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Lettera aperta alla Dottoressa D’Elia, Procuratore Aggiunto di Latina

Dottoressa D’Elia, noi apprezziamo tantissimo la sua franchezza ed il suo coraggio.

Come apprezziamo tantissimo lo sforzo lodevole compiuto dagli amici di “ Libera” e da tutti coloro che si affannano a tentare di diffondere la cultura della legalità in provincia di Latina ed altrove.

Ma ci consenta, senza dolersene, di recitare il ruolo della Cassandre. Da parte di chi, con i magistrati e le forze dell’ordine, ha scelto di scendere quotidianamente in trincea per cercare di frenare l’avanzata continua delle mafie su un territorio dal tessuto sconnesso ed imputridito.

La provincia di Latina ha perso da quel dì persino la capacità di indignarsi ed è un corpo morto che non reagisce più a qualsiasi stimolo.

Queste cose noi le diciamo non per scoraggiarla.

Il contrario.

Ma per aiutarla, con spirito di profonda ammirazione, collaborazione e cordialità, a prendere atto di una realtà incontrovertibile.

Abbiamo letto delle affermazioni fatte dalla Dottoressa De Martino a proposito della “Paganese” di Fondi.

Bene, ci consenta di rompere per un secondo – e non ci giudichi male- il riserbo che ha sempre caratterizzato il nostro operato.

Lo facciamo anche perché non si tratta più di un segreto.

Lo ha scritto la DDA di Napoli a pagina 38 dell’ordinanza di custodia cautelare.

Se non avessimo aiutato noi gli organismi investigativi centrali all’epoca, fornendo in un incontro riservato avvenuto in un’abitazione privata di un comune di questa provincia le notizie che con pazienza certosina avevamo raccolto al riguardo, forse a quest’ora nemmeno sapremmo di cosa si sta parlando.

Nemmeno gli investigatori, almeno di quegli organismi, sapevano di cosa si trattasse.

Evidentemente nessuno fra quelli del posto gliene aveva parlato.

Ma le diciamo di più.

Dopo quello che è successo a Fondi e dopo quello che la gente ha appreso, in un paese normale ci si sarebbe aspettati la rivoluzione (non quella armata, per carità).

Invece, nulla è cambiato.

Le truppe cammellate tali erano e tali sono rimaste, con maggioranze bulgare da far inorridire.

E, ci creda, la stessa situazione abbiamo a Terracina, a Latina, a Formia, a Sabaudia, Itri, Sperlonga e così via.

Le saremmo grati se andasse a leggersi gli atti, purtroppo archiviati, relativi alle intercettazioni telefoniche fatte durante l’inchiesta della “Formia Connection” nella parte che riguarda il voto di scambio.

Un lavoro lodevole fatto dal Dr. Pepe e dai suoi uomini finito nel nulla, cassato.

Noi apprezziamo Don Ciotti e gli vogliamo bene.

Ci uniscono valori e finalità, peraltro.

Apprezziamo lei e le stiamo vicini.

Ce n’era bisogno in una provincia dove talvolta i vertici della Procura sostenevano la tesi dell’inesistenza di gruppi criminali organizzati.

Ma su un territorio, devastato ormai da una cultura mafiogena che, oltre che in quelle delle classi dirigenti, è nelle vene e nelle menti della gente, fatta qualche rara, rarissima eccezione,

gli appelli alle coscienze non servono.

Né si può aspettare, considerata la gravità della situazione, che maturino –ammesso che matureranno, tenuto conto del fatto che manca quella sintonia necessaria fra scuola, famiglia, società- le coscienze dei ragazzi. Quando saranno maturate, i mafiosi ci avranno cacciati perfino dalle nostre case.

Non si può aspettare un secondo in più.

I convegni di Gaeta e di Latina hanno evidenziato un aspetto inquietante che lei sicuramente avrà colto: non un politico, non un amministratore pubblico, di destra, di sinistra, di centro, hanno ritenuto loro dovere parteciparvi.

A Gaeta, malgrado la presenza di quel po’ di magistrati di quel livello, c’è stata una sola –una sola e nemmeno di primo livello – rappresentanza istituzionale, quella della Prefettura di Latina.

Assenti Sindaci, parlamentari, consiglieri regionali, provinciali, comunali, di tutti gli schieramenti, nessuno escluso.

Nemmeno il Sindaco o un solo consigliere della città ospitante!!!

Questo, per parlare di questo territorio.

Per quanto riguarda, poi, il comportamento assunto ai livelli centrali, basti citare quello del Governo sul “caso Fondi”.

Ci consenta una benevola correzione:

dei 3000 poliziotti assunti di recente, a Varese, città del Ministro Maroni, ne sono stati assegnati una sessantina, non 30.

A Latina solo 1 e nessuno, parlamentare, partito o consigliere, ha sentito il dovere di protestare, malgrado la presa in giro che ci è stata fatta dal Sottosegretario all’Interno Mantovano, che, venuto a Latina accompagnato dal Capo dello SCO, promise appena alcuni mesi fa che avrebbero provveduto al Ministero a rafforzare gli organici delle forze di polizia locali.

Che fare allora?

Intanto, bisogna essere consapevoli della realtà e non aspettarsi niente da chicchessia. Dall’alto come dal basso.

Se dovesse venire qualche denuncia dal basso, denuncia specifica, però, bisognerebbe organizzare qualche pellegrinaggio di ringraziamento a qualche Santuario.

Questa è la realtà drammatica di questo territorio, dove, peraltro, si rischia, solo a pubblicare certe dichiarazioni di Carmine Schiavone, di vedersi condannato.

Ma, malgrado ciò, noi continueremo a fare quello che abbiamo sempre fatto: denunciare, denunciare, denunciare, aiutando forze dell’ordine e magistratura.

E questo chiediamo di fare anche agli altri.

Altre strade non ce ne sono.

In questa provincia!

E i mafiosi – ci consenta, in conclusione – vanno ricercati e colpiti, se vogliamo, fra quelli più pericolosi: guardando verso i piani più alti.