro che hanno pagato nelle proprie famiglie un alto tributo di sangue nella lotta contro le mafie, dovrebbero essere lette come pietre lanciate in direzione delle intelligenze e delle coscienze dei “cretini”, di quella parte di cittadini, cioè, che, malgrado tutto, continuano a non vedere, non sentire, non parlare.

Non avendo un sussulto di dignità e di orgoglio e non usando il cervello.