Toni riduttivi per un fenomeno in continua crescita. L’allarme del Procuratore nazionale Antimafia
ROMA – “La situazione della criminalità a Roma non desta alcuna preoccupazione, resta tuttavia ferma la preoccupazione per l’efferatezza del delitto avvenuto in pieno giorno nella zona di Prati”, ha dichiarato il prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, al termine della riunione del comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica convocato d’urgenza all’indomani dell’assassinio in mezzo alla strada di Flavio Simmi. La preoccupazione dell’alto funzionario di non creare allarme e panico in città appare forse lodevole, ma a questo punto decisamente riduttiva rispetto al livello della sicurezza che va abbassandosi ogni giorno sotto gli occhi di tutti. Banditi scatenati che sparano e uccidono a volto scoperto, guerra di bande che richiamano alla memoria il “romanzo criminale” della Magliana, arresti di boss della camorra stabilmente insediati a Roma, sequestri di beni patrimoniali in città per centinaia di milioni appartenenti alla ndrangheta calabrese, la mafia siciliana padrona da anni di intere fette di territorio nell’hinterland romano.
Forse qualche fondato motivo di preoccupazione in più c’è o dovrebbe esserci. Sottovalutare la portata criminale dei recenti episodi potrebbe rivelarsi assai pericoloso, come nel caso dell’imprenditore Roberto Ceccarelli ucciso con due colpi di pistola nell’aprile scorso e liquidato in un primo tempo come una banale lite di prestiti non restituiti. Poi si scopre che la vittima era stata indagata nell’indagine Capricorn Connection che nel 2004 colpì il clan catanese dei Tomasello, attivo tra Roma ed Anzio. L’imprenditore sarebbe stato ucciso in un vero e proprio agguato di mafia di cui gli investigatori stanno ancora tentando di ricostruire il tessuto criminale.
Così sull’omicidio di Flavio Simmi, il trentatreenne ucciso in Prati pochi giorni fa e già gambizzato nel febbraio scorso, il Procuratore nazionale Antimafia Piero Grasso si è espresso in tutti altri termini: “Quando si compie un delitto del genere è evidente che c’è una criminalità di alto livello, anche se non possiamo fare ipotesi senza elementi concreti. Il giovane rimasto ucciso era figlio di un uomo coinvolto nell’operazione Colosseo contro la banda romana della Magliana”. Secondo gli inquirenti, l’omicidio andrebbe inserito in una guerra tra bande per il controllo del territorio e fare semplici riferimenti alla banda della Magliana potrebbe essere riduttivo. “A Roma c’è una realtà con cui confrontarsi e cioè la possibilità per le mafie di trovare mercati facili”, ha aggiunto il procuratore Grasso.
Sul filone per così dire autoctono della malavita, si innescano e si incrociano le ramificazioni locali delle altre organizzazioni criminali, di cui ogni tanto si riescono a potare le punte che emergono. Solo per ricordare i colpi messi a segno nell’ultima settimana dalle forze dell’ordine, c’è l’arresto di Emilio Esposito, esponente di spicco del clan dei Casalesi, eseguito dalla Questura di Roma, mentre il Nucleo di Polizia Tributaria della GdF metteva sotto sequestro nella Capitale il Cafè de Paris e il ristorante George.
La “montagna” dell’annunciato incontro tra il sindaco Alemanno e il ministro dell’Interno Maroni pare che abbia prodotto soltanto il “topolino” della riduzione (sacrosanta!) delle scorte per liberare qualche decina di agenti in più sul territorio. Ma evidentemente non è con qualche aspirinetta del genere che si contrasta il cancro della criminalità organizzata che rischia ormai di “metastatizzare” l’intera Regione.
Occorrerebbe ben altro. Le istituzioni locali da sole non possono fare molto ma quel poco hanno cominciato a farlo con determinazione. Come annunciato dal sindaco Alemanno, dal presidente della Commissione sicurezza urbana di Roma Capitale, Fabrizio Santori, e dal delegato alla Sicurezza Giorgio Ciardi, è stato approvato un protocollo di intesa tra Roma Capitale e la prefettura di Roma, per prevenire e contrastare le infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture verso quelle attività considerate maggiormente a rischio, come quelle che si trovano a valle dell’aggiudicazione principale. Nello specifico, il protocollo prevede l’inserimento nei contratti di clausole che contengano l’obbligo per le imprese aggiudicatarie o affidatarie di comunicare alle aziende appaltanti del ‘Gruppo Roma Capitale’ l’elenco delle imprese coinvolte nel piano di affidamento. Tale elenco deve essere comunicato al Prefetto al fine di consentire le necessarie verifiche antimafia. Qualora dalle verifiche emergessero elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa nelle società o imprese interessate, la Prefettura ne darà immediata comunicazione a Roma Capitale, che procederà all’applicazione della clausola di risoluzione del contratto. E’ stato inoltre raggiunto un accordo che prevede la costituzione di un tavolo in Prefettura con il coinvolgimento di Roma Capitale e Camera di Commercio di Roma, per monitorare attività e transazioni tra privati da cui potrebbero emergere eventuali profili anomali riconducibili ad attività illegali.
Non è assolutamente vero che, come dice Alemanno, “l’unico rischio è l’esposizione di Roma a possibili infiltrazioni della criminalità organizzata in operazione finanziarie”, ma almeno su questo piano, per quanto parziale, qualcosa si è cominciato a fare. Ora tutte le istituzioni, nazionali e locali, insieme, devono coordinarsi ed operare con decisione se vogliono davvero affrontare con armi adeguate il nemico che incombe alle porte.