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Le mie indagini sconfitte da Gomorra

la Repubblicadi LUCA FERRARI e GIOVANNI TIZIAN
con un articolo di ANDREA TOMASI e JACOPO VALENTI
e un servizio di MONICA D’AMBROSIO  e ANNA DI RUSSO
IL RACCONTO di LUCA FERRARI

La guerra di Roberto, colpito dal tumore
“Le mie indagini sconfitte da Gomorra”

Il sostituto commissario di Polizia ha combattuto per anni contro inquinatori e trafficanti dei rifiuti. Per la Commissione di inchiesta della Camera ha svolto sopralluoghi in discariche piene di veleni e in siti radioattivi. Ma la sua informativa è restata per anni chiusa in un cassetto. Adesso è l’elemento cardine di un processo ai “broker” dell’immondizia. Nel 2002 il cancro al sangue riconosciuto come malattia per causa di servizio ma risarcito con solo 5mila euro

CASERTA – “Se qualcuno avesse preso in considerazione la mia indagine forse non ci sarebbe stata Gomorra. Da 11 anni lotto contro il cancro e ho fatto causa alla Camera dei Deputati”. Roberto Mancini, 53 anni, sostituto commissario di Polizia a Roma, nel 1996 ha redatto un’informativa sul traffico illegale dei rifiuti in Campania. Ma soltanto oggi il suo lavoro è stato preso in considerazione da un pubblico ministero. Le carte, infatti, sono state acquisite dalla procura di Napoli nell’ambito del processo per disastro ambientale e inquinamento delle falde acquifere che vede tra gli imputati il broker dei rifiuti campano Cipriano Chianese. Negli anni successivi all’indagine ha collaborato con la Commissione Rifiuti della Camera dei deputati: tra il 1997 e il 2001 ha effettuato sopralluoghi su discariche di rifiuti tossici e radioattivi in Italia e all’estero. Per questo nel 2002 si è ammalato di linfoma non Hodgkin. Ma il suo tumore del sangue per lo Stato vale solo un indennizzo di 5mila euro.

Trent’anni in Polizia. Roberto Mancini è in Polizia dal 1980. Ha la fama del poliziotto onesto e determinato, che ama il proprio lavoro senza pensare troppo alla carriera. Entra nell’anticamorra della Criminalpol nel 1986 e, verso la fine degli anni ’80, svolge indagini nel basso Lazio; indaga anche sul clan Moccia e in particolare su Anna Mazza, “la vedova della camorra” che, dopo la morte del marito Gennaro Moccia, prende in mano le redini del clan e lo sviluppa anche fuori dal territorio campano. Per un breve periodo fa parte della squadra Catturandi e arresta, tra gli altri, i fratelli Salvatore e Ciro Mariano dell’omonimo clan camorristico dei Quartieri spagnoli di Napoli. È stato anche l’artefice dell’arresto del pidduista Flavio Carboni, all’epoca latitante nella clinica romana Villa Gina.

L’informativa sull’ecomafia e il broker dei rifiuti. Tornato all’anticamorra, nel ’94, inizia la sua inchiesta con intercettazioni e pedinamenti sui Casalesi e sull’ecomafia in Campania. Nel 1996 Roberto Mancini consegna l’informativa alla Dda di Napoli. Al centro dell’indagine ci sono i rapporti che l’avvocato Cipriano Chianese intratteneva con alcuni importanti nomi della camorra. Tra questi, il boss casalese Francesco Bidognetti. Chianese è il professionista insospettabile che, per conto dei Casalesi, agiva da “broker dei rifiuti”: gestiva il rapporto con le aziende e organizzava il trasporto e lo sversamento dei rifiuti nelle discariche.

Il processo. L’informativa resta “latitante” per alcuni anni. Viene trovata e messa agli atti dal Pm Alessandro Milita che chiama Roberto Mancini a testimoniare nel processo per disastro ambientale e inquinamento delle falde acquifere in Campania. Il procedimento, ora in Corte di assise, inizia nel 2011 e vede tra i principali imputati il “broker dei rifiuti”, ovvero l’avvocato Cipriano Chianese. “Perché l’informativa è sparita per così tanto tempo?”, si chiede Mancini. “Se fosse stata presa in considerazione forse non avremmo avuto Gomorra”.

La Commissione rifiuti e la malattia. Tra il 1998 e il 2001 Mancini collabora con la Commissione rifiuti della Camera, svolgendo numerose missioni in Italia e all’estero. Dopo aver fatto decine di sopralluoghi in discariche, di rifiuti tossici e radioattivi, nel 2002 gli viene diagnosticato un linfoma non  Hodgkin. Il Comitato di verifica del ministero delle Finanze certifica che il suo tumore del sangue dipende da “causa di servizio”. Ma l’indennizzo è di 5mila euro. Mancini, dopo aver ottenuto l’indennizzo, presenta quindi una richiesta di risarcimento danni per malattia professionale alla Camera. Il 13 luglio 2013 la Camera però esclude “una qualsiasi responsabilità risarcitoria”. Nel documento si legge: “Dal punto di vista amministrativo, il sig Mancini, al fine di poter collaborare per la Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti è stato inquadrato dal 16 aprile 1998 al 28 maggio 2001 nell’Ispettorato della Polizia presso la Camera dei deputati senza che sia stabilito alcun rapporto a titolo oneroso con la Commissione… La collaborazione del sig. Mancini con la Commissione parlamentare d’inchiesta non può, dunque, in alcun modo inquadrarsi in un rapporto di lavoro con l’organo parlamentare”.

In attesa di trapianto. In altre parole, per la Camera dei deputati, Mancini nel periodo in cui ha lavorato per la Commissione è stato pagato dalla Polizia. Quindi, la Camera, avendo ricevuto il suo servizio a titolo gratuito, si deresponsabilizza da ogni forma di risarcimento. E aggiunge che doveva essere proprio la Polizia a fornire al “dipendente un’ulteriore attività formativa e informativa relativa a possibili rischi diversi da quelli “tipici” e propri delle sue mansioni professionali”. Ora, dopo oltre trent’anni di servizio, il sostituto commissario della Polizia di Stato, Roberto Mancini, è in attesa di un trapianto di midollo. “Con tutti i rischi che esso comporta”. La rabbia di Roberto Mancini svanisce nella perplessità: “La lotta continua”,  dice “ma questa volta contro lo Stato che non mi ha messo in condizioni di tutelare la mia salute. Il rischio professionale di un poliziotto può essere una pistolettata e non certo un tumore”.

05 settembre 2013