La Calabria come pattumiera criminale d’Italia e d’Europa. Lo sfruttamento degli spazi e delle risorse territoriali, perpetrato attraverso una escalation sempre crescente di crimini organizzati nel settore ambientale, rappresenta la necessità da parte della ndrangheta di realizzare profitto costruendo attorno alle strutture dell’organizzazione criminale un telaio di rapporti con l’economia legale.
Se le parole di Pignatone sembrano infondere fiducia rispetto alla determinazione delle indagini che si stanno svolgendo in riva allo stretto, meno rosee appaiono le prospettive quando si analizzano i dati sui crimini organizzati nel settore ambientale individuati dal Rapporto Ecomafie 2010 di Legambiente.
Solo citando i casi che maggiormente sono saliti agli onori della cronaca negli ultimi tempi, è facile ricordare le mani sugli appalti pubblici con le costruzioni “depotenziate” della cosca Morabito-Bruzzaniti-Palamara che leggiamo nell’inchiesta Bellu Lavuru, l’ingresso a pieno titolo della criminalità nel ciclo dei rifiuti (inchieste Econox e Acciaio Sporco), l’interesse delle cosche per l’area nodale di Gioia Tauro e la vergognosa vicenda Leucopetra con la discarica abusiva dei rifiuti pericolosi provenienti dalla centrale Enel di Brindisi. Il quadro appare quanto mai fosco, soprattutto se consideriamo che si tratta solo della punta di un iceberg ancora per larghi tratti inesplorato e ai più assolutamente sconosciuto. A tutto ciò si aggiungono i traffici illeciti di rifiuti speciali, lo smaltimento illegale di scorie industriali quasi sempre provenienti da fuori come dimostrato per le famigerate “navi a perdere” e l’abusivismo edilizio generalizzato, che subisce impennate incredibili ad ogni odor di condono.
Mettendo assieme la serie sterminata di elementi a disposizione, non stupisce più il terzo posto della Calabria nella classifica delle Regioni in quanto a crimini ambientali, con quasi tremila infrazioni accertate, superata solo da Campania e Lazio. Un altro triste primato che diventa ancora più nefasto se si guarda ai dati disaggregati su base provinciale, che vedono Reggio Calabria saldamente al nono posto assoluto e Cosenza che balza addirittura al quarto posto.
Un quadro cha appare dunque devastante. Il territorio calabrese che diventa discarica a cielo aperto ed una situazione generalizzata di degrado ambientale che rischia di diventare un pesante fardello nel percorso già di per se accidentato verso lo sviluppo turistico e sociale della regione. Un punto interrogativo che pende minaccioso sul futuro della Calabria e dei suoi figli.