Gentile on. Alfano,
mi ritrovo, a quasi due anni dalla lettera aperta che inviai all’allora Ministro dell’Interno Amato, a scriverle per cercare di capire cosa stia succedendo in questo Paese.
La recente sentenza contro l’agente di Polizia Spaccarotella, responsabile della morte di Gabriele Sandri, apre scenari e quesiti che ci sembra il caso d’affrontare. Non siamo così incompetenti da non aver compreso le ragioni di quella sentenza: in parole povere, i giudici non hanno ritenuto volontario l’atto dell’agente, comminandogli la pena riservata a chi uccide senza volerlo, per sola colpa intrinseca nel suo agire.
In altre parole, l’uccisione di Gabriele Sandri è stata parificata ad un grave incidente stradale: se un qualsiasi automobilista, ubriaco, dovesse travolgere sulle strisce pedonali una persona, i due casi – a questo punto – potrebbero essere messi in relazione.
Spaccarotella uccide senza volerlo, per sola colpa legata alla leggerezza con la quale ha usato l’arma in dotazione, così come l’automobilista – il quale sa che l’alcool riduce i riflessi – doveva esser conscio del pericolo di mettersi alla guida in quelle condizioni. Anche in questo caso, però, rimane qualcosa che non quadra.
Nella sua requisitoria, il Pubblico Ministero aveva chiesto la condanna a 14 anni di reclusione per omicidio volontario, sottolineando però la necessità di concedere le attenuanti generiche, poiché Spaccaroltella, con quell’atto – che, per le modalità di svolgimento, il magistrato aveva ritenuto volontario non tanto per le motivazioni, ma in essere dell’atto stesso (sparare ad altezza d’uomo…) – aveva non solo stroncato una vita, bensì rovinato la propria. Oggi, dopo la sentenza assai “morbida”, non siamo in grado di stabilire quanto Spaccarotella abbia rovinato la sua vita: per i meandri del codice penale, sappiamo che non andrà in carcere, bensì attenderà il secondo grado di giudizio libero come un fringuello. E, i suoi avvocati, hanno già comunicato che ritengono la condanna a 6 anni di reclusione (tre reali, considerando la legge Gozzini) troppo pesante.
Quello che non quadra, nella sentenza, è che a Spaccarotella è stato riconosciuto d’aver ucciso per sola colpa (senza volontarietà dell’atto) e sono state, in aggiunta, considerate delle attenuanti (con la sola aggravante della previsione dell’evento): il che – come giurista non potrà che concordare – fa a pugni con la logica del Diritto. Se veniva accertata la volontarietà dell’atto, le attenuanti generiche potevano anche essere riconosciute (a parere dello scrivente no, perché a un tutore dell’ordine non può essere concesso il privilegio dell’ignoranza, ossia di non conoscere la pericolosità delle armi da fuoco), però, passiamo questa impostazione per buona.
Se, invece, viene accertata la sola colpa – essendo la colpa stessa un vulnus del comportamento – come possono essere riconosciute delle attenuanti? In tutta onestà, signor ministro, questa sentenza ci pare congegnata, e neppure tanto bene: sarà che a pensar male ci si azzecca, ma qui non c’è nemmeno bisogno di pensare troppo male.
Il Pubblico Ministero che chiede le attenuanti e la volontarietà dell’atto e…la volontarietà viene negata, mentre delle attenuanti sono concesse? Non le sembra una contraddizione in essere?
A questo punto, posto che uno qualunque di noi avesse un diverbio con un “pataccaro” per un Rolex fasullo, all’esterno di un qualsiasi autogrill – e ne scaturisse un violento diverbio – un agente di polizia sarebbe autorizzato a sparare? Certo, rimarrebbe la sola colpa, ma nemmeno un giorno di carcere: per una vita umana, ci sembra un po’ pochino.
E se, all’opposto, scoppiasse un diverbio fra un agente di polizia ed un’altra persona e un cittadino – con arma regolarmente denunciata o porto d’armi – sparasse ed uccidesse, per sbaglio, l’agente – temendo chissà quali sviluppi del diverbio – le attenuanti e la colpa sarebbero concesse?
Purtroppo – signor ministro – siamo autorizzati a pensar male dalle troppe volte che la polizia, in questo Paese, ha sparato e l’ha fatta franca: da Reggio Emilia nel primo dopoguerra, ad Avola e Battipaglia contro i braccianti negli anni ’60, e poi via, con lo stillicidio di giovani uccisi per non essersi fermati all’alt di una pattuglia, oppure ammazzati da un impeto di “legalità” di qualche vigilantes. E Giorgiana Masi, che attende ancora un perché.
Non ci è sfuggito che, sui media, la notizia è stata sempre associata con la cattura del violentatore seriale di Roma: insomma, la polizia sbaglia ma, ogni tanto, qualcosa di buono combina. Peccato che, per la persona Gabriele Sandri, questo teorema non funzioni.
Le chiediamo allora perché, se le forze di polizia sono così ben addestrate e capaci, come mai un terzo dell’Italia sia governata dalle mafie, e come mai in certi quartieri di Napoli la polizia faccia solo qualche rapida “comparsata”. Forse perché è più facile fare i gradassi e sparare a casaccio in un autogrill, piuttosto che affrontare la vera delinquenza?
Da ultimo, le chiediamo di rivedere le regole d’ingaggio delle forze di polizia – sì, abbiamo usato un termine solitamente riservato alle forze armate – poiché, gli indigeni che abitano questo Paese, qualche diritto dovrebbero ancora averlo, almeno quello di non essere ammazzati per strada senza un perché, al pari degli iracheni.
Forse che, questo tourbillon d’attenuanti e colpe, ha altre finalità? Non la finiamo proprio di pensar male.
Sì – ministro – perché avete piazzato per le strade l’esercito – roba da Paese golpista sudamericano – e non ci sembra che la situazione sia cambiata sul fronte della lotta alle mafie, il vero problema italiano.
Che…quei militari per le strade siano destinati più a reprimere il dissenso sociale che la criminalità organizzata, visto i “chiari di luna” economici che ancora c’attendono? E che la sentenza di Spaccarotella – a questo punto ben congegnata, con un “assist” del PM alla corte – non sia altro che un segnale, inviato al milione d’armati che ci devono controllare, ossia “state tranquilli: lo Stato sarà sempre dalla vostra parte”?
Certo, quello Stato beffardo e violento, che conosciamo dai tempi di Bava Beccaris: lo stato dei sudditi da reprimere, della popolazione da schiacciare sotto il tallone delle caste. Ovvio che, a chi deve fare il “lavoro sporco”, non si può negare nulla: gliel’avevo detto, a pensar male, talvolta ci si azzecca.
Con freddezza.
Carlo Bertani
Fonte: http://carlobertani.blogspot.com/
Link: http://carlobertani.blogspot.com/2009/07/lettera-aperta-al-ministro-della.html
15.07.2009