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«Le concessioni demaniali di Scilla in mano alla ‘ndrangheta». Ecco perché il Comune è stato sciolto

La relazione del ministro Piantedosi. «Il sindaco rassicurava un sorvegliato speciale su una pratica». Il caos nell’Ufficio tecnico e gli “aiutini” alle ditte dei clan

Pubblicato il: 09/05/2023 – 21:33

REGGIO CALABRIA Il primo cittadino «annovera rapporti di frequentazione, anche recenti, con persone controindicate, tra le quali talune ritenute intranee ad organizzazioni criminose». Il ragionamento che “accompagna” la decisione di sciogliere il consiglio comunale di Scilla è riferito nella relazione del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Un compendio delle relazioni pericolose tra politica e criminalità organizzata che parte proprio dai rapporti tra l’ex primo cittadino Pasqualino Ciccone e personaggi vicini alle cosche della Tirrenica. Il ministro assegna «particolare rilevanza» a una annotazione di polizia giudiziaria «che, sebbene relativa ad un episodio occorso durante la precedente consiliatura, evidenzia i contenuti di una conversazione tra il primo cittadino ed un esponente della locale cosca – al tempo sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di Polizia – nel corso della quale l’esponente malavitoso mostrava preoccupazioni per le problematiche connesse al rilascio di una concessione da parte del comune e il sindaco lo rassicurava “riferendogli che tutto sarebbe andato per il verso giusto”». Ciccone si è dimesso il 28 settembre 2022, venti giorno dopo la deflagrazione dell’inchiesta “Nuova Linea” della Dda di Reggio Calabria.
Il lavoro dell’antimafia ha, nel corso degli ultimi anni, posto l’accento sulla fluidità dei rapporti tra pezzi dell’amministrazione comunale e personaggi considerati vicini alla ‘ndrangheta. Si tratta di «frequentazioni e rapporti parentali con soggetti riconducibili alle consorterie locali» che vengono evidenziati «nei riguardi di alcuni assessori». Il sindaco e un assessore comunale sono indagati per scambio elettorale politico-mafioso, «essendo emersi elementi, in sede di indagine giudiziaria, dell’appoggio elettorale ottenuto nell’ultima elezione amministrativa». Per un dipendente comunale, invece, «è stata applicata la misura cautelativa della sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio per la durata di mesi sei. Tra i soggetti interessati dai provvedimenti dell’autorità giudiziaria figura anche un consigliere comunale nei cui riguardi emergono frequenti contatti, soprattutto in occasione della campagna elettorale, con esponenti della locale cosca destinatari di provvedimenti cautelari». A Ciccone, in particolare, «viene contestato il reato di scambio elettorale politico poiché in occasione delle elezioni amministrative accettava la promessa di procurare voti da parte di soggetti appartenenti alla locale articolazione di ‘ndrangheta in cambio dell’erogazione o della promessa di erogazione di varie utilità, di garantire il rilascio di concessioni di beni pubblici o di assicurare altre indebite agevolazioni presso gli uffici dell’amministrazione comunale».

La figura del consigliere comunale Paladino

Quella del consigliere comunale Girolamo Paladino è una delle figure centrali nell’inchiesta “Nuova Linea”. Avrebbe, infatti, «chiesto ed ottenuto per sé e per altri candidati i voti controllati da un esponente della locale cosca mafiosa» e sarebbe stato «di fatto individuato quale amministratore comunale di riferimento delle locali cosche mafiose cui rivolgersi per il rilascio di concessione demaniali a favore di imprenditori vicini agli ambienti criminali o anche per acquisire informazioni per l’individuazione delle ditte aggiudicatarie di appalti pubblici da sottoporre a richieste estorsive».

Gli “aiutini” nell’Ufficio tecnico

È l’indotto del turismo balneare il core business delle cosche di Scilla. L’egemonia nel settore viene esercitata soprattutto attraverso l’acquisizione o l’affitto di concessioni demaniali marittime da parte di imprese intestate a prestanome, confidando sull’accondiscendenza degli uffici comunali, in modo particolare dell’ufficio tecnico». Quello stesso ufficio che, per la commissione d’indagine, sarebbe caratterizzato da «una gestione amministrativa confusa e disordinata, caratterizzata da vizi procedurali, irregolarità e approssimazione nello svolgimento delle attività istruttorie relative ai procedimenti concessori riguardanti il demanio marittimo».

