Ciò che ci inquietano e ci angosciano più di ogni altra cosa sono la corruzione che dilaga dappertutto e l’ignoranza e l’insensibilità di tanta gente che, anziché indignarsi e mobilitarsi per combatterla, si gira dall’altra parte e fa finta di non vedere e sentire.
A tutto ciò si aggiungono la vuotaggine e l’ipocrisia di quanti, pur dicendo di volerla combatterla e di combatterla, si limitano a parlarne, a denunciarla in termini generici, senza scendere nel particolare, nel caso singolo e denunciarlo per mandare in galera il corrotto ed il mafioso.
E’ vero che lo Stato, questo Stato, non incoraggia chi vuole denunciare, anzi, nei fatti, fa del tutto per scoraggiare coloro che vorrebbero denunciare.
Potremmo citare una sfilza di fatti a supporto di questo nostro convincimento.
Ma non bisogna generalizzare in quanto c’è, grazie a Dio, ancora una parte, magari minoritaria, sana dello Stato – magistrati, rappresentanti delle forze dell’ordine, giornalisti ecc. , – che fanno il proprio dovere, fedeli al giuramento fatto al momento dell’assunzione.
Basta saper e voler individuare, come facciamo noi, la parte sana e collaborare con essa.
Si ripropone sempre, come un ritornello, il discorso del “come” combattere la corruzione, l’illegalità, le mafie nel nostro Paese.
Non occorre essere un sociologo con tanto di laurea per comprendere che corruzione e mafiosità sono nel Paese una componente importante, forse la più importante nel substrato culturale e sociale del popolo italiano.
Un popolo che la storia ha visto raramente autonomo e libero in quanto è stato quasi sempre sottoposto al dominio di altri, popoli o potentati.
Baroni, conti, marchesi, ecclesiastici prima, massoneria, mafie e quant’altro oggi, in versione aggiornata rispetto a quelle passate.
Le rivolte, i tentativi di rivolte, gli episodi di riscossa, hanno sempre visto come protagonisti gruppi sparuti di cittadini, le minoranze.
Sono, quindi, le minoranze, come sempre, a fare la storia, ad impegnarsi per creare spazi di civiltà e di libertà per tutti gli altri.
Per quanto, poi, riguarda il nostro impegno – quello del contrasto della corruzione e delle mafie – quelle minoranze si assottigliano ancor di più in quanto non tutti accettano di correre i rischi che continuamente corriamo noi che stiamo in trincea.
Oppure molti scelgono la strada più comoda, meno pericolosa: non quella dell’INDAGINE e della DENUNCIA che abbiamo scelto noi, ma quella più agevole, perché non risolutiva, della retorica, della denuncia generica, senza indicare nomi e cognomi, insomma del bla bla.
Il “male oscuro” della cosiddetta “antimafia sociale” nella quale spesso si annidano affaristi, opportunisti, gente che vuole lucrare, far carriera, esibirsi sui palcoscenici, mafiosi.
Di episodi se ne leggono quasi tutti i giorni, purtroppo.
Sono i peggiori nemici della vera antimafia in quanto, oltre a non produrre niente di efficace, a non fornire agli inquirenti istituzionali alcuna pista, alcuna indicazione, danneggiano l’immagine complessiva di tutto il fronte antimafia, fronte nel quale pure ci sono nuclei che lavorano come tutti dovrebbero lavorare, rimettendoci del proprio, non facendo solo chiacchiere, ma INDAGANDO, DENUNCIANDO, AIUTANDO LE PARTI SANE DELLA MAGISTRATURA E DELLE FORZE DELL’ORDINE.
Taluni, richiamando anche alcune frasi di persone a noi care come Falcone, Borsellino, Caponnetto ecc. sul ruolo importante della cultura nella lotta alle mafie, continuano a sostenere che le mafie vanno combattute più nelle scuole che non nelle aule di giustizia.
Sul piano teorico ed in linea di massima questa tesi ci trova concordi.
Bisogna, però, tener presente il fatto che si tratta di affermazioni datate, che risalgono a decine di anni fa, in un periodo e con un quadro storici completamento diversi da quelli attuali.
Era, infatti, il periodo delle stragi, con una mafia stragista e militare, una mafia che “trattava” con lo Stato e che era, pertanto”altro” potere rispetto a quello dello Stato.
Oggi quella mafia è mutata, si è trasformata, è entrata nella politica e nelle istituzioni fino a diventare essa stessa stato, quello che noi definiamo stato-mafia, in guerra quotidiana contro lo Stato-Stato.
Quando parliamo di Stato, quindi, dobbiamo tenere conto di queste due entità: lo Stato-Stato, quello di diritto che hanno creato con il loro sangue ed i loro sacrifici i nostri nonni e padri e lo stato-mafia fatto da un popolo in gran parte servo, inerte e poco incline a combattere e da una classe dirigente politica, burocratica ed economica in altrettanta, se non di più, gran parte corrotta e mafiosa.
Così stando le cose, diteci voi a cosa servono le chiacchiere, gli appelli, le invocazioni, le preghiere, le feste e festicciole, le manifestazioni, le commemorazioni, i cori, il bla bla.
Ai magistrati ed alle forze dell’ordine occorrono, per poter individuare, arrestare e privare dei beni accumulati illecitamente, i mafiosi, dati, notizie precise, nomi e cognomi e non analisi sociologiche e chiacchiere.
E a quegli idioti o collusi che dicono che non… spetta a noi… “fare le indagini”, rispondiamo ricordando per l’ennesima volta quello che Paolo Borsellino, richiamato indegnamente da tutti, andava dicendo a proposito della necessità di non lasciare sole Magistratura e Forze dell’Ordine nella guerra alle mafie in quanto questo sarebbe un errore imperdonabile!!!
Oltre all’obbligo, previsto dalla legge, di denunciare quello di cui si viene a conoscenza…