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. Le mafie a Roma. Quattro anni di appelli inascoltati. L’articolo si riferisce alla denuncia che fece nel 2007 Rita Bernardini dei Radicali quando disse “Attorno ai Palazzi romani si parla troppo napoletano”. La corresse Di Pietro che disse: “non “attorno” ma “dentro” i Palazzi romani si parla napoletano”. Ma ci sono denunce della DNA, della DIA (leggete le Relazioni semestrali riportate anche sul nostro sito) – e, se consentite, della nostra Associazione – che risalgono a molto prima. Storiche, però, sono le assicurazioni dell’ex Prefetto di Roma Serra-parlamentare prima di Forza Italia, poi del PD e poi ancora dell’UDC-il quale disse che a Roma… non c’erano le mafie! Nessuno replicò. Tutti zitti. Anche a sinistra, purtroppo. Noi oggi apprezziamo le iniziative che stanno assumendo i ragazzi dei Giovani Democratici di Roma e del Lazio sul tema della lotta alle mafie. Abbiamo accettato il loro invito ad intervenire al dibattito svoltosi, sotto la direzione di Franco La Torre, nell’ambito della Festa dell’Unità nella Capitale e li incoraggiamo a proseguire con fiducia. Ma quanti mea culpa deve recitare anche il PD! E quante chiacchiere che non servono a niente continuano a fare molti suoi uomini!!!

Quattro anni di appelli inascoltati

Non bastarono, anzi non servirono a niente le denunce fatte nell’agosto 2007 da Rita Bernardini, che lanciò l’allarme sulla presenza delle organizzazioni criminali a Roma. “L’allora prefetto Achille Serra smentì tutto, dicendo che erano cose inventate e che la situazione era sotto controllo”, commenta oggi la deputata radicale. E inascoltate furono anche le proposte avanzate, sempre dai Radicali, due anni dopo: “Da consigliere municipale del centro storico chiesi di informatizzare gli uffici del Comune che si occupano di attività commerciali – racconta il segretario, Mario Staderini-. All’epoca veniva tutto scritto a mano su foglietti volanti.

Ottenni lo stanziamento di alcuni fondi, con i quali però si è solo ottenuta la scansione di quei foglietti”. Secondo Staderini, si tratterebbe invece di un passaggio fondamentale: “Una rete informatica permetterebbe, infatti, di incrociare i dati e di vigilare sui repentini cambi di gestione delle attività commerciali, che vengono affidati a prestanome che non hanno una lira e non hanno mai gestito nulla”. Il primo campanello d’allarme quando si parla di criminalità: negozi che aprono e chiudono nel giro di pochi mesi, un modo per riciclare e spesso ripulire i soldi provento di attività illecite. “È per questo che bisognerebbe liberalizzare le droghe – prosegue Staderini-. C’è poi un secondo livello, la Prefettura.

Nel 2009 chiesi di istituire una task force in grado di incrociare gli archivi e definire una gamma di indicatori di sospetto. In modo da poter intervenire prima. Così come chiesi la convocazione del Comitato provinciale per l’Ordine e la sicurezza proprio sul tema delle mafie. Appelli che sono rimasti inascoltati”.

Così come rimangono ancora inascoltate le richieste di incontro avanzate dal sindacato di polizia Silp Cgil alla governatrice del Lazio, Renata Polverini: “Abbiamo presentato cinque richieste di incontro, non l’abbiamo mai vista – spiega il segretario regionale, Cosmo Bianchini-. Vorremmo farle presente il nostro punto di vista. Le mafie non si sono impossessate solo di Roma, ma di tutto il Lazio. E questo è frutto di una politica poco lungimirante”.

Silvia D’Onghia

(Tratto da Il Fatto Quotidiano)