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L’ennesima amnistia mascherata

La maggioranza ha depositato in Senato il testo del disegno di legge sul processo breve, firmato dai capigruppo di Pdl e Lega Nord. Il testo prevede la prescrizione dei processi in corso in primo grado per i reati inferiori nel massimo ai dieci anni di reclusione, se sono trascorsi più di due anni a partire dalla richiesta di rinvio a giudizio del pm senza che sia stata emessa la sentenza . Tiene (per ora) l’intesa tra Fini e Berlusconi.  Il Pd: “Daremo battaglia. Il ddl è incostituzionale”. IdV prepara il referendum e chiama la piazza

Tutto confermato: prescrizione dei processi in corso in primo grado per i reati inferiori nel massimo ai dieci anni di reclusione se sono trascorsi più di due anni a partire dalla richiesta di rinvio a giudizio del pm senza che sia stata emessa la sentenza. E’ questo uno dei punti qualificanti del ddl sul processo breve, composto da tre articoli, presentato dalla maggioranza a palazzo Madama dal titolo “Misure per la tutela del cittadino contro la durata indeterminata dei processi, in attuazione dell’articolo 111 della Costituzione e dell’articolo 6 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo”.
Nel frattempo il Pdl riapre il confronto pure sul ripristino dell’immunità parlamentare abolita parzialmente nel 1993. L’onorevole Margherita Boniver ha presentato ieri una proposta di legge costituzionale alla Camera composta di un solo articolo con l’obiettivo di ripristinare “un istituto volto a tutelate l’interesse della collettività, prevenendo eventuali condizionamenti del potere giudiziario sullo svolgimento della dialettica politica”.

Il Pd insorge: “Il governo e la maggioranza si accorgono solo ora, con due anni di ritardo, della necessità di affrontare il problema dell’efficienza della giustizia e della riduzione della durata dei processi. Quello mostrato da governo e maggioranza è un interesse peloso, legato esclusivamente alla necessità di risolvere positivamente la sorte di alcuni processi”. Lo afferma Lanfranco Tenaglia, responsabile giustizia del Pd. “Ciò avverrà- spiega – mandando al macero migliaia di procedimenti con buona pace della sicurezza dei cittadini. Il provvedimento è una amnistia mascherata perché produce gli stessi effetti del taglio della prescrizione”.
Poco prima Anna Finocchiaro, capogruppo dei senatori Pd, furente per i contenuti del disegno di legge, ha letteralmente sbattuto il testo del ddl contro il muro della sala stampa dicendo: “Il ddl non si applicherà per il furto aggravato. Così per il rom che ruba il processo rimarrà, mentre processi come Eternit, Thyssen, Cirio e Parmalat andranno al macero”.
Per non parlare di un altro nervo scoperto: le norme sul processo breve negheranno giustizia anche ai carcerati. Prevedendo, infatti, una corsia preferenziale per gli incensurati si cancella, di fatto, per chi è già in cella la precedenza nel giudizio. Il tutto in una situazione drammatica per il sistema carcerario italiano: 65.416 persone sono attualmente detenute negli istituti di pena italiani, il maggior sovraffollamento dal dopoguerra ad oggi, un numero che supera di ben 2000 unità il limite di tollerabilità. Un numero di detenuti che va aumentando e che si avvicina inesorabilmente a quello che il Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria ritiene il punto di caduta: quota 70mila detenuti. Inoltre, ogni anno muoiono nelle carceri mediamente 150 persone per cause che non sono sempre certe, ma che anzi, come nei recenti e noti fatti di cronaca, sollevano serissimi dubbi.

Per ora la tregua tra Fini e Berlusconi tiene, ma la tensione non accenna a diminuire. A far fibrillare nuovamente gli alleati, a due giorni dal patto siglato a Montecitorio, è l’articolato del ddl nel quale, accogliendo la richiesta della Lega, è’ stato inserita l’immigrazione clandestina nella lista dei reati gravi per i quali è escluso il processo breve. Una decisione che, come ha riferito Giulia Bongiorno, “stupisce” i finiani. Linguaggio diplomatico per dire che la sortita del Carroccio non deve essere piaciuta ai piani alti di Montecitorio. Tuttavia, come ha spiegato Italo Bocchino, l’ex leader di An non vede violazioni dello spirito dell’accordo siglato con Berlusconi. L’intesa fra i due, si conferma in ambienti finiani, non prevedeva un articolato ma solo alcuni principi. Che per ora si stanno rispettando. Ma proprio la soddisfazione per il fato che non ci siano state trappole in Senato dimostra come la fiducia fra i due leder sia ormai incrinata. E lo stesso Berlusconi, anche nelle ultime ore, ha espresso a più di un interlocutore la sua amarezza (per qualcuno rabbia) per l’atteggiamento dell’ex ministro degli Esteri.