I segreti rivelati all’impresa del clan

Uno dei casi sollevati dal prefetto riguarda proprio la concessione per la gestione di un lido balneare «affidata a una cooperativa ma di fatto gestita da uno stretto parente di un soggetto indagato e tratto in arresto» per associazione mafiosa. La relazione prefettizia si è soffermata anche sulla concessione demaniale marittima relativa alla realizzazione di un locale da parte dei titolari di un’impresa (uno dei quali arrestato per rivelazione di segreto d’ufficio e associazione mafiosa) «che sarebbe stata agevolata per l’ottenimento dell’autorizzazione comunale attraverso l’esclusione nella relativa procedura di gara a evidenza pubblica di altri possibili concorrenti». I titolari della ditta avrebbero ottenuto «da dipendenti pubblici del Comune di Scilla e quindi da pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio informazioni relative alla “procedura di evidenza pubblica per l’assegnazione di nuove concessioni demaniali marittime previste nel piano comunale di spiaggia” quando ancora il relativo bando era in corso di redazione e, quindi, coperto da segreto…». Gli imprenditori avrebbero poi esercitato pressioni sul sindaco «affinché facesse inserire nel redigendo bando di gara un limite alla percentuale di rialzo del canone demaniale marittimo, vicenda quest’ultima che, osserva il prefetto di Reggio Calabria, assume rilevanza nella complessiva valutazione circa la permeabilità dell’ente ai condizionamenti della criminalità organizzata».

Le interferenze mafiose nel settore della ristorazione

La relazione della commissione d’indagine si è, poi, soffermata sull’iter amministrativo relativo al rilascio delle concessioni in favore di un noto stabilimento balneare di Scilla da sempre gestito da una famiglia riconducibile al locale contesto mafioso attraverso una serie di schermature della compagine aziendale». Nel 2018, quella famiglia si era aggiudicata il lorro sul quale collocare il lido, mentre la gestione dello spazio riservato alla realizzazione del chiosco insistente su quell’area era stata concessa dal comune, per lo stesso anno a un’altra ditta anch’essa riconducibile allo stesso gruppo criminale». Stessa situazione si è riproposta per le stagioni successive, fino al 2021, quando è stato necessario cambiare strategia, visto che la Prefettura di Reggio Calabria ha emesso un’interdittiva antimafia nei confronti dell’impresa “inquinata”, che è stata così esclusa dai bandi pubblici. Secondo quanto riferito nella relazione che ha portato allo scioglimento del consiglio comunale, dopo l’intervento del prefetto, l’Ufficio tecnico è ricorso a un escamotage per consentire alla solita famiglia di continuare a gestire tutta l’area demaniale, assegnandola a un unico soggetto imprenditoriale «ritenuto essere il prestanome del gruppo criminale». La relazione del prefetto pone in rilievo «che i due gestori, del lido balneare e del chiosco, sono stati tratti in arresto nell’ambito di una delle operazioni giudiziarie che hanno colpito le cosche di Scilla». Oltre alle concessioni demaniali, i clan di ‘ndrangheta avrebbero messo le mani anche su altri settori commerciali, «in particolare in quelli operanti nelle attività di ristorazione, attraverso il controllo delle forniture di prodotti alimentari alle imprese presenti sul territorio di Scilla. A questo proposito, viene segnalato il rilascio di una licenza commerciale per attività di somministrazione di alimenti in favore di una ditta i cui titolari sono ritenuti legati al locale contesto malavitoso». Impresa poi colpita da interdittiva antimafia il 10 novembre 2022, la cui esecutività, peraltro, è stata recentemente confermata dal Consiglio di Stato che, in sede di appello, ha annullato la sospensiva cautelativa precedentemente concessa». Un’altra licenza commerciale sarebbe poi stata concessa a una società «direttamente riconducibile alla cosca egemone di Scilla». In questo caso «emerge l’interessamento del già menzionato consigliere comunale definito “politico locale di riferimento per la ‘ndrangheta di Scilla” per le problematiche relative all’esercizio commerciale in questione».

La “grave mala gestio”

La chiosa canonica, in questi casi, evidenzia che «l’operato dell’amministrazione comunale di Scilla, in sostanziale continuità con l’organo elettivo precedente, sia stato caratterizzato da “una grave mala gestio”, consistente in una rilevante assenza di legalità dell’azione amministrativa, contornata da ripetute irregolarità e illegittimità nella procedura posta in essere dall’ente, soprattutto nei settori legati alle concessioni demaniali marittime che per la loro rilevanza nell’economia del territorio sono maggiormente esposti ai condizionamenti della criminalità organizzata».

Lo svilimento dell’istituzione locale

«Lo svilimento e la perdita di credibilità dell’istituzione locale, nonché il pregiudizio degli interessi della collettività» rendono dunque «necessario l’intervento dello Stato per assicurare la riconduzione dell’ente alla legalità». Per Scilla, che era già gestita da un commissario straordinario dopo le dimissioni del sindaco, è ritenuta necessaria «la nomina della commissione straordinaria (…) anche per scongiurare il pericolo che la capacità pervasiva delle organizzazioni criminali possa di nuovo esprimersi in occasione delle prossime consultazioni amministrative». Saranno Antonia Maria Grazia Surace (viceprefetto), Antonella Regio (viceprefetto aggiunto) e Carla Fragomeni (funzionario economico finanziario) a gestire il Comune per i prossimi 18 mesi. (ppp)

fonte:https://www.corrieredellacalabria.it/2023/05/09/le-concessioni-demaniali-di-scilla-in-mano-alla-ndrangheta-ecco-perche-il-comune-e-stato-sciolto/