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Le mire delle ‘ndrine sul mercato di Guidonia. Bisogna urgentemente dotare l’area di Tivoli-Guidonia di presidi efficienti delle forze dell’ordine. Con gli uomini attualmente disponibili non si riesce a contrastare efficacemente criminalità comune e soprattutto mafie

CRIMINALITA’. L’infiltrazione delle mafie nel Lazio è un dato assodato. Tanto che i clan ora puntano a conquistare aree finora trascurate. Come quella dei comuni a nord-est di Roma.

A Roma si è ricominciato a sparare, a minacciare, a gambizzare. I sistemi mafiosi e criminali seguono l’evoluzione affaristica come nel resto dell’Italia. L’infiltrazione della mafia, della camorra e della ‘ndrangheta nel territorio laziale è ormai un dato assodato. Ma anche delle mafie africane e slave. Il quadro fotografato dalla relazione del sostituto procuratore antimafia Diana De Martino non lascia spazio a dubbi. Le mafie straniere hanno il controllo dei centri di accoglienza. Camorra e ‘ndrangheta si spartiscono appalti, droga, prodotti ortofrutticoli e trasporti.

Il Lazio è ormai un terreno fertile da conquistare. Anzi, già conquistato dai più noti “clan”. Famiglie come gli Alvaro di Sinopoli, i De Angelis di Cassino legati ai Casalesi di Francesco Schiavone, i Licciardi e i Mallardo sempre vicino ai casalesi. Ma anche i Terenzio ed i Di Stefano. Senza tralasciare i clan siciliani Santapaola e Ercolano. L’espansione ora si dirige anche verso zone che sembravano all’inizio avere scarsa rilevanza per i clan. Il territorio ad esempio della provincia nord-est. Proprio qualche mese fa era stato lanciato l’ultimo allarme. In un’interrogazione parlamentare al ministro degli Interni Roberto Maroni, i deputati del Pd Laura Garavini e Jean Leonard Touadì chiedendo di intervenire sulla situazione del centro agroalimentare di Roma.

Il sospetto è che la struttura sia finita sotto il controllo della ‘ndrangheta. Estorsione e usura i reati più frequenti. Inoltre, emergerebbe anche l’utilizzo della zona di Tivoli e Palestrina da parte di alcune famiglie legate alla ‘ndrina di Sinopoli come nascondiglio di soggetti malavitosi. E se fino a qualche giorno fa si poteva ancora ipotizzare la marginalità degli investimenti sul territorio, l’ultimo maxi sequestro delle Fiamme Gialle di Roma e Napoli, spazza via ogni dubbio. Seicento milioni di euro, 300 beni immobili tra appartamenti e terreni. Città come Guidonia, Mentana, Fonte Nuova e paesi come Sant’Angelo Romano, sono stati presi d’assalto da una montagna di denaro sporco da riciclare. Sembra di essere in Campania.

Ed è da li che parte la grande inchiesta della Dda di Napoli. La struttura era semplice e il gioco lo era ancora di più. Tutto passava nelle mani di Michele Palumbo, “Don Ciccio” per tutti, referente di zona del clan Mallardo. Uno che incontrava nella sua “abitazione” in un noto albergo sulla via Nomentana, politici, imprenditori e anche forze dell’ordine. Tramite Palumbo il clan di Giugliano investiva grosse quantità di capitali “sporchi” che venivano lavati con l’acquisto di terreni, abitazioni, auto e moto di lusso. Ma anche agenzie di scommesse, e soprattutto la commercializzazione del caffè Seddio, di proprietà dei Mallardo. Un caffè che a Giugliano non aveva rivali, visto il modo “senza possibilità di rifiuto” con cui era commercializzato.

Emiliano eusepiCRIMINALITA’. L’infiltrazione delle mafie nel Lazio è un dato assodato. Tanto che i clan ora puntano a conquistare aree finora trascurate. Come quella dei comuni a nord-est di Roma.

A Roma si è ricominciato a sparare, a minacciare, a gambizzare. I sistemi mafiosi e criminali seguono l’evoluzione affaristica come nel resto dell’Italia. L’infiltrazione della mafia, della camorra e della ‘ndrangheta nel territorio laziale è ormai un dato assodato. Ma anche delle mafie africane e slave. Il quadro fotografato dalla relazione del sostituto procuratore antimafia Diana De Martino non lascia spazio a dubbi. Le mafie straniere hanno il controllo dei centri di accoglienza. Camorra e ‘ndrangheta si spartiscono appalti, droga, prodotti ortofrutticoli e trasporti.

Il Lazio è ormai un terreno fertile da conquistare. Anzi, già conquistato dai più noti “clan”. Famiglie come gli Alvaro di Sinopoli, i De Angelis di Cassino legati ai Casalesi di Francesco Schiavone, i Licciardi e i Mallardo sempre vicino ai casalesi. Ma anche i Terenzio ed i Di Stefano. Senza tralasciare i clan siciliani Santapaola e Ercolano. L’espansione ora si dirige anche verso zone che sembravano all’inizio avere scarsa rilevanza per i clan. Il territorio ad esempio della provincia nord-est. Proprio qualche mese fa era stato lanciato l’ultimo allarme. In un’interrogazione parlamentare al ministro degli Interni Roberto Maroni, i deputati del Pd Laura Garavini e Jean Leonard Touadì chiedendo di intervenire sulla situazione del centro agroalimentare di Roma.

Il sospetto è che la struttura sia finita sotto il controllo della ‘ndrangheta. Estorsione e usura i reati più frequenti. Inoltre, emergerebbe anche l’utilizzo della zona di Tivoli e Palestrina da parte di alcune famiglie legate alla ‘ndrina di Sinopoli come nascondiglio di soggetti malavitosi. E se fino a qualche giorno fa si poteva ancora ipotizzare la marginalità degli investimenti sul territorio, l’ultimo maxi sequestro delle Fiamme Gialle di Roma e Napoli, spazza via ogni dubbio. Seicento milioni di euro, 300 beni immobili tra appartamenti e terreni. Città come Guidonia, Mentana, Fonte Nuova e paesi come Sant’Angelo Romano, sono stati presi d’assalto da una montagna di denaro sporco da riciclare. Sembra di essere in Campania.

Ed è da li che parte la grande inchiesta della Dda di Napoli. La struttura era semplice e il gioco lo era ancora di più. Tutto passava nelle mani di Michele Palumbo, “Don Ciccio” per tutti, referente di zona del clan Mallardo. Uno che incontrava nella sua “abitazione” in un noto albergo sulla via Nomentana, politici, imprenditori e anche forze dell’ordine. Tramite Palumbo il clan di Giugliano investiva grosse quantità di capitali “sporchi” che venivano lavati con l’acquisto di terreni, abitazioni, auto e moto di lusso. Ma anche agenzie di scommesse, e soprattutto la commercializzazione del caffè Seddio, di proprietà dei Mallardo. Un caffè che a Giugliano non aveva rivali, visto il modo “senza possibilità di rifiuto” con cui era commercializzato.

Emiliano Eusepi

(Tratto da Terra News)