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Le mafie investono montagne di capitali ogni giorno e nessuno indaga come si dovrebbe. Il problema dei problemi: la “qualità” delle indagini

Il dibattito sul radicamento delle mafie nel Lazio e, in particolare nella provincia di Latina dove più accentuata e vasta è l’attività dei clan, non ha ancora imboccato la strada giusta.

Si sta ancora discutendo sulla loro presenza, ma non ci decide mai a parlare di strategie e tattiche di contrasto.

E di inefficienza delle forze dello Stato sui territori.

E, talvolta, della collusione di soggetti di queste con i clan.

Fatta qualche eccezione, le Procure ordinarie ancora si mostrano disattente rispetto a questo fenomeno letale per la sorte delle nostre istituzioni e della nostra stessa civiltà.

Forse mancano ancora la preparazione specifica di taluni magistrati e, con questa, anche la consapevolezza e, quindi, la sensibilità.

Quando noi diciamo che, al di là dei requisiti dell’anzianità, il CSM, prima di nominare uno a Capo di una Procura della Repubblica, dovrebbe partire dalle esperienze da lui acquisite sul campo in materia di lotta alle mafie.

Persone che si sono fatte le ossa nelle DDA e che, quindi, sanno di cosa stiamo parlando.

Lo stesso discorso vale per i Comandanti ed i Dirigenti dei Comandi Provinciali, delle Compagnie, delle Brigate, delle Stazioni e dei Commissariati, persone con la testa piena di teorie ma che non hanno mai visto un vero mafioso in faccia.

O, se lo hanno visto, perché ormai i mafiosi sono quelli in giacca e cravatta, professionisti, imprenditori, esponenti politici ed anche istituzionali, non sono in grado di riconoscerlo e continuano, perciò, a ritenerlo… una persona perbene.

Così non si va da nessuna parte.

Il problema dei problemi è rappresentato non tanto dal numero dei poliziotti, dei carabinieri e dei finanzieri, come molti che non conoscono le cose sostengono, quanto, soprattutto, dalla “qualità” delle indagini che essi sono in grado di fare o meno.

E dalla loro volontà di farle.

Perché può capitare che un Comandante o un Dirigente pensino solamente a trascorrere nella massima pace possibile i due-tre anni di comando che essi sono obbligati a fare in un determinato posto, per acquisire la promozione ed andarsene.

Questi sono i problemi veri sul tappeto, se vogliamo seriamente affrontare il problema del radicamento mafioso nel Lazio ed in provincia di Latina.

Tutto il resto è contorno.