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Le mafie nelle istituzioni e nella politica

Se la ‘ndrangheta rientra dalla finestra…
Nuccio Iovene (coordinatore SD Calabria), 14 ottobre 2008, 10:46

L’arresto dei sindaci di Gioia Tauro e Rosarno, insieme ad altri amministratori, per il legame con la cosca dei Piromalli, disvela la mancanza di una tensione antimafia nella politica e nella società locale. Mentre a livello nazionale permane, da parte del governo, un disinteresse colpevole: non é un caso che non sia stata ancora istituita la Commissione parlamentare di contrasto alla criminalità organizzata.

I sindaci di Gioia Tauro e Rosarno, insieme ad altri amministratori locali, tutti esponenti del centrodestra, e alcuni esponenti del clan Piromalli (una delle principali famiglie della ‘ndrangheta calabrese) sono stati tratti in arresto a seguito di una inchiesta della DDA di Reggio Calabria.

Gli arresti sono stati eseguiti dopo che i comuni erano stati nuovamente sciolti per infiltrazioni mafiose nei mesi scorsi e confermano il controllo assoluto del territorio da parte delle cosche e la complicità di una certa politica con la ‘ndrangheta.

La vicenda oggetto dell’inchiesta disvela l’ennesimo paradosso di cui la Calabria è vittima e lo rende evidente in tutti i suoi aspetti. Negli anni scorsi i sindaci di centrosinistra di Gioia Tauro e Rosarno, Alessio e Lavorato, decidono per la prima volta la costituzione di parte civile nei processi contro le cosche della piana dei loro rispettivi comuni. A seguito di quella decisione la cosca Piromalli viene condannata ad indennizzare i comuni di Gioia Tauro e Rosarno, per i danni loro procurati, con dieci milioni di euro.

Nel frattempo il centrodestra vince le elezioni in entrambi i comuni e di fronte alla “indisponibilità” economica dichiarata dai Piromalli nel dare corso al pagamento dei dieci milioni di indennizzo previsti, i primi cittadini oggi arrestati decidono di rivalersi con prestazioni in natura, affidando cioè al condannato avvocato Piromalli il patrocinio delle azioni legali dei loro comuni, scontandone il costo dal credito vantato.

Oltre il danno, la beffa, dunque. I Piromalli rientrano dal portone principale nei comuni e negli affari dai quali i tribunali avevano tentato di cacciarli, addirittura facendo ipocritamente passare come “servizio” quello svolto e consolidando di fatto il loro potere e “prestigio” sull’intero territorio. Tanto che dalle intercettazioni emerge come la cosca, che aveva ormai diretto e libero accesso a tutte le carte ed informazioni dei comuni, sia intervenuta anche nella definizione del nuovo svincolo autostradale della Salerno-Reggio Calabria.

La cosa ancora più preoccupante è che per molti questo vero e proprio scandalo non sia risultato tale e che solo dopo l’inchiesta della magistratura si sia proceduto allo scioglimento dei comuni e ora agli arresti. Dimostrazione della scarsa o nulla tensione antimafia in gran parte della politica e anche della società civile locale: quello che avrebbe dovuto suscitare indignazione e scandalo è stato vissuto da molti come del tutto naturale e dai collusi o conniventi come un ennesimo capolavoro di ipocrisia e complicità.

Nella passata, pur breve, legislatura la Commissione parlamentare antimafia (non ancora istituita in questa, ed è un altro scandalo) aveva indicato le modifiche necessarie nella normativa per contrastare le infiltrazioni mafiose nelle amministrazioni locali dando la possibilità di intervenire al fine di bonificare le burocrazie, ad esempio. Non sarebbe male ripartire da lì. Ma si sa, per questo governo le priorità sulla sicurezza sono altre.

(tratto da www.aprileonline.info)