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Le mutazioni della ‘ndrangheta in provincia di Cosenza: la relazione della Dia

Le mutazioni della ‘ndrangheta in provincia di Cosenza: la relazione della Dia

Non solo usura, estorsioni e spaccio di droga. Negli anni la criminalità organizzata cosentina, oltre a fare affari fuori provincia, ha allargato il campo anche ai reati ambientali

Antonio Alizzi – 26 Dicembre 2021 19:24

L’ultima relazione antimafia della Dia illustra la geografia ‘ndranghetistica della provincia di Cosenza, ma non tiene in considerazione ciò che alcuni collaboratori di giustizia hanno raccontato in questi anni ai magistrati della Dda di Catanzaro. Questo non perché gli investigatori si siano dimenticati di evidenziare alcuni mutamenti che sarebbero avvenuti dal 2010 al 2014, ma soltanto per la mancata contestazione, giuridicamente parlando, di una presunta associazione mafiosa che dopo la scomparsa di Michele Bruni, deceduto a causa di una terribile malattia e componente della famiglia “Bella bella” di Cosenza, si è confederata.

La confederazione delle cosche cosentine infatti è un tema affrontato da tanti pentiti, tra i quali l’ex capo clan degli “zingari”, Franco Bruzzese, che sarebbe stato tra i promotori di questa iniziativa mafiosa al pari degli esponenti di vertice della cosca “Lanzino” di Cosenza, il cui boss indiscusso è Ettore Lanzino, al 41bis ormai da nove anni. Nel corso del tempo il suo posto è stato preso da Francesco Patitucci, già condannato per associazione mafiosa e oggi in carcere per il duplice omicidio Lenti-Gigliotti, a seguito della condanna all’ergastolo inflittagli dalla Corte d’Assise di Cosenza. L’alleanza con gli “zingari” di Cosenza, aveva sortito benefici economici alla confederazione, in quanto era stata varata la cosiddetta “bacinella comune”, dove andavano a confluire i proventi illeciti della droga, delle estorsioni, dell’usura e di altre attività illegali.

Approfondisci
0.0.0.1. A Cosenza si spaccia secondo le regole del “Sistema”: così la droga invade le strade cittadine
1. Le attività della ‘ndrangheta in provincia di Cosenza: l’ultima relazione della Dia
2. Le presunte collusioni della ‘ndrangheta in provincia di Cosenza con il mondo-politico amministrativo
2.0.0.2. Castrolibero, rapporti mafia e politica: condannati tre collaboratori di giustizia
3. La ‘ndrangheta in provincia di Cosenza e il traffico di droga
4. I reati ambientali in provincia di Cosenza
5. Il terremoto criminale dopo il pentimento di Nicola Acri
6. Sul Tirreno vige la regola del clan “Muto”

Le attività della ‘ndrangheta in provincia di Cosenza: l’ultima relazione della Dia

Per gli investigatori antimafia della Dia, nel capoluogo di provincia sono operative le cosche «Lanzino-Patitucci, Perna-Cicero, Abbruzzese e Rango-zingari» che negli anni hanno subito tante mutazioni a causa delle inchieste giudiziarie concluse con pesanti condanne che hanno riguardato diversi elementi apicali e numerosi affiliati.

«Si tratta di una criminalità spesso aggressiva non solo in ambito interclanico e verso le vittime dei reati di estorsione e usura, ma anche nei confronti di giornalisti. Il 13 novembre 2020 la Polizia di Stato di Cosenza ha dato esecuzione un’ordinanza applicativa degli arresti domiciliari a carico di 2 cosentini ritenuti responsabili, in concorso, di lesioni personali e di tentata violenza privata con l’aggravante del metodo mafioso» evidenzia la Dia.

Le presunte collusioni della ‘ndrangheta in provincia di Cosenza con il mondo-politico amministrativo

«Manifestazioni cruente come quella descritta stigmatizzano la tipica arroganza criminale tesa alla sistematica prevaricazione sul tessuto sociale. In linea generale, la criminalità organizzata cosentina manifesterebbe la sua operatività sia nelle tradizionali attività illecite quali le estorsioni, l’usura e i traffici di droga sia nel campo degli appalti ricorrendo a funzionali collusioni con il mondo politico-amministrativo» scrive la Dia.

La ‘ndrangheta in provincia di Cosenza e il traffico di droga

«Per quanto concerne gli stupefacenti, un recente esempio si rinviene nelle pagine dell’operazione “Metalba” della DDA di Potenza, conclusa il 15 dicembre 2020 dai Carabinieri anche nelle province di Cosenza, Lecce, Udine, Parma, Trapani ed anche in Albania, meglio descritta nel capitolo riguardante la regione Basilicata. Nel corso dell’operazione che ha portato all’arresto di 18 persone per traffico di sostanze stupefacenti risultano coinvolti anche 3 pregiudicati cosentini che sono risultati incaricati di gestire le piazze di spaccio sul territorio attraverso contatti attivi con i vertici di clan operanti nel Metapontino» si legge nella relazione della Dia.

I reati ambientali in provincia di Cosenza

«Nondimeno va trascurato l’interesse della criminalità per il traffico illegale di rifiuti e del cd. “oro rosso”. Il 14 ottobre 2020, infatti, nell’ambito dell’operazione “Efesto 2” i Carabinieri del Gruppo Forestale di Cosenza hanno eseguito una misura cautelare a carico di 61 persone ritenute appartenenti a un’organizzazione dedita al traffico illecito di rifiuti, alla ricettazione e al riciclaggio di ingenti quantitativi di cavi di rame di provenienza illecita. Contestualmente è stato eseguito il sequestro preventivo di 4 società, nonché di 45 automezzi utilizzati per commettere i reati contestati, per un valore complessivo stimato in 10 milioni di euro» rimarca la Direzione Investigativa Antimafia.

Il terremoto criminale dopo il pentimento di Nicola Acri

La Sibaritide e lo Jonio cosentino nell’ultimo anno sono stati al centro delle dichiarazioni del nuovo collaboratore di giustizia, Nicola Acri, killer spietato e boss dell’omonima cosca operante su Rossano e rispettata dai cirotani. Oggi Nicola Acri è un pentito e le sue parole hanno scosso i clan. Basti pensare alle intimidazioni subite dal fratello Gennarino e da altre persone a lui vicine.

A Corigliano Rossano, negli ultimi dieci anni, la situazione è cambiata in modo pesante, viste le tantissime inchieste portate a termine dalle forze dell’ordine. Tra “Timpone Rosso”, “Omnia” e “Santa Tecla”, insomma, i sodalizi mafiosi di Cassano Ionio e della terza città più grande della Calabria, nata dalla fusione di Corigliano e Rossano, gli equilibri sono cambiati. Chi un tempo si contendeva il territorio oggi invece lo gestisce di comune accordo e questo ha causato anche tanti omicidi: uno quasi ogni anno.

Sul Tirreno vige la regola del clan “Muto”

La Corte di Cassazione nei giorni scorsi ha sentenziato che la cosca “Muto” di Cetraro è ancora pienamente attiva sul territorio. Rispetto alle accuse iniziali, però, gli ermellini ritengono che il clan non abbia una potenza di fuoco a sua disposizione, al punto che ha annullato alcune sentenze di condanna relativamente all’aggravante dell’associazione armata. Nel Tirreno, tuttavia, c’è da considerare anche il pesante spaccio di droga emerso anche da una delle ultime operazioni antimafia condotte ad ampio raggio dalla Dda di Reggio Calabria.

Fonte:https://www.cosenzachannel.it/2021/12/26/ndrangheta-provincia-cosenza/