Roma, 14 ott. (askanews) – Il primo maxi-processo di mafia a Palermo di trent’anni fa, ci deve insegnare che resta fondamentale “la pre-comprensione del fenomeno criminale” anche oggi e che questa va sempre alimentata pur di fronte ai mutamenti delle organizzazioni mafiose. Per questo suscitano “preoccupazioni” alcune sentenze “come quella sulle vicende di Ostia” dove si “fatica ancora a chiamare mafia quello che mafia invece è, perchè resta difficile negare che in quel contesto si è esercitato un controllo di tipo mafioso sul territorio”. A dirlo è stato oggi il Presidente della Commissione parlamentare antimafia, Rosy Bindi che ha preso la parola nell’ambito del Convegno “Il processo di mafia trent’anni dopo” organizzato nell’Aula magna della Corte di cassazione a Roma alla presenza del presidente del Sento, Pietro Grasso, del primo Presidente della Corte di Cassazione Giovanni Canzio, del Procuratore nazionale antimafia Franco Roberti e di molti protagonisti di quel primo processo a Cosa nostra da tutti definito “un punto di svolta” nella lotta alla mafia.