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Le frequentazioni padovane del giovane Riina

Le frequentazioni padovane del giovane Riina

Mercoledì 14 GIUGNO 2017

di Alessandro Naccarato

Giuseppe Salvatore Riina, figlio del capo mafia Salvatore, detto Totò, e condannato per diversi reati, compresa l’associazione di stampo mafioso, vive a Padova dall’aprile 2012. Qui, dopo aver terminato di scontare la pena ed essere stato per un periodo affidato ai servizi sociali con obbligo di dimora, è in regime di sorveglianza speciale.
Da allora il personaggio ha assunto diverse iniziative per inviare messaggi all’opinione pubblica.
Nell’aprile del 2016 ha pubblicato una sorta di autobiografia ed è stato invitato dalla Rai per presentarla. A Porta a Porta è stato intervistato senza contraddittorio e senza manifestare critiche e prese di distanza dai crimini delle mafie. Nel dicembre dello stesso anno ha ricevuto il sacramento della cresima da un parroco di Padova e il certificato di idoneità, rilasciato dalla curia padovana, per fare il padrino della nipote in Sicilia.
Nel viaggio per raggiungere Corleone per svolgere la funzione di padrino si è fermato a Parma per far visita al padre in carcere. In un pericoloso ambiguo intreccio di simboli e di significati Riina, mafioso, figlio di un padrino sanguinario, è diventato il padrino per il battesimo della nipote. A cosa servono le prediche morali della Chiesa se Riina può fare il padrino senza pentirsi dei gravi delitti?
Nel frattempo è emerso il fatto, testimoniato da fotografie raccolte dalle forze dell’ordine, che il giovane Riina durante il soggiorno padovano ha incontrato persone con precedenti penali per reati legati allo spaccio di stupefacenti.
La vicenda è grave e richiede la massima attenzione da parte dell’autorità giudiziaria e una reazione delle istituzioni e dell’opinione pubblica. A un condannato per reati di mafia dello spessore criminale di Riina non può essere consentito di incontrare persone con precedenti in piena libertà. Di cosa discutono? Che relazioni intercorrono tra loro? Che ruolo svolge davvero Riina a Padova?
L’esperienza insegna che gli affiliati a Cosa Nostra, soprattutto nel caso di forti vincoli parentali, come per Riina, non escono dall’associazione criminale alla scadenza della condanna: i legami mafiosi vanno oltre le pene giudiziarie e, di solito, durano molto più a lungo.
Inoltre non bisogna dimenticare l’intervista televisiva di Riina a Porta a Porta nell’aprile dello scorso anno. In quell’occasione il pregiudicato ha messo in pratica una parte della recente strategia mafiosa: costruire rapporti di reciproca convenienza con i mondi dell’economia, delle istituzioni, dell’informazione. Riina ha contribuito ad aumentare gli ascolti di una trasmissione televisiva e in cambio ha avuto la possibilità di divulgare tre messaggi: ha rivendicato le azioni del padre chiudendo le porte al pentimento; si è presentato come una persona “normale” per mimetizzarsi e mostrare il volto pulito della mafia; ha comunicato alle gerarchie di Cosa nostra di essere tornato in attività.
L’esperienza insegna anche che i mafiosi non scelgono a caso i luoghi dove terminare la pena con la libertà vigilata e che non si muovono mai da soli. I contatti con persone con precedenti penali e l’attivismo pubblico di Riina indicherebbero che Padova è stata scelta per mimetizzarsi e per intrecciare rapporti nuovi.
C’è il rischio concreto che la scelta di Padova possa essere funzionale all’espansione in Veneto della criminalità organizzata. Per questa ragione devono essere intensificati i controlli e devono essere attentamente rivalutati permessi e possibilità di movimento di Riina.

fonte:http://mafie.blogautore.repubblica.it/