“E’ evidente che ci saranno polemiche sui beneficiari di questa norma o meno, ma il tema esiste e va risolto”, dice il presidente del Senato, Renato Schifani, che aggiunge: “Questa iniziativa tende ad attuare il principio della ragionevole durata dei processi, sostenuto sia nella Convenzione europea dei diritti dell’Uomo e sia dalla nostra Carta costituzionale”.
“Legge ad personam? No, è una legge che riguarda tutti”, assicura Gaetano Pecorella. “Se poi questa legge avrà effetti nel processo Mills si potrà e si dovrà vedere – ha aggiunto Pecorella -, io non sono l’avvocato del premier in quel dibattimento. Può darsi che incida. La mia domanda è: non la dobbiamo fare questa riforma perché può incidere sul processo a Berlusconi? O la dobbiamo fare tra 5 anni quando si saranno conclusi questi processi? Non credo che i tempi della giustizia debbano essere condizionati dai tempi dei processi di Berlusconi. Chissà quanti altri ci sono che hanno gli stessi problemi. Insomma, non vorrei però che il fatto che possa incidere anche su vicende che riguardano il presidente del Consiglio ci induca a non fare determinate riforme”.
Concorda il portavoce del Pdl, Daniele Capezzone: “Le norme sul processo breve valgono per tutti i cittadini ed erano attese da anni”. E il presidente dei deputati del Pdl, Fabrizio Cicchitto, allarga il campo: “Nel quadro della riforma della giustizia, che comprenderà anche interventi costituzionali, va anche aperta una riflessione sull’immunità parlamentare”.

L’immunità? “Non è un tema da porre” taglia corto il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani che sul ddl redatto oggi rileva: “E’ a rischio di incostituzionalità”. “Se si tratta di fare processi brevi va bene – ha spiegato Bersani -, se si tratta di non fare alcuni processi non si può e se si arriverà a uno scontro la responsabilità non è dell’opposizione”.  “Ancora una volta – ha detto Bersani – abbiamo delle norme che discriminano i cittadini di fronte alla legge con il solo fine di risolvere i problemi del presidente del Consiglio. La questione è serissima perché non ci viene mai consentito di discutere i problemi del Paese”.
Il segretario del Pd ha poi sottolineato che “questo invade il dibattito politico del Paese e crea ulteriori tensioni delle quali non ci sarebbe bisogno”. Ai giornalisti che gli domandavano se ci fosse qualcosa da cui partire insieme, Bersani ha risposto: “Abbiamo fatto diverse proposte di legge a favore dei cittadini e per l’ammodernamento  della pubblica amministrazione. Non vedo perché dovremmo partire da un meccanismo complesso e ingiusto e con profilo di anticostituzionalità al solo fine di risolvere i problemi del presidente del Consiglio”. A chi gli domandava se fosse possibile un tavolo comune, Bersani ha ribadito: “Se arrivano queste norme noi combattiamo. Voglio rivolgermi anche ai parlamentari della maggioranza per chiedere loro se pensano che sia giusto che un rom recidivo per un piccolo reato debba andare subito a sentenza e uno invece che è imputato di corruzione, essendo magari incensurato, possa evitare il processo perché non siamo in grado di garantire i processo breve”.

Secondo il leader dell’Italia dei valori Antonio Di Pietro il ddl “è la più grossa amnistia mascherata della storia e ancora una volta dal 5 dicembre si impegnerà a raccogliere le firme per un nuovo referendum perché anche questa volta questa legge è incostituzionale, immorale e contro gli interessi del Paese”. Di Pietro chiede poi al leader del Pd di unirsi all’Italia dei valori in questa battaglia: “L’occasione per scendere in piazza c’è già, ed è la manifestazione fissata per il 5 dicembre a Roma e promossa dal popolo della rete. L’Italia dei valori ha già aderito e ci sarà per urlare il proprio sdegno. Rivolgiamo – ha detto Di Pietro – un accorato appello a Bersani e al popolo del Pd affinché partecipino alla manifestazione insieme a tutte le altre forze sociali e politiche che hanno già dato la propria adesione e si ritroveranno insieme in piazza per contrastare l’ennesima legge ad personam”